Spirito
Mons. Strickland: i commenti di Papa Francesco secondo cui tutte le religioni sono vie per raggiungere Dio sono «eresia»

Renovatio 21 pubblica la traduzione di uno scritto di monsignor Joseph Strickland apparso su LifeSiteNews.
Cari fratelli e sorelle in Cristo,
«Ti adoriamo, o Cristo, e ti lodiamo, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo». Questa preghiera familiare offerta come parte delle Stazioni della Croce è familiare ai cattolici, e a ragione. Esprime in modo succinto la nostra fede e l’unica realtà di Gesù Cristo, il Divino Figlio di Dio, come unico Salvatore di tutta l’umanità.
Siamo obbligati ad adorare e lodare Gesù Cristo perché è il Figlio di Dio e perché ha portato la salvezza al nostro stato decaduto. Dobbiamo aggrapparci tenacemente alla verità che solo Gesù Cristo è il Salvatore e che ha vissuto, sofferto, è morto ed è risorto per tutta l’umanità per sempre. Il suo amorevole sacrificio della Sua stessa vita per redimerci è il più grande dono che l’umanità abbia mai ricevuto.
Questa semplice preghiera esprime il nocciolo della nostra fede che siamo obbligati a proclamare al mondo se desideriamo vivere come suoi discepoli. La Chiesa esiste per proclamare questa Verità al fine di indicare alla famiglia umana, da ogni nazione e razza, i mezzi della nostra salvezza. Non c’è altro nome con cui possiamo essere salvati, e nessun altro movimento, religione o sforzo umano ci salverà. Solo Cristo è il nostro Salvatore. Possiamo davvero guadagnare il mondo intero e ritrovarci comunque perduti se non abbracciamo Gesù Cristo e la sua Croce.
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Mentre leggete questo, posso immaginare che la vostra reazione potrebbe essere che io stia semplicemente affermando l’ovvio esprimendo il kerygma di base della nostra gloriosa fede in Gesù Cristo, il nostro amorevole Signore e Redentore, e avete ragione. Ma dobbiamo aprire gli occhi alla realtà che troppi all’interno della Chiesa, il Corpo Mistico di Cristo, stanno rifiutando questa espressione più basilare della nostra fede e, di fatto, stanno rifiutando Gesù Cristo stesso.
Dobbiamo anche riconoscere che i leader della Chiesa di rango più elevato stanno conducendo il mondo non verso Gesù Cristo, ma lontano da lui.
Papa Francesco, parlando di recente a un gruppo di giovani a Singapore, ha rilasciato questa affermazione:
«Una delle cose che più mi ha colpito di voi giovani, di voi qui, è la capacità del dialogo interreligioso. E questo è molto importante, perché se voi incominciate a litigare: “La mia religione è più importante della tua…”, “La mia è quella vera, la tua non è vera…”. Dove porta tutto questo? Dove? Qualcuno risponda, dove? [qualcuno risponde: “La distruzione”]. È così. Tutte le religioni sono un cammino per arrivare a Dio. Sono – faccio un paragone – come diverse lingue, diversi idiomi, per arrivare lì. Ma Dio è Dio per tutti. E poiché Dio è Dio per tutti, noi siamo tutti figli di Dio. “Ma il mio Dio è più importante del tuo!”. È vero questo? C’è un solo Dio, e noi, le nostre religioni sono lingue, cammini per arrivare a Dio. Qualcuno sikh, qualcuno musulmano, qualcuno indù, qualcuno cristiano, ma sono diversi cammini».
Questa affermazione è un’eresia teologica, chiamata indifferentismo. L’indifferentismo sostiene che tutte le religioni hanno lo stesso valore e tutte conducono alla stessa verità divina. Ciò contraddice direttamente la dottrina della Chiesa secondo cui esiste una sola vera fede e che la Chiesa cattolica è l’unica via per la salvezza.
Sebbene la tolleranza e la libertà religiosa siano importanti, noi nella Chiesa dobbiamo difendere la nostra fede con convinzione e condividere la verità con certezza. Come disse Gesù, «Io sono la Via, la Verità e la Vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di Me». (Gv 14,6)
Nel 1928, papa Pio XI discusse l’indifferentismo nella sua enciclica papale Mortalium Animos. Ha dichiarato:
«Persuasi che rarissimamente si trovano uomini privi di qualsiasi sentimento religioso, sembrano trarne motivo a sperare che i popoli, per quanto dissenzienti gli uni dagli altri in materia di religione, pure siano per convenire senza difficoltà nella professione di alcune dottrine, come su un comune fondamento di vita spirituale. Perciò sono soliti indire congressi, riunioni, conferenze, con largo intervento di pubblico, ai quali sono invitati promiscuamente tutti a discutere: infedeli di ogni gradazione, cristiani, e persino coloro che miseramente apostatarono da Cristo o che con ostinata pertinacia negano la divinità della sua Persona e della sua missione. Non possono certo ottenere l’approvazione dei cattolici tali tentativi fondati sulla falsa teoria che suppone buone e lodevoli tutte le religioni, in quanto tutte, sebbene in maniera diversa, manifestano e significano egualmente quel sentimento a tutti congenito per il quale ci sentiamo portati a Dio e all’ossequente riconoscimento del suo dominio. Orbene, i seguaci di siffatta teoria, non soltanto sono nell’inganno e nell’errore, ma ripudiano la vera religione depravandone il concetto e svoltano passo passo verso il naturalismo e l’ateismo; donde chiaramente consegue che quanti aderiscono ai fautori di tali teorie e tentativi si allontanano del tutto dalla religione rivelata da Dio».
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Papa Gregorio XVI nella sua enciclica papale Mirari Vos (1832) condannò l’idea che si potesse raggiungere la salvezza in qualsiasi religione. Papa Pio IX nel Sillabo degli errori (1864) condannò la proposizione che «è libero ciascun uomo di abbracciare e professare quella religione che, sulla scorta del lume della ragione, avrà reputato essere vera».
Ho spesso, in varie occasioni, espresso la mia profonda preoccupazione per il verificarsi di eresie e l’atmosfera di apostasia che emana dal Vaticano a Roma, ma ora devo porre questa domanda: «Dov’è il grido dei pastori? Dove sono il coraggio e la convinzione per difendere la nostra fede?»
Quando papa Pio X era preoccupato che il Modernismo avrebbe unito la Chiesa al mondo con la sua enfasi sull’umanesimo, ordinò che ogni vescovo desse la caccia a questa eresia e la schiacciasse, e richiese un giuramento come prerequisito per ricevere gli Ordini Sacri, che rimase in vigore fino al 1978.
Una volta, quando a papa Pio X fu chiesto se avrebbe dovuto adottare un tono più conciliatorio e forse cercare più dialogo, affermò: «Vogliono essere trattati con olio, sapone e carezze, ma devono essere battuti con i pugni! In un duello non conti o misuri i colpi, colpisci come puoi! La guerra non è fatta con la carità, è una lotta, un duello».
Papa Pio X vide l’estremo pericolo nel permettere all’eresia di rimanere incontrastata e non corretta, poiché l’eresia incontrollata porterà sicuramente molte anime lontano da Cristo e lontano dalla pienezza della fede vera e autentica, che si trova e si salvaguarda nella sua interezza solo nella Chiesa cattolica. E quindi, chiedo di nuovo: «Dov’è il grido dei pastori?»
Ritengo inoltre di fondamentale importanza in questo momento richiamare l’attenzione su importanti fonti di eresia e apostasia oltre a quelle provenienti dal Vaticano. Stiamo davvero vedendo cardinali opporsi a cardinali e vescovi opporsi a vescovi, ma per quanto questo sia devastante, dobbiamo notare che stiamo anche vedendo francescani contro francescani, domenicani contro domenicani e gesuiti contro gesuiti.
La dura realtà è che il rifiuto assoluto di Gesù Cristo non è un’esclusiva delle aule di Roma. Questo cancro dell’apostasia ha colpito anche coloro che sono nella vita consacrata. In alcuni casi, i leader delle comunità religiose sono stati in prima linea, allontanando questa carica precipitosa da Cristo e dalla Chiesa da Lui fondata.
I fondatori di ordini religiosi, come Sant’Ignazio di Loyola e San Francesco d’Assisi, troverebbero la leadership delle loro comunità in questo XXI secolo irriconoscibile e distante dalle comunità da loro fondate. Questi grandi santi non hanno ispirato i loro seguaci a essere assistenti sociali militanti, ma a essere evangelisti che spesso hanno dato la vita a imitazione di Cristo stesso. La grandezza di questi ordini religiosi è sempre stata misurata dalla grandezza della loro devozione a Gesù Cristo e alla Sua missione.
Quando fu fondata da Sant’Ignazio nel 1540, la Compagnia di Gesù chiese ai gesuiti di essere missionari e di evangelizzare in tutto il mondo, e lo fecero, fondando scuole e insegnando il Vangelo. Erano educatori e monopolizzarono l’istruzione in Europa per oltre 200 anni. I gesuiti furono fondati appena prima del Concilio di Trento e aiutarono a contrastare lo scisma protestante in tutta l’Europa cattolica. I gesuiti spesso si frapponevano tra gli indigeni e la schiavitù. Gli studiosi gesuiti studiavano le lingue native e producevano grammatiche e dizionari.
I gesuiti erano organizzati come un esercito, con una struttura di autorità dall’alto verso il basso, forse perché fin da quando era giovane, Sant’Ignazio voleva essere un soldato. Tuttavia, dopo essere stato ferito e aver avuto il tempo di meditare sulla sua vita, si rese conto che non era una compagnia militare quella che era stato chiamato a reclutare e addestrare, ma piuttosto una compagnia spirituale.
Quando Sant’Ignazio fondò la Compagnia, vide chiaramente che il nemico era Lucifero e che le armi del suo esercito avrebbero dovuto essere soprannaturali/spirituali. E bisogna dire che l’organizzazione della Compagnia era esattamente ciò di cui aveva bisogno per combattere la guerra spirituale in corso, poiché nessun altro gruppo si è avvicinato a realizzare ciò che i gesuiti hanno fatto nell’evangelizzazione e nell’istruzione.
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Tutto questo cambiò, tuttavia, negli anni Sessanta, dopo il Concilio Vaticano II. Lasciatemi fermarmi qui per menzionare un’altra cosa che accadde (o meglio, doveva accadere ma non accadde) negli anni Sessanta perché aiuta a chiarire il clima nella Chiesa in quel periodo. La Madonna disse a Suor Lucia Dos Santos, una delle tre veggenti della Madonna di Fatima, che il Terzo Segreto di Fatima sarebbe stato reso pubblico nel 1960, ma non lo fu, e questo, unito al fatto che la Russia non era ancora stata consacrata nel modo richiesto dalla Madonna, dà un’idea della mentalità del Vaticano durante quel periodo.
Papa Pio XII si era fortemente opposto al marxismo sovietico, ma con papa Giovanni XXIII, ci fu un approccio «finestre aperte, campi aperti» all’URSS e, di fatto, arrivò al punto di garantire all’URSS l’immunità dagli attacchi della Chiesa. Fu durante il suo papato, naturalmente, che il Terzo Segreto avrebbe dovuto essere rivelato, ma non lo fu, perché sembra che offendere la Russia fosse più preoccupante che eseguire le istruzioni della Nostra Beata Madre. Poi con papa Paolo VI, la politica di placare la Russia continuò, persino al punto di tradire il Primate d’Ungheria.
Fu anche in questo periodo che ci fu uno sforzo concertato per spostare la Chiesa da una Chiesa verticale che «guardava a Dio» a una chiesa orizzontale che «guardava al popolo». Sebbene il documento del Concilio Vaticano II sulla liturgia non dicesse nulla sulle posizioni liturgiche, le cose cambiarono comunque anche a questo riguardo, poiché la messa celebrata con il sacerdote rivolto verso il popolo (versus populum) non era comune prima del Vaticano II e, solo pochi anni dopo il Concilio, versus populum era il modo ordinario in cui veniva offerta la messa nella maggior parte del mondo. Sebbene ad orientem non scomparve, rimase quasi invisibile per diversi decenni.
E insieme a questo, le cose stavano cambiando nella Compagnia di Gesù. Infatti, con l’elezione del Padre Generale dei Gesuiti Pedro Arrupe nel 1968, ci fu un completo capovolgimento. Divenne presto evidente che i Gesuiti stavano anche immaginando un «nuovo tipo di Chiesa», una Chiesa non con un’autorità centrale, ma con l’autorità nelle mani del «popolo di Dio».
La storia della Compagnia dopo quel periodo rivela che molti Gesuiti iniziarono a muovere guerra, non contro Lucifero, ma contro «nemici» in carne e ossa, coloro che vedevano come responsabili di ingiustizia sociale, economica e politica, e sembravano perdere il loro obiettivo di salvare le anime.
Anche in questo periodo e in effetti avvolta nei cambiamenti, la teologia della liberazione trovò la sua strada nella Compagnia di Gesù. La teologia della liberazione condivide la fede modernista nell’umanesimo. La teologia della liberazione è una fede che l’oppressione economica, sociale e politica sono peccati e che possono essere sradicati solo quando gli oppressi prendono il controllo. Ai poveri viene detto che devono prendere in mano il proprio destino e che a volte è necessaria la «buona violenza». La salvezza è interpretata in termini di liberazione socio-politica e i suoi sostenitori credono che i poveri siano la fonte per comprendere la verità e la pratica cristiana.
Sebbene non tutti i gesuiti abbracciassero questa teologia, l’ordine la favorì nel suo complesso e i gesuiti non solo cessarono di essere «gli uomini del papa», ma divennero in molti modi il nemico del papato. Papa Giovanni Paolo II cercò ripetutamente di frenarli durante il suo papato. Aveva sperimentato la Polonia marxista ed era veementemente contrario a ciò che si stava svolgendo nella Compagnia. Ciò che divenne evidente durante questo periodo, negli scritti e nelle attività dei gesuiti, fu che il loro obiettivo era raggiungere una fratellanza e una sorellanza che fossero un sistema sociopolitico in cui l’autorità non era più vista come basata sul papato ma piuttosto sul «popolo di Dio».
L’espressione «teologia della liberazione» fu usata dal Padre Generale Pedro Arrupe nel 1968, e fu resa popolare dal sacerdote peruviano Gustavo Gutierrez, un domenicano e uno dei principali fondatori della teoria della liberazione. Nel 1979, papa Giovanni Paolo II criticò la teologia della liberazione radicale, affermando che «l’idea di Cristo come figura politica, come rivoluzionario, come sovversivo di Nazareth, non coincide con la catechesi della Chiesa».
Mentre i governi latinoamericani reagivano con la violenza per reprimere questo movimento, alcuni preti non solo iniziarono a sostenere le rivoluzioni di sinistra, ma alcuni si unirono persino a gruppi ribelli e si impegnarono in una guerriglia. Il movimento si diffuse a El Salvador, Nicaragua, Colombia, etc. Non entrerò nei dettagli di tutto ciò che questo movimento causò o portò avanti in questa lettera. Tuttavia, le regole di obbedienza che Sant’Ignazio scrisse per la Compagnia e che furono scritte con la massima sollecitudine affinché la Chiesa sostenesse il papato sembrarono cambiare radicalmente con la teologia della liberazione, poiché questo sistema era un movimento «dal basso verso l’alto».
Nel marzo 1983, il cardinale Joseph Ratzinger (in seguito papa Benedetto XVI), capo della Congregazione per la Dottrina della Fede (CDF) del Vaticano, accusò padre Gutierrez di interpretare politicamente la Bibbia sostenendo il messianismo temporale, affermando che la predominanza dell’ortoprassi sull’ortodossia dimostrava un’influenza marxista. Riguardo alla teologia della liberazione, dichiarò: «il “popolo” è l’antitesi della gerarchia, l’antitesi di tutte le istituzioni, che sono viste come poteri oppressivi. In definitiva, chiunque partecipi alla lotta di classe è un membro del “popolo”; la “Chiesa del popolo” diventa l’antagonista della Chiesa gerarchica».
Da quando, al secondo Concilio Vaticano, venne avanzata l’idea della Chiesa come Popolo di Dio, molti trincerati nella teologia della liberazione se ne aggrapparono. papa Giovanni Paolo II si sforzò di tenere a bada i gesuiti, ma erano diventati, per la maggior parte, un’organizzazione che non viveva più nell’obbedienza all’ufficio papale e che non rispettava più la gerarchia della Chiesa.
Facciamo un salto ai giorni nostri e al movimento verso una «Chiesa sinodale». Ancora una volta, vediamo emergere il concetto di una «Chiesa del popolo». L’11 settembre 2013, papa Francesco ha ospitato Gutierrez nella sua residenza e ha concelebrato la messa con lui.
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Il 18 gennaio 2014, papa Francesco ha incontrato Arturo Paoli, un prete italiano che il papa conosceva dall’Argentina e che è un sostenitore della teologia della liberazione. Miguel d’Escoto, un prete del Nicaragua che era stato sanzionato con una sospensione divinis dalle funzioni pubbliche nel 1984 da papa Giovanni Paolo II a causa della sua attività politica nel governo sandinista di sinistra, ha visto la sua sospensione revocata da papa Francesco nell’agosto 2014.
Nel gennaio 2019, durante la Giornata mondiale della gioventù a Panama, papa Francesco ha discusso con un gruppo di gesuiti dell’America centrale di possibili cambiamenti di atteggiamento nei confronti della teologia della liberazione.
In sintesi, devo affermare che ormai ci troviamo di fronte quasi quotidianamente a eresia e apostasia anche all’interno delle più alte cariche della Chiesa. Ci sono delle pene, o dovrebbero esserci delle pene, per chi commette questi crimini canonici. Il canone 1364, sezione 1, afferma che «un apostata dalla fede, un eretico o uno scismatico incorre in una scomunica latae sententiae».
Commettendo apostasia, una persona porta su di sé la sentenza di scomunica. Ciò differisce da una scomunica «ferendae sententiae», in cui la scomunica è imposta dall’autorità ecclesiastica competente. Tuttavia, viviamo in un’epoca in cui difficilmente si sente una parola dai pastori della Chiesa quando qualcuno fa affermazioni eretiche o che rappresentano apostasia dalla fede. Invece, sono coloro che sottolineano l’eresia o l’apostasia che spesso incontrano delle pene.
Imploro tutti i miei confratelli vescovi a sollevarsi e a proteggere il Deposito della Fede! E imploro tutti i fedeli a prendere a cuore queste parole dell’arcivescovo Fulton Sheen:
«Chi salverà la nostra Chiesa? Non i nostri vescovi, non i nostri preti e religiosi: tocca a voi, al popolo. Avete la mente, gli occhi e le orecchie per salvare la Chiesa. La vostra missione è di fare in modo che i vostri preti agiscano come preti, i vostri vescovi agiscano come vescovi e i vostri religiosi agiscano come religiosi».
«Ti adoriamo, o Cristo, e ti lodiamo, perché con la tua Santa Croce hai redento il mondo».
Che Dio Onnipotente continui a benedirvi e che la nostra Santa e Immacolata Madre vi conduca nella Verità al Suo Divin Figlio, Nostro Signore Gesù Cristo.
Joseph Strickland
vescovo emerito
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Svelata la causa della morte di San Tommaso d’Aquino?

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Spirito
Bergoglio sta male e va in ospedale. Abdicherà come previsto dalla sua lettera?

Bergoglio è stato ricoverato questa mattina in ospedale a Roma per «esami diagnostici» e per ricevere cure per una «bronchite» in corso che dura da tempo.
Poco prima delle 11 di questa mattina, ora locale, la Sala Stampa della Santa Sede ha diffuso un comunicato in cui si legge: «Questa mattina, dopo le udienze, Papa Francesco sarà ricoverato al Policlinico Agostino Gemelli per gli accertamenti diagnostici necessari e per proseguire le cure ospedaliere per la bronchite in atto».
Pope Francis abandoned reading his catechesis again, at today’s General Audience, citing his bronchitis which he has now had for some time.@LifeSite background: https://t.co/hqcCYRv7cN https://t.co/2bd7sSKLCz pic.twitter.com/bKWwHWACRt
— Michael Haynes 🇻🇦 (@MLJHaynes) February 12, 2025
Nelle ultime settimane, la respirazione di Francesco è stata per lui un problema notevole: ha lamentato una «bronchite» e, di conseguenza, ha dovuto interrompere diversi discorsi e omelie.
Da giovedì scorso – quando aveva già chiesto ai collaboratori di leggere i discorsi – le udienze private si sono tenute nella sua casa di residenza, la Casa Santa Marta, anziché nel Palazzo Apostolico: questa disposizione è stata adottata per evitare ogni spostamento non necessario.
Il Bergoglio ha ricevuto in udienza ieri mattina il primo ministro della Slovacchia, prima che la dichiarazione della sala stampa venisse rilasciata alla stampa.
Meno di due ore prima della dichiarazione, nuovi eventi erano stati aggiunti al calendario pubblico del papa per la mattina di sabato 15 febbraio, vale a dire la sua partecipazione a un’udienza generale delle 9 per un pellegrinaggio dell’Anno giubilare. Tale tempistica suggerisce che il ricovero del Papa in ospedale sia stato un evento organizzato in fretta.
In un aggiornamento successivo rilasciato alla stampa intorno alle 13:00 ora locale, l’ufficio stampa ha dichiarato che la partecipazione del Papa agli eventi programmati per il 15, 16 e 17 febbraio è stata annullata a causa del suo ricovero in ospedale. Il cardinale José Tolentino de Mendonça, prefetto del Dicastero per la cultura e l’istruzione, sostituirà Francesco agli eventi del Giubileo.
Come scrive LifeSite, la salute dell’88enne Pontefice è stata particolarmente fragile negli ultimi mesi. Già privo di gran parte di un polmone a causa di una malattia nei suoi primi 20 anni, il Pontefice è sempre stato particolarmente suscettibile ai raffreddori invernali che influenzano la sua capacità respiratoria.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa era stato improvvisamente ospedalizzato per una operazione chirurgica definita «urgente», facendo sospettare ad alcuni che si trattasse di un «malore».
Prima del ricovero odierno, era stato sottoposto a un round di brevi «test diagnostici» nel febbraio 2024, ma non si era più recato ufficialmente in ospedale per un’operazione dall’estate del 2023.
Tuttavia, negli ultimi mesi ha avuto due cadute pubblicamente riconosciute. Al concistoro del 7 dicembre per la creazione dei cardinali, Francesco si è presentato con un livido ben visibile sul mento. Il segno è stato spiegato dall’ufficio stampa come dovuto a una piccola caduta che il Papa ha avuto la mattina precedente, quando ha sbattuto il mento sul comodino.
Poi, a metà gennaio, il Papa sarebbe stato vittima di un’ulteriore altra caduta che questa volta lo costrinse a usare una fasciatura al braccio destro per alcuni giorni.
Anche la mobilità del Papa è stata notevolmente più limitata nelle ultime settimane. Mentre ha dovuto usare una sedia a rotelle e un bastone per alcuni anni, la sua incapacità di camminare liberamente senza assistenza è stata particolarmente evidenziata quest’inverno. Anche i suoi lineamenti presentano segni di notevole gonfiore, un aspetto accuratamente nascosto dagli operatori delle telecamere durante gli eventi trasmessi in diretta streaming.
Parlando con il giornale francese La Croix, fonti vicine al Papa hanno affermato che Francesco «non è in buona forma», un’osservazione che sembra facilmente accertabile per chi ha un occhio di osservazione.
Nel 2023 il gesuita argentino subì due ricoveri ospedalieri significativi, il primo dei quali fu descritto come «programmato», ma che Francis in seguito descrisse come un’emergenza, essendo arrivato in ospedale «privo di sensi».
Nel giugno 2023 è stato sottoposto a un intervento chirurgico per un’«ernia incisionale incarcerata», che la Sala Stampa della Santa Sede aveva descritto come una procedura necessaria, ma non un’urgenza.
In precedenza, nell’estate del 2021, il Papa era stato ricoverato in ospedale per 10 giorni, dopo essere stato sottoposto a un intervento chirurgico di sei ore al Gemelli per l’asportazione di una parte del colon dovuta a diverticolite.
Le informazioni che circondano la salute del Papa sono sempre avvolte nel segreto e le preoccupazioni private vengono minimizzate al pubblico. Resta da vedere quali informazioni sulle condizioni di Francesco saranno fornite nelle prossime ore dal Vaticano.
La domanda più importante, più che sulla salute del papa, riguarda la condizione del papato.
Varie volte il pontefice ha sollevato la possibilità di divenire «emerito», seguendo la via del predecessore Benedetto XVI. Nella sua autobiografia Life. Storia della mia vita uscita nel 2024, traccia lo scenario delle sue dimissioni, pur ricordando che si tratta di «un’ipotesi lontana», dichiarando oscuramente che in caso di rinuncia lui divrebbe non un «papa emerito» ma il «vescovo emerito di Roma».
Una rinuncia ulteriore sarebbe per l’istituzione del papato – di cui Bergoglio ha operato incontrovertibilmente una vera decostruzione – un colpo tremendo.
Nel 2022 il Sacro Palazzo confermò l’indiscrezione della stampa secondo cui il Bergoglio avrebbe già scritto una lettera di dimissioni preparata nell’evenienza di una malattia che paralizzi le sue capacità governative e decisionali. La lettera sarebbe stata concepita ancora nel 2013 durante i primissimi mesi di pontificato, quando era segretario di Stato vaticano il cardinale Tarcisio Bertone.
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«Io ho già firmato la mia rinuncia» ha dichiarato il papa al quotidiano spagnuolo ABC nel dicembre 2022. Era quando Tarcisio Bertone era segretario di Stato. Ho firmato la rinuncia e gli ho detto: “in caso di impedimento medico o che so io, ecco la mia rinuncia. Ce l’hai”. Non so a chi l’abbia data Bertone, ma io l’ho data a lui quando era segretario di Stato».
Nel 2023 parlando con il direttore della rivista gesuita Civiltà Cattolica Antonio Spadaro, Bergoglio aveva assicurato che «i papi dimissionari non devono diventare, diciamo così, una ‘moda’, una cosa normale. Benedetto XVI ha avuto il coraggio di farlo perché non se la sentiva di andare avanti a causa della sua salute. Io per il momento non ho in agenda questo. Io credo che il ministero del Papa sia ad vitam».
Tuttavia, con la morte di Ratzinger (definito simpaticamente da Bergoglio «un nonno in casa»), nel 2022 fu discussa l’eventualità per il papato bergogliano di normare la figura del papa emerito, ossia riformare il papato stesso.
Nel caso di un’abdicazione del gesuita, verso un conclave riempito di suoi cardinali, chi potrebbe quindi davvero sorprendersi?
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