Cina
Meta/Facebook ha tollerato le frodi pubblicitarie cinesi per proteggere i ricavi
Lunedì l’agenzia Reuters ha diffuso un’inchiesta basata su documenti interni ottenuti da Meta (la società madre di Facebook e Instagram), secondo cui agenzie pubblicitarie cinesi stanno perpetrando frodi pubblicitarie sulle sue piattaforme.
Reuters afferma che questi documenti dimostrano come Meta abbia tollerato tali frodi, che includono «annunci di truffe, gioco d’azzardo illegale, pornografia e altri contenuti vietati».
«Le vittime spaziavano da acquirenti di Taiwan che avevano acquistato integratori alimentari falsi a investitori negli Stati Uniti e in Canada che sono stati truffati dei loro risparmi», ha riportato Reuters.
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I documenti interni, redatti dai team di Meta nelle divisioni finanza, lobbying, ingegneria e sicurezza negli ultimi quattro anni, indicano che l’azienda considera la Cina responsabile di circa un quarto di tutte le pubblicità truffaldine e di contenuti proibiti.
Meta ha implementato misure provvisorie per contrastare queste frodi dopo la fuga di documenti interni, creando un team dedicato antifrode per monitorare truffe e attività vietate provenienti dalla Cina. Tale iniziativa ha dimezzato le attività fraudolente nella seconda metà del 2024, «dal 19% al 9% del fatturato pubblicitario totale proveniente dalla Cina».
Reuters sostiene tuttavia che, in seguito a un intervento dell’allora CEO di Meta Mark Zuckerberg, il monitoraggio delle frodi in Cina sia stato interrotto:
«A seguito del cambiamento della strategia di integrità e del follow-up di Zuck», si legge in un documento di fine 2024, al team responsabile dell’applicazione delle norme pubblicitarie in Cina è stato «chiesto di sospendere» le attività. Reuters non è riuscita a chiarire i dettagli del coinvolgimento del CEO o il contenuto esatto del cosiddetto «cambio della strategia di integrità».
Dopo l’apporto di Zuckerberg, come emerge dai documenti, Meta ha sciolto il team antifrode dedicato alla Cina, ha revocato il blocco all’accesso delle piattaforme per nuove agenzie pubblicitarie cinesi e ha accantonato altre misure antifrode che test interni avevano giudicato efficaci (senza specificarne i dettagli).
Meta ha preso queste decisioni nonostante un consulente esterno incaricato dall’azienda avesse prodotto uno studio che avvertiva come «il comportamento e le politiche di Meta» stessero favorendo una corruzione sistemica nel mercato pubblicitario cinese rivolto a utenti di altri Paesi, secondo ulteriori documenti.
A pochi mesi dalla temporanea repressione, nuove agenzie cinesi hanno ripreso a inondare le piattaforme Meta con annunci proibiti, che a metà 2025 rappresentavano circa il 16% del fatturato cinese dell’azienda. Il portavoce di Meta, Andy Stone, ha tuttavia dichiarato a Reuters che il team antifrode cinese era concepito come temporaneo e che Zuckerberg non ne ha ordinato lo scioglimento.
Come parte dei suoi processi standard di moderazione, ha aggiunto Stone, negli ultimi 18 mesi i sistemi automatizzati di Meta hanno bloccato o rimosso 46 milioni di annunci inviati tramite partner commerciali cinesi, di solito prima che gli utenti li visualizzassero. Stone ha precisato che Meta ha interrotto collaborazioni con agenzie cinesi non identificate per condotte scorrette pregresse e che l’azienda applica detrazioni sulle commissioni ai partner cinesi che pubblicano troppi annunci violanti.
«Le truffe stanno aumentando in tutto il web, guidate da criminali ostinati e da organizzazioni criminali sofisticate che evolvono costantemente i loro schemi per eludere il rilevamento», ha scritto Stone. «Ci stiamo concentrando sullo sradicamento di queste truffe utilizzando misure tecniche avanzate e nuovi strumenti, smantellando le reti di truffe criminali, collaborando con partner del settore e forze dell’ordine e sensibilizzando l’opinione pubblica sulle nostre piattaforme».
Reuters, però, non si è detta soddisfatta della replica di Meta, rilevando che la società tecnologica non ha risposto alle sue domande specifiche.
«La dichiarazione [di Meta] non ha risposto a molte delle domande che Reuters ha posto a Meta sui documenti, sulle discussioni politiche in essi contenute o sulle decisioni aziendali prese di conseguenza dall’azienda», ha concluso Reuters.
Le vendite pubblicitarie di Meta hanno raggiunto i 18 miliardi di dollari annui nel 2024, oltre un decimo del fatturato globale. «Ma Meta ha calcolato che circa il 19% di quel denaro, ovvero più di 3 miliardi di dollari, proveniva da pubblicità di truffe, gioco d’azzardo illegale, pornografia e altri contenuti vietati, secondo documenti interni di Meta esaminati da Reuters».
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A novembre Reuters aveva riferito che Meta stimava internamente che le sue piattaforme social mostrassero agli utenti 15 miliardi di annunci truffaldini al giorno.
Sebbene la Cina sia un attore chiave nella produzione di annunci fraudolenti, i residenti cinesi non ne sono il target principale, dal momento che le piattaforme social di Meta sono vietate in Cina, dove il regime comunista impone una rigorosa censura di internet, nota come «censura della rete in stile cinese» e «Grande Firewall cinese».
Come noto, Zuckerberg ha sposato una donna di origini cinesi e ha imparato il mandarino. Si è fatto inoltre trovare con una biografia di Xi Jinping sul suo tavolo in ufficio.
Le accuse allo Zuckerbergo di tradire l’America per la Cina comunista si sono ripetute anche di recente.
Ad aprile l’ex direttrice delle politiche globali Sarah Wynn-Williams, che ha lavorato per l’azienda dal 2011 al 2017, ha dichiarato ai membri di una commissione del Senato che i dirigenti di Facebook incontravano regolarmente funzionari cinesi, istruendoli sulla tecnologia per competere con le aziende statunitensi e persino sviluppando prodotti per compiacere la censura del governo di Pechino. «Il trucco più grande che Mark Zuckerberg (fondatore e CEO di Meta) abbia mai messo in atto è stato quello di avvolgersi nella bandiera americana, definirsi un patriota e dire di non offrire servizi in Cina, mentre negli ultimi dieci anni ha costruito lì un business da 18 miliardi di dollari», ha detto Wynn-Williams a proposito del co-fondatore e CEO di Meta.
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Immagine di Anurag R Dubey via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
Cina
La Cina supera il trilione di dollari di surplus commerciale
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Cina
Cina, il vescovo Zhang e gli altri cattolici ridotti al silenzio
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Nell’Henan apre nuove ferite anziché sanarle l’ordinazione episcopale avvenuta ieri. Il vescovo sotterraneo di cui Roma ha accolto la rinuncia è ancora sotto stretto controllo, non ha potuto partecipare alla cerimonia del suo successore e nemmeno la famiglia può vederlo. Il commento di un sacerdote: «Pechino viola lo spirito dell’Accordo. Non è la prima volta che veniamo umiliati. La Chiesa non si sostiene con il potere, ma con la fede».
«Il vescovo Zhang Weizhu è ancora sotto stretto controllo, senza libertà; la sua famiglia non può nemmeno vederlo o ricevere un segno della sua sicurezza, e tuttavia si annuncia al mondo che è stato reso “emerito”». È quanto fonti di AsiaNews riferiscono dall’Henan all’indomani della cerimonia di ordinazione episcopale del nuovo prefetto apostolico di Xinxiang, mons. Li Jianlin e del contestuale annuncio da parte della Santa Sede della rinuncia dell’attuale ordinario – mons. Zhang Weizhu, appunto – un vescovo di 67 anni ordinato clandestinamente nel 1991, che non era mai stato riconosciuto dalle autorità cinesi e anzi anche apertamente perseguitato per il suo rifiuto di aderire all’Associazione patriottica.
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Le modalità di questo passaggio hanno lasciato grande amarezza tra i fedeli delle comunità sotterranee locali. «Il vescovo Zhang Weizhu – raccontano – non ha potuto partecipare alla cerimonia, né ha avuto la possibilità di far sentire la sua voce, mentre all’esterno viene consegnata una storia “perfetta”. Quello che perdiamo non è solo la trasparenza e il rispetto, ma il fatto che un pastore venga trattato come un elemento di un procedimento, e non come una persona viva, con carne e sangue. Che la verità non venga messa a tacere – chiedono – che chi soffre possa essere visto, e che la Chiesa – in qualsiasi circostanza – non si abitui mai a considerare l’ingiustizia e il silenzio come qualcosa di “normale”».
Questa mattina il direttore della Sala stampa vaticana Matteo Bruni ha diffuso una nuova dichiarazione in cui si riferisce di una cerimonia durante la quale oggi le autorità locali hanno riconosciuto civilmente la dignità episcopale del vescovo emerito mons. Giuseppe Zhang Weizhu. E commenta che «tale provvedimento è frutto del dialogo tra la Santa Sede e le autorità cinesi e costituisce un nuovo importante passo nel cammino comunionale della circoscrizione ecclesiastica».
Va però precisato che il comunicato diffuso sulla stessa cerimonia da China Catholic – il sito dell’Associazione patriottica – racconta che il presule, dopo essere stato tenuto lontano ieri dall’ordinazione del suo successore, avrebbe tenuto un discorso «esprimendo la necessità di aderire al patriottismo e all’amore per la religione, di attenersi al principio di chiese indipendenti e autogestite, di seguire l’orientamento della sinicizzazione del cattolicesimo nel nostro Paese e di contribuire alla costruzione complessiva di un moderno Paese socialista e alla promozione complessiva della grande rinascita della nazione cinese».
Parole decisamente improbabili sulla bocca di mons. Zhang e che lasciano forti dubbi sul tenore di questa cerimonia, del tutto analoga a quella avvenuta a settembre a Zhangjiakou per l’altro vescovo sotterraneo mons. Agostino Cui Tai.
Sui comunicati ufficiali relativi all’ordinazione del nuovo vescovo della prefettura apostolica di Xinxiang e su quanti invece sono stati ridotti al silenzio, pubblichiamo qui sotto un commento inviato ad AsiaNews da un altro sacerdote appartenente a una «comunità sotterranea» dei cattolici cinesi.
Il 5 dicembre 2025, nella prefettura apostolica di Xinxiang, è stata celebrata l’ordinazione episcopale di padre Francesco Li Jianlin. Nello stesso giorno, il governo cinese ha pubblicato un comunicato ufficiale, seguito poi dall’ annuncio della Santa Sede.
In apparenza, tutto sembra rientrare in una «nomina episcopale avvenuta secondo l’Accordo Provvisorio sino-vaticano». Ma chi conosce anche solo un poco la realtà ecclesiale in Cina sa che tra questi due comunicati esiste un vasto spazio di silenzi. E proprio in questi spazi si trovano coloro che sono stati esclusi.
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1. Lo splendore dei comunicati e le assenze nella realtà
Il comunicato cinese ha enfatizzato la «solenne celebrazione», elencando i membri della Conferenza episcopale cinese presenti alla cerimonia, senza però menzionare l’ordinario legittimo della prefettura di Xinxiang, mons. Zhang Weizhu, neppure con un cenno formale.
Il comunicato vaticano, con il suo consueto linguaggio prudente e istituzionale, afferma: il Santo Padre ha accettato la rinuncia di Mons. Zhang.
Ma la realtà non detta è un’altra:
– mons. Zhang non è stato autorizzato a partecipare all’ordinazione del suo successore;
– pur essendo l’Ordinario legittimo, è stato tenuto completamente ai margini, come se non fosse mai esistito;
– sacerdoti e religiose della comunità «non ufficiale» non hanno ricevuto alcuna informazione, né invito di partecipazione;
– alcuni laici responsabili di parrocchia sono stati convocati «per un colloquio preventivo» o addirittura trattenuti per evitare la loro presenza.
Una celebrazione che avrebbe dovuto coinvolgere l’intera Chiesa locale si è trasformata in una cerimonia ristretta, controllata da pochissimi.
2. Come una celebrazione può rendere di nuovo «sotterranea» la comunità sotterranea
Quando a mons. Zhang fu chiesto di presentare la rinuncia, egli avrebbe posto una sola condizione: «Che si possa provvedere in modo dignitoso alla situazione dei sacerdoti e delle religiose della comunità sotterranea».
Era la richiesta di un pastore che, nonostante anni di sorveglianza, restrizioni e pressioni, continuava a preoccuparsi soltanto del suo popolo.
La realtà, però, ha dimostrato il contrario:
– i sacerdoti sotterranei non sono stati inclusi in alcuna disposizione;
– non è stata elaborata nessuna lista, nessun riconoscimento, nessuna regolarizzazione;
– nessuna comunicazione è stata fatta loro prima della cerimonia;
– molti hanno saputo dell’ordinazione soltanto tramite l’annuncio del governo.
Non è una soluzione ai problemi: è la creazione di nuovi conflitti. Non è la guarigione di vecchie ferite: è l’apertura di ferite nuove.
La Santa Sede afferma che tutto è avvenuto «secondo l’Accordo»; la parte cinese, tuttavia, ha proceduto secondo la propria logica, ignorando il ruolo di mons. Zhang, lo spirito dell’intesa e la situazione concreta della prefettura.
È il risultato di una trattativa profondamente asimmetrica: l’espressione dell’arroganza del potere statale e della sofferta sopportazione della Chiesa.
3. Mons. Zhang Weizhu: un vescovo reso invisibile, ma il più simile a Cristo
Qualunque sia la narrazione esterna, un fatto non può essere cancellato: prima di questa ordinazione, la prefettura apostolica di Xinxiang aveva un vescovo legittimo nominato dalla Santa Sede: mons. Zhang Weizhu.
Dopo anni di sorveglianza, restrizioni e isolamento, senza mai lamentarsi pubblicamente, egli è stato infine indotto a presentare la rinuncia. E proprio il giorno in cui viene ordinato un nuovo vescovo, lui, il pastore della diocesi, non può neppure varcare la porta della chiesa. È stato escluso in modo totale, silenzioso, quasi chirurgico, come un’ombra che si vuole cancellare dal tempo.
Ma né la storia né la memoria della Chiesa lo dimenticheranno.
Egli appare davvero come «l’agnello condotto al macello», silenzioso, mite, obbediente sotto la croce. Se in tutto questo c’è una vittoria mondana, la vittoria del Regno appartiene invece alla testimonianza di mons. Zhang.
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4. La rabbia cresce: una comunità ferita
Gli effetti di questa vicenda nella Chiesa locale sono profondissimi:
– i sacerdoti della comunità sotterranea provano una rabbia senza precedenti, sentendosi ignorati e annullati;
– religiose e fedeli vivono come una ferita il sentirsi esclusi dalla propria Chiesa;
– molti fedeli comuni non sapevano nulla di un evento così importante;
– parecchi seminaristi e sacerdoti si domandano: «Chi siamo noi? Che valore abbiamo nella nostra stessa Chiesa?»
Non è un dolore che un semplice comunicato possa guarire.
5. Dove andare?
Non siamo chiamati a essere ingenui, ma neppure a cedere alla disperazione.
Non è la prima, e non sarà l’ultima volta, che la Chiesa, dentro un sistema di forte controllo, si trova costretta al silenzio, alla umiliazione, alla sofferenza.
Tuttavia, continuiamo a credere che:
– la Chiesa non si sostiene con il potere, ma con la fede;
– un vescovo non è tale per volontà umana, ma per dono dello Spirito;
– la vera storia non è scritta nei comunicati, ma nella testimonianza;
– i dimenticati, gli esclusi, i silenziati sono spesso i segni più profondi di Dio nella storia.
Oggi Xinxiang sembra aprire un nuovo capitolo, ma molte ferite restano aperte e molti interrogativi senza risposta. Forse l’unica via è questa: andare verso la croce, verso la verità, verso Colui che vede ciò che gli uomini ignorano e non cancella mai nessuno dal suo cuore.
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6. Eppure, nonostante tutto: congratulazioni al nuovo vescovo e una preghiera di speranza
Nonostante le contraddizioni, le sofferenze e le tensioni irrisolte, con cuore filiale diciamo comunque: auguri per l’ordinazione del nuovo vescovo. Ogni vescovo è un dono alla Chiesa.
Per questo preghiamo con sincerità:
– che mons. Li Jianlin metta al primo posto il bene della Chiesa, al di là delle pressioni esterne o politiche;
– che possa davvero assumere il compito di ricostruire l’unità della prefettura, sanando le lacerazioni di tanti anni;
– che abbia un cuore di padre verso ogni sacerdote e religiosa, soprattutto verso coloro che oggi si sentono ignorati o esclusi;
– che non sia soltanto un vescovo ordinato, ma un vero pastore per questa terra ferita.
Il peso che porta non è leggero. La strada davanti a lui non sarà facile. Ma se lo Spirito ha permesso che questo giorno arrivasse, allora possiamo solo sperare che egli sappia trovare una via realmente evangelica nel mezzo di tante tensioni.
Che diventi strumento di unità, non di divisione;
che porti guarigione, non nuove ferite;
che risponda con sincerità, umiltà e coraggio alla voce di questo tempo.
Conclusione: Su una terra lacerata, continuare a credere nella Risurrezione
Ciò che Xinxiang vive non è solo una questione religiosa o politica, ma una manifestazione delle tensioni e delle prove del nostro tempo.
Eppure crediamo che:
– Dio agisce nei silenzi della storia;
– si manifesta nei dimenticati;
– pianta semi di risurrezione proprio nelle zone più oscure.
Che il nuovo vescovo sia custode di questi semi.
Che la croce di mons. Zhang diventi luce per la prefettura.
Che tutti coloro che sono stati esclusi, silenziati, dimenticati sappiano che per Dio nessuno è un «vuoto».
Non sappiamo cosa riservi il futuro, ma sappiamo una cosa: Dio non abbandonerà la Sua Chiesa.
Un sacerdote della comunità sotterranea cinese
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Cina
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