Geopolitica
I raid aerei turchi bloccano il ritorno dei profughi yazidi

Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews.
In quattro anni uccisi 80 civili «vittime collaterali» delle bombe di Erdogan contro il PKK. Ad oggi vi sono ancora 350mila yazidi sfollati interni e più di 100mila hanno lasciato l’Iraq. Attivista: Sinjar «si sta trasformando in una zona di guerra» e la popolazione soffre «condizioni inimmaginabili nei campi profughi».
I ripetuti e indiscriminati attacchi dell’aviazione turca oltre-confine, nel Kurdistan iracheno e nel nord dell’Iraq, con il pretesto di colpire cellule del PKK impedisce il ritorno dei profughi yazidi nelle loro case e nelle loro terre.
Da tempo i caccia di Ankara hanno aumentato i loro attacchi nella regione di Sinjar, causando gravi danni e rendendo – di fatto – instabile tutta l’area. Da qui l’appello di alcuni rappresentanti della comunità yazidi, che si rivolgono alla comunità internazionale chiedendo tutela e protezione dalle bombe del «sultano» Erdogan.
Dal 2017, quasi 80 yazidi sono stati uccisi come «vittime collaterali» dai raid aerei turchi mirati contro gruppi del Partito dei lavoratori del Kurdistan (PKK, considerato movimento terrorista da Ankara) rifugiati in Iraq.
Come racconta il leader yazidi Saad Hamo ad al-Monitor molti sfollati tuttora ospiti del campo profughi di Sardashti «non vogliono lasciare Sinjar nonostante le tragedie che li hanno colpiti» e per questo «stiamo cercando altri modi per convincere a tornare quanti sono rimasti nei centri allestiti» dal governo di Erbil.
Ancora oggi vi sono 350mila yazidi sfollati interni in Iraq e più di 100mila hanno lasciato il Paese in modo permanente. Essi sono il popolo che più di ogni altro ha sofferto le atrocità dello Stato islamico (SI, ex ISIS) durante gli anni di dominio del movimento jihadista in Iraq e in Siria fra il 2014 e il 2017, prima della sconfitta militare e alla liberazione di gran parte dei territori.
Uno degli ultimi raid aerei turchi risale al 2 febbraio, quando i caccia hanno colpito diverse postazioni sul monte Sinjar appartenenti non al PKK, ma alle Unità di mobilitazione popolare irachene (PMU), composte in gran parte anche da yazidi.
Anche Baghdad ha più volte condannato le operazioni militari turche oltre-confine, senza ottenere risultati sostanziali o un cambio nella politica di aggressione perpetrata da Ankara. Contro le violenze si schierano oggi i leader della minoranza yazidi, che chiedono la fine delle operazioni militari e garanzie per un rientro nelle abitazioni in tutta sicurezza altrimenti «sarà a rischio» la loro presenza e il loro futuro in Iraq.
In molti ritengono che oggi è «impossibile» una vita sicura e dignitosa nel Paese, soprattutto nell’area di Sinjar.
L’attivista Murad Ismail, fondatore della Sinjar Academy, conferma che la comunità «sta perdendo la speranza».
«Questo – osserva – è il risultato diretto del fallimento dell’Iraq e della comunità internazionale nel creare uno spazio sicuro per il nostro popolo e permettergli di riprendersi» dal dramma del «genocidio» subito da parte dell’ISIS.
«Invece di creare speranza per una comunità profondamente traumatizzata e invece di guarire le nostre ferite portando giustizia alle vite perdute di 10mila yazidi, Sinjar – conclude l’attivista – si sta trasformando in una zona di guerra. Più della metà della nostra gente sta ancora soffrendo in condizioni inimmaginabili nei campi profughi e potrebbe non essere mai in grado di tornare».
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Geopolitica
«Li prenderemo la prossima volta» Israele non esclude un altro attacco al Qatar

Israele è determinato a uccidere i leader di Hamas ovunque risiedano e continuerà i suoi sforzi finché non saranno tutti morti, ha dichiarato martedì a Fox News l’ambasciatore israeliano negli Stati Uniti Yechiel Leiter.
In precedenza, attacchi aerei israeliani hanno colpito un edificio residenziale a Doha, in Qatar, prendendo di mira alti esponenti dell’ala politica di Hamas. Il gruppo ha affermato che i suoi funzionari sono sopravvissuti, mentre l’attacco è stato criticato dalla Casa Bianca e condannato dal Qatar.
«Se non li abbiamo presi questa volta, li prenderemo la prossima volta», ha detto il Leiter.
L’ambasciatore ha descritto Hamas come «nemico della civiltà occidentale» e ha sostenuto che le azioni di Israele stavano rimodellando il Medio Oriente in modi che gli Stati «moderati» comprendevano e apprezzavano. «In questo momento, potremmo essere oggetto di qualche critica. Se ne faranno una ragione», ha detto riferendosi ai Paesi arabi.
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Il presidente degli Stati Uniti Donald Trump ha affermato che, sebbene smantellare Hamas sia un obiettivo legittimo, colpire un alleato degli Stati Uniti mina gli interessi sia americani che israeliani.
Leiter ha osservato che Israele «non ha mai avuto un amico migliore alla Casa Bianca» e che Washington e lo Stato Ebraico sono rimaste unite nel perseguire la distruzione del gruppo militante.
Il Qatar, che ospita funzionari di Hamas nell’ambito del suo ruolo di mediatore, ha dichiarato che tra le sei persone uccise nell’attacco israeliano c’era anche un agente di sicurezza del Qatar.
L’emiro del Qatar, lo sceicco Tamim bin Hamad al-Thani, ha denunciato l’attacco come un «crimine atroce» e un «atto di aggressione», mentre il ministero degli Esteri di Doha ha accusato Israele di «terrorismo di Stato».
Israele ha promesso di dare la caccia ai leader di Hamas, ritenuti responsabili del mortale attacco dell’ottobre 2023, lanciato da Gaza verso il sud di Israele. L’ambasciatore ha giurato che i responsabili «non sopravviveranno», ovunque si trovino.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
Geopolitica
Attacco israeliano in Qatar. La condanna di Trump

#Qatar / #Palestine / #Israel 🇶🇦🇵🇸🇮🇱: Israeli Air Forces carried out air strikes to assassinate Senior officials of #HAMAS in the city of #Doha.
Reportedly HAMAS negotiation team was targeted with Air-To-Surface Missiles while discussing the ceasefire in the capital of Qatar. pic.twitter.com/WdWuqY6rXq — War Noir (@war_noir) September 9, 2025
🚨🇮🇱🇶🇦🇵🇸 BREAKING: ISRAEL just AIRSTRIKED Hamas’s negotiation team in DOHA, QATAR pic.twitter.com/cTdA5fT4gP
— Jackson Hinkle 🇺🇸 (@jacksonhinklle) September 9, 2025
BREAKING:
Israeli fighter jets struck Qatar’s capital, Doha. An Israeli airstrike in Doha killed Hamas leader in Gaza, Khalil al-Hayya, and three senior members of the group’s leadership, Al Arabiya reports, citing sources. Al Hadath states those in the targeted building… pic.twitter.com/03rwdUbvZ5 — Visegrád 24 (@visegrad24) September 9, 2025
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NEW: Qatar reserves the right to retaliate for the Israeli attack against Doha, Qatari PM says
“We’ve reached a decisive moment; There should be retaliation from the whole region” pic.twitter.com/dKHnqEHNqN — Ragıp Soylu (@ragipsoylu) September 9, 2025
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Nel suo post Trump ha affermato che il bombardamento israeliano all’interno di «una nazione sovrana e stretto alleato degli Stati Uniti» non ha «favorito gli obiettivi di Israele o dell’America». «Considero il Qatar un forte alleato e amico degli Stati Uniti e mi dispiace molto per il luogo dell’attacco», ha scritto, sottolineando che l’attacco è stato «una decisione presa dal primo ministro Netanyahu, non una decisione presa da me». Trump ha affermato che, non appena informato dell’operazione, ha incaricato l’inviato speciale statunitense Steve Witkoff di avvertire i funzionari del Qatar, ma ha osservato che l’allerta è arrivata «troppo tardi per fermare l’attacco». Il presidente ha affermato che eliminare Hamas era un «obiettivo degno», ma ha espresso la speranza che «questo sfortunato incidente possa servire come un’opportunità per la PACE». Da allora Trump ha parlato con Netanyahu, che gli ha detto di voler fare la pace, e con i leader del Qatar, che ha ringraziato per il loro sostegno e ha assicurato che «una cosa del genere non accadrà più sul loro territorio». La Casa Bianca ha definito l’attacco un incidente «sfortunato». Trump ha dichiarato di aver incaricato il Segretario di Stato Marco Rubio di finalizzare un accordo di cooperazione per la difesa con il Qatar, designato come «importante alleato non NATO».( @realDonaldTrump – Truth Social Post ) ( Donald J. Trump – Sep 09, 2025, 4:20 PM ET )
This morning, the Trump Administration was notified by the United States Military that Israel was attacking Hamas which, very unfortunately, was located in a section of Doha, the Capital of… pic.twitter.com/axQSlL46gW — Fan Donald J. Trump 🇺🇸 TRUTH POSTS (@TruthTrumpPosts) September 9, 2025
“The president views Qatar as a strong ally and friend of the United States and feels very badly about the location of this attack.”
White House press sec. Karoline Leavitt read a statement after Israel’s strike on Hamas leadership in Doha. https://t.co/X3EkiIHoZ7 pic.twitter.com/OdDyR4QcgF — ABC News (@ABC) September 9, 2025
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Geopolitica
Lavrov: la Russia non ha voglia di vendetta

La Russia non ha intenzione di vendicarsi dei paesi occidentali che hanno interrotto i rapporti e fatto pressioni su Mosca a causa del conflitto in Ucraina, ha affermato il ministro degli Esteri Sergej Lavrov.
Intervenendo lunedì all’Istituto statale di relazioni internazionali di Mosca, Lavrov ha sottolineato che la Russia non intende «vendicarsi o sfogare la propria rabbia» sulle aziende che hanno deciso di sostenere i governi occidentali nel loro tentativo di sostenere Kiev e imporre sanzioni economiche a Mosca, aggiungendo che l’ostilità è generalmente «una cattiva consigliera».
«Quando i nostri ex partner occidentali torneranno in sé… non li respingeremo. Ma… terremo conto che, essendo fuggiti su ordine dei loro leader politici, si sono dimostrati inaffidabili», ha affermato il ministro.
Secondo Lavrov, qualsiasi futuro accesso al mercato dipenderà anche dalla possibilità che le aziende rappresentino un rischio per i settori vitali per l’economia e la sicurezza della Russia.
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Il ministro ha sottolineato che la Russia è aperta alla cooperazione e non ha alcuna intenzione di isolarsi. «Viviamo su un piccolo pianeta. Costruire i muri di Berlino è stato in stile occidentale… Non vogliamo costruire alcun muro», ha affermato, riferendosi al simbolo della Guerra Fredda che ha diviso la capitale tedesca dal 1961 al 1989.
«Vogliamo lavorare onestamente e se i nostri partner sono pronti a fare lo stesso sulla base dell’uguaglianza e del rispetto reciproco, siamo aperti al dialogo con tutti», ha affermato, indicando il vertice in Alaska tra il presidente russo Vladimir Putin e il suo omologo statunitense, Donald Trump, come esempio di impegno costruttivo.
Il portavoce del Cremlino Demetrio Peskov ha dichiarato sabato che le aziende occidentali sarebbero state benvenute se non avessero sostenuto l’esercito ucraino e avessero rispettato gli obblighi nei confronti dello Stato e del personale russo, tra cui il pagamento degli stipendi dovuti.
Questo mese Putin ha anche respinto l’isolazionismo, sottolineando che la Russia vorrebbe evitare di chiudersi in un «guscio nazionale», poiché ciò danneggerebbe la competitività. «Non abbiamo mai respinto o espulso nessuno. Chi vuole rientrare è il benvenuto», ha aggiunto.
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