Economia
Blackout in Porto Rico
Catastrofe in Porto Rico con blackout annesso.
Quando l’uragano Fiona ha colpito l’isola lo scorso fine settimana, l’intera popolazione di oltre 3 milioni è rimasta senza elettricità e quasi 200.000 senza acqua potabile.
Terrificanti scene di inondazioni sono visibili in rete.
Every US news network is running the funeral of the Queen of England, after 10 days of nonstop coverage of her, meanwhile this is the US colony of Puerto Rico
— Read Class Struggle Unionism by Joe Burns (@JoshuaPotash) September 19, 2022
🚨 BREAKING VIDEO: A bridge just got washed away as Hurricane Fiona hits Puerto Rico #PuertoRico #Fiona #HurricaneFiona #BreakingNews #BREAKING pic.twitter.com/yAIlMtCTjP
— Breaking Video News (@BreakingVideoHQ) September 18, 2022
Le forti piogge hanno trovato le infrastrutture idriche portoricane totalmente impreparate a gestire il deflusso, con molte case e porzioni di città spazzate via.
Come spesso accade, le piogge e le inondazioni della categoria 1 Fiona hanno creato danni maggiori rispetto all’uragano Maria di categoria 4, a fine settembre 2017, che aveva sostenuto venti di 250 km/h.
Hurricane Fiona has officially hit Puerto Rico and the entire island is currently without electricity, according to NPRpic.twitter.com/hxQl07CRCu
— Fifty Shades of Whey (@davenewworld_2) September 18, 2022
L’azienda elettrica del territorio LUMA, una società canadese, ha ricevuto rinnovate critiche per la mancata fornitura di una rete elettrica affidabile. Ha preso il sopravvento come risultato di un programma di privatizzazione per Porto Rico, lasciandolo tristemente impreparato, e questo dopo che l’uragano Maria ha lasciato parti dell’isola senza elettricità per almeno un anno.
L’ex sindaco Carmen Yulín Cruz di San Juan, la capitale di Porto Rico, ha affermato che «la privatizzazione ha alzato la sua brutta testa», parlando di LUMA.
Altri si riferiscono alla tempesta come «uragano LUMA».
C’è da notare che Porto Rico è divenuta nota negli ultimi tempi come paradiso fiscale per i miliardari delle criptovalute, al punto che è divenuto possibile comprare proprietà immobiliari sull’isola con i Bitcoin.
Sia pure per ragioni contingenti, come un uragano, anche l’arcipelago delle Grandi Antille si accoda alla lunga lista di Paesi che in questi mesi sta soffrendo interruzioni prolungate di corrente elettrica. Non è chiaro al momento se sul territorio siano state trasferite anche attività di crypto-mining estramamente energivore, le quali in linea teorica potrebbero aver aiutato l’aggravarsi del problema elettrico.
I blackout sembrano non voler risparmiare nessun angolo della Terra. Come noto, in Italia sono già state colpite Milano e Torino. Blackout sono stati annunciati in Danimarca e Svezia. Vi sono stati continui blackout in Texas, tuttavia da mesi si prevedono interruzioni di corrente in tutti gli USA. Ora blackout sono annunziati in California.
La Svizzera si sta preparando ai blackout, anche se è appena nato un comitato politico per evitarli. Vi sono stati Blackout in Cina, dove le aziende occidentali si chiedono abbia senso quindi investire. Per paura di nuove interruzioni, la Cina sta ordinando un aumento dell’uso di carbone.
Due mesi fa intere zone di Sydney, in Australia, sono andate al buio. Blackout anche in Pakistan, con annessa chiusura delle fabbriche – mentre la società collassa e scivola verso la guerra civile. La Gran Bretagna si prepara a blackout invernali.
Blackout, ovviamente, anche in uno dei laboratori del Nuovo Ordine Mondiale, lo Sri Lanka, senza carburante, cibo né elettricità. Blackout in Giappone. Blackout a Taiwan. Blackout in Kazakistan Uzbekistan, Kirghizistan. Blackout in Turchia.
Blackout minacciati in Indonesia, dove non vogliono più quindi esportare carbone per timore di non avere energia sufficiente per la rete elettrica. Blackout paventati nei mesi scorsi in Austria e Romania, e in Germania con spot apocalittici. Blackout pure in Canada, dove però riescono simpaticamente ad incolpare i castori.
Secondo uno studio a breve un miliardo di persone nel mondo sono a rischio blackout.
Di rischio blackout, il 13 gennaio di quest’anno, ha riferito alle presidenze del Parlamento italiano il COPASIR, Il Comitato Parlamentare per la Sicurezza della Repubblica, cioè l’organo del Parlamento della Repubblica Italiana che esercita il controllo parlamentare sull’operato dei servizi segreti.