Spirito
Il pontificato al bivio
Scritta nel XII secolo, la profezia di «San Malachia» non prevedeva un regno successivo a quello di Francesco. Quel che è certo è che la Chiesa è ormai giunta a una sorta di bivio e che il pontificato inaugurato da Leone XIV deve tracciare una nuova rotta e attingere a una nuova linfa vitale per guidare la barca di Pietro sulle onde turbolente del mondo.
La scelta di un nome papale non è mai banale: porta con sé un’intenzione, un programma, una visione. Optando per il nome Francesco, Jorge Bergoglio ha chiaramente annunciato il tono del suo pontificato: dimostrare il desiderio di rompere con certe tradizioni consolidate basate su un’interpretazione parziale dello spirito di riforma avviato nella Chiesa da San Francesco d’Assisi.
La scelta di Francesco II avrebbe segnalato il desiderio di mantenere una rotta progressista. Ma quello di Benedetto XVII avrebbe suggerito un conservatorismo, quello di un Concilio Vaticano II interpretato alla lettera. Leone XIV, d’altra parte, evoca una prospettiva diversa, più vicina alla «pace disarmata e disarmante» evocata dal neoeletto papa nelle sue prime parole dalla Loggia delle Benedizioni.
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Una pace non solo per gli Stati in guerra, ma anche – e forse soprattutto – in una Chiesa che appare sempre più polverizzata e frammentata, come molte società. Perché il nome Leone XIV evoca immediatamente una prospettiva a lungo termine, al di là delle questioni politiche, teologiche ed etiche che hanno contribuito a plasmare – spesso in peggio – il mondo del 2025.
Papa di un altro secolo, Leone XIII è ancora apprezzato per il suo contributo ai dibattiti ottocenteschi su capitalismo e socialismo e per il suo sostegno alla rinascita tomista. Un’eredità che trascende le divisioni ideologiche, né strettamente di «sinistra» né di «destra». La scelta di Leone XIV potrebbe quindi riflettere l’ambizione di non rassegnarsi alle attuali polarizzazioni all’interno della Chiesa.
Dopo i tumultuosi anni del precedente pontificato, i cardinali conservatori sembrano aver aperto la strada al cardinale Prevost, un candidato che non si porrebbe come avversario o critico virulento delle tradizioni della Chiesa; che eviterebbe riforme dottrinali che portino allo scisma, o battaglie ideologiche, come quella condotta contro la Messa tradizionale da Traditionis Custodes.
In questo scenario, che attende la prova dei fatti, il nuovo pontefice potrebbe scegliere una posizione più elevata, dando spazio alle diverse tendenze della Chiesa, evitando di creare divisioni con ogni nomina, ogni sessione sinodale o ogni «magistero volante». Questo scenario non sarebbe l’ideale, ma nel contesto attuale, possiamo sperarne un altro?
Così, lo scrittore cattolico conservatore americano Ross Douthat si chiede, sulle colonne del New York Times, se la controversia sull’adattamento o la resistenza a una modernità laica e liberale rischi di apparire fuori sintonia con un mondo – in particolare nel continente americano o negli stati del Sud del mondo – in cui questa modernità sembra essere sotto attacco.
Analogamente, l’editorialista anglosassone Dan Hitchens spiega sul sito web First Things che, sotto Francesco, la Chiesa ha dovuto affrontare un «paesaggio internazionale sempre più anarchico e multipolare», segnato da una crisi di fiducia nell’ordine liberale derivante da una globalizzazione apparentemente felice ma morente, e da una profonda incertezza sulle forze politiche che definiranno il futuro.
Paradossalmente, la religiosità del «mondo occidentale» sembra entrare in un’era post-cristiana, in cui una vaga spiritualità occupa ancora un posto. Per alcuni, la crisi della Chiesa non ha portato all’abbandono di ogni forma di spiritualità, ma a un paganesimo postmoderno, che fonde idee «soprannaturali», «incantate», «magiche», «esoteriche» e persino «occulte».
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In questo contesto, la dimensione misteriosa e soprannaturale del cristianesimo, in particolare nella sua liturgia pre-rinascimentale – una dimensione percepita nel periodo postconciliare come superata nell’era di un mondo «adulto» e destinata all’oblio insieme alle «vecchie» devozioni popolari – potrebbe, al contrario, diventare una risorsa essenziale per la sua sopravvivenza e influenza.
Infine, intrappolata nella rete di contraddizioni tra Tradizione e modernità, di cui il Concilio Vaticano II rimarrà l’apice, la Chiesa non è ancora riuscita a chiarire cosa significhi essere cristiani nel mondo di oggi, né come i cattolici dovrebbero affrontare, da una prospettiva morale e spirituale, il loro rapporto con un mondo postmoderno segnato dall’emergere e dall’affascinante onnipresenza dell’era digitale e delle nuove tecnologie.
Se Leone XIV dovesse regnare a lungo quanto il suo lontano predecessore Leone XIII, avrebbe senza dubbio il tempo di esaminare a fondo queste questioni, ma il tempo stringe per iniziare la sua realizzazione…
Articolo previamente apparso su FSSPX.News
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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Due nuovi «santi» venezuelani riaccendono le tensioni tra Chiesa e Stato
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Spirito
Omelia relativista di Papa Leone XIII: «nessuno possiede tutta la verità»
Papa Leone XIV ha dichiarato che «nessuno possiede la verità assoluta» e che «nessuno è escluso» dalla Chiesa, durante la sua omelia domenicale del 26 ottobre, pronunciata in occasione della messa giubilare per i gruppi sinodali e gli organismi partecipativi.
Le sue parole, che potrebbero essere interpretate come relativistiche rispetto alla proclamazione della fede unica della Chiesa cattolica, hanno sconvolto moltissimi.
L’amore è la «regola suprema della Chiesa». «Nessuno è chiamato a comandare», ma «tutti sono chiamati a servire»; nessuno deve «imporre le proprie idee», tutti sono invitati all’ascolto reciproco; e «nessuno è escluso» poiché «tutti siamo chiamati a partecipare».
«Nessuno possiede la verità tutta intera, tutti dobbiamo umilmente cercarla, e cercarla insieme»: un’affermazione scioccante per chi è il vicario di colui che è la Via, la Verità e la Vita..
Essere Chiesa sinodale significa riconoscere che la verità non si possiede, ma si cerca insieme, lasciandosi guidare da un cuore inquieto e innamorato dell’Amore.
Leone ha enfatizzato il concetto di Chiesa «sinodale», termine spesso usato dal suo predecessore, Papa Francesco, pur rimanendo vago nel significato. «Le équipe sinodali e gli organi di partecipazione sono immagine di questa Chiesa che vive nella comunione», ha aggiunto oscuramente il romano pontefice.
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«Dobbiamo sognare e costruire una Chiesa umile. Una Chiesa che non sta dritta in piedi come il fariseo, trionfante e gonfia di sé stessa, ma si abbassa per lavare i piedi dell’umanità; una Chiesa che non giudica come fa il fariseo col pubblicano, ma si fa luogo ospitale per tutti e per ciascuno; una Chiesa che non si chiude in sé stessa, ma resta in ascolto di Dio per poter allo stesso modo ascoltare tutti».
«Impegniamoci a costruire una Chiesa tutta sinodale, tutta ministeriale, tutta attratta da Cristo e perciò protesa al servizio del mondo» ha esortato il sommo pontefice con linguaggio sempre più tecnico e cervellotico.
Sebbene nessun individuo possegga la pienezza della verità, la Chiesa cattolica, in quanto Corpo mistico di Cristo guidato dallo Spirito Santo, ha sempre sostenuto di essere la custode del deposito della fede, ossia la verità rivelata da Dio.
I commenti di papa Leone appaiono ambigui e potenzialmente relativistici, poiché non ha chiarito la distinzione tra i membri fallibili della Chiesa, che possono errare nella comprensione della verità, e la Chiesa stessa, che custodisce e proclama l’unica vera fede.
Le parole di Prevost sembrano andare contro il Catechismo della Chiesa Cattolica: «Il Magistero della Chiesa si avvale in pienezza dell’autorità che gli viene da Cristo quando definisce qualche dogma, cioè quando, in una forma che obbliga il popolo cristiano ad un’irrevocabile adesione di fede, propone verità contenute nella rivelazione divina, o anche quando propone in modo definitivo verità che hanno con quelle una necessaria connessione» (CCC, I dogmi della fede, 88).
La Sacra Scrittura parla della «casa di Dio, che è la chiesa del Dio vivente, colonna e base della verità» (1Tim 3,15).
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Immagine di Edgar Beltrán via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-Share Alike 4.0 International
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Miseria dell’ora legale, contro Dio e la legge naturale
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