Politica
Il partito AfD escluso dai seggi della presidenza della commissione parlamentare del Bundestag
L’AfD, che con i suoi 152 seggi al Bundestag è il secondo partito più grande, ha il diritto, in base alla regola della proporzionalità, di proporre presidenti per 6 delle 24 commissioni parlamentari, diritto che ha cercato di esercitare la scorsa settimana, quando le commissioni sono state costituite.
Tuttavia tutti gli altri partiti si sono coalizzati contro l’AfD, respingendone collettivamente le proposte e insistendo affinché le presidenze di queste sei commissioni fossero assegnate a politici degli altri partiti.
L’impossibilità di presiedere una commissione priva l’AfD di un diritto parlamentare fondamentale, che gli altri partiti – Cristiano-Democratici, Socialdemocratici, Verdi e Linke – giustificano sostenendo che l’AfD non rispetta le opinioni della loro «maggioranza democratica».
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa l’agenzia di Intelligence interna tedesca BfV ha temporaneamente sospeso la classificazione di AfD come gruppo «estremista di destra confermato», in attesa dell’esito di un ricorso legale.
Come riportato da Renovatio 21, l’etichettatura di AfD come «estremista» aveva provocato reazioni in varie parti del mondo, con il segretario di Stato statunitense Marco Rubio: a definire la Germania odierna come «tirannia mascherata», mentre il vicepresidente americano JD Vance aveva dichiarato che «Berlino ha ricostruito il muro».
L’AfD, partito contrario all’immigrazione, sostiene la diplomazia, si batte per la fine della guerra in Ucraina, chiede la riparazione del gasdotto Nord Stream, la ripresa delle importazioni di gas dalla Russia e il ripristino della cooperazione economica con la Russia. Così si spiega, in breve, perché il partito è ritenuto una minaccia per la «democrazia».
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Immagine di dominio pubblico CC0 via Wikimedia
Politica
Esponente del partito AfD insiste sul fatto che la Germania dovrebbe uscire dalla NATO
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Politica
L’Ucraina vuole che l’Occidente paghi le elezioni
Kiev è disposta a indire elezioni, ma soltanto a patto che vengano soddisfatte diverse condizioni, tra cui il finanziamento occidentale del processo elettorale, ha dichiarato Mikhail Podoliak, consigliere di alto livello del presidente ucraino Volodymyr Zelens’kyj.
Il mandato presidenziale di Zelens’kyj è scaduto a maggio 2024, ma egli ha sempre rifiutato di convocare le urne, appellandosi alla legge marziale in vigore. All’inizio della settimana, il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che Kiev non dovrebbe più utilizzare il conflitto in corso come pretesto per rinviare il voto.
Mosca ha ripetutamente sostenuto che Zelens’kyj ha «perso la sua legittimità», rendendo così giuridicamente discutibile qualsiasi accordo di pace firmato con lui.
Lo Zelens’kyj ha dichiarato di non voler «aggrapparsi al potere» e, in settimana, si è detto pronto a indire elezioni, purché Stati Uniti e Paesi europei forniscano «garanzie di sicurezza» durante lo svolgimento delle votazioni.
Podoliak ha precisato la posizione venerdì su X, spiegando che Zelensky ha invitato il parlamento a predisporre emendamenti alla Costituzione e alle leggi elettorali. Il consigliere ha tuttavia elencato tre condizioni indispensabili perché il voto possa avere luogo.
President Zelenskyy confirms Ukraine’s readiness for elections and calls on Parliament to prepare changes to the Constitution and laws. However, three basic questions must be solved first.
No missiles or drones can fly during the vote. The only realistic path is a ceasefire.…
— Михайло Подоляк (@Podolyak_M) December 12, 2025
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«Nessun missile o drone deve sorvolare il Paese durante le votazioni. L’unica strada realistica è un cessate il fuoco», ha scritto Podoliak, aggiungendo che i militari al fronte e gli abitanti delle zone di prima linea devono poter «votare ed essere candidati». Ha poi sottolineato che «milioni di sfollati» rendono l’operazione «complessa e costosa».
«Questo onere non può gravare solo sull’Ucraina», ha proseguito il collaboratore dello Zelens’kyj, precisando che Kiev sarebbe «pronta» a procedere solo con finanziamenti esterni e il rispetto delle altre due condizioni.
Non si tratta della prima volta che l’Ucraina chiede danari occidentali pure per il voto.
Come riportato da Renovatio 21, due anni fa, tra i tanti rinvii citanti la legge marziale, Kiev aveva annunciato che le elezioni le avrebbe tenute qualora le avesse pagate l’Europa.
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Immagine di Saeima via Wikimedia pubblicata su licenzaCreative Commons Attribution-Share Alike 2.0 Generic
Politica
Brigitta Macron contro le femministe: «stupide stronze»
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