Economia
Il dollaro ai minimi storici: Trump tira dritto
Lunedì il dollaro statunitense è crollato al minimo degli ultimi tre anni, mentre aumentava l’agitazione sui mercati per la guerra tariffaria del presidente degli Stati Uniti Donald Trump e il suo crescente disaccordo con il presidente della Federal Reserve Jerome Powell.
L’indice del dollaro statunitense ICE, che replica l’andamento del biglietto verde rispetto a un paniere di valute principali, è sceso di oltre l’1% a 97,923, il minimo da marzo 2022. Il dollaro ha toccato nuovi minimi anche nei confronti di euro, sterlina, yen e franco svizzero, e si è indebolito nei confronti del rublo, scendendo sotto quota 80 per la prima volta da giugno 2024.
La valuta è sottoposta a crescenti pressioni da quando Trump ha lanciato i dazi, definiti «Giorno della Liberazione», il 2 aprile, prendendo di mira i partner commerciali globali. La fiducia dei mercati è stata ulteriormente scossa dopo che Trump ha pubblicamente attaccato Powell giovedì sui tassi di interesse.
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Il presidente ha attaccato duramente il presidente della Fed, chiedendo tagli ai tassi e avvertendo che Powell potrebbe essere rimosso. «Se lo vuole fuori, se ne andrà molto velocemente», ha detto Trump. I suoi commenti sono arrivati dopo che Powell aveva avvertito che i dazi avrebbero “molto probabilmente generato almeno un aumento temporaneo dell’inflazione” e aveva segnalato che non ci sarebbero stati tagli imminenti ai tassi.
Il consigliere economico della Casa Bianca, Kevin Hassett, ha dichiarato in seguito che l’amministrazione sta valutando se sia possibile licenziare legalmente Powell prima della scadenza del suo mandato.
Lo scontro ha allarmato gli investitori, nonostante Powell abbia affermato di non avere intenzione di dimettersi anticipatamente e abbia sottolineato che l’indipendenza della Fed è una «questione di diritto».
Lunedì Trump ha rinnovato i suoi attacchi, definendo Powell «il signor Too Late, un grande perdente» in un post su Truth Social e avvertendo che l’economia rallenterà se i tassi non verranno tagliati.
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Le azioni statunitensi hanno subito un altro colpo: il Dow Jones, il Nasdaq e l’S&P 500 hanno tutti perso più del 3%.
«Gli investitori stanno affrontando una nuova fonte di ansia macroeconomica: le minacce di Trump all’indipendenza della Fed», ha detto lunedì alla CNBC l’esperto del settore Adam Crisafulli di Vital Knowledge.
Ogni tentativo di licenziare Powell probabilmente innescherebbe una forte svendita sui mercati azionari statunitensi, ha dichiarato al quotidiano il vicepresidente di Evercore ISI, Krishna Guha.
Trump ha nominato Powell alla Fed nel 2018 e lo ha riconfermato l’ex presidente Joe Biden nel 2022. Il suo mandato come presidente durerà fino a maggio 2026.
Come riportato da Renovatio 21, durante il Forum del Club Valdai dello scorso 7 novembre, il presidente russo Vladimir Putin è stato interrogato dall’ex vicepresidente brasiliano della New Development Bank ed ex funzionario del FMI. Paulo Nogueira Batista jr. sul ruolo delle valute alternative, assicurando che la Russia non ha «cercato di abbandonare il dollaro».
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Come riportato da Renovatio 21, vari Paesi che stanno attuando politiche di allontanamento dal dollaro come l’India, l’Indonesia, il Bangladesh, la Malesia, lo Sri Lanka, il Pakistan la Bolivia, l’Argentina e altre Nazioni del Sud del mondo (con timidi accenni perfino in Isvizzera) stanno seguendo si stanno sganciando dal biglietto verde. A inizio 2023 la Banca Centrale Irachena ha annunciato che consentirà scambi con la Cina direttamente in yuan cinesi, senza passare dal dollaro, mentre il Ghana si è rivolto non alla moneta statunitense, ma all’oro per stabilizzare la propria valuta nazionale.
Il processo di de-dollarizzazione è stato incontrovertibilmente innescato con le sanzioni anti-russe. Lo stesso Putin la scorsa estate aveva definito il fenomeno come «irreversibile». Il presidente russo mesi fa aveva dichiarato che è l’Occidente stesso a distruggere il proprio sistema finanziario.
Come riportato da Renovatio 21, in campagna elettorale ad un comizio in Wisconsin l’ora presidente eletto Donald Trump ha accennato ad un piano per fermare la de-dollarizzazione innescata dalle folle politiche di Biden.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
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Hollywood al capolinea: Netflix vuole comprare Warner Bros
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Economia
L’ex proprietario di Pornhub vuole acquistare le attività del gigante petrolifero russo
Bernd Bergmair, l’ex proprietario di Pornhub, starebbe valutando l’acquisto delle attività internazionali del gigante petrolifero russo sanzionato Lukoil. Lo riporta l’agenzia Reuters, citando fonti riservate.
A ottobre, gli Stati Uniti hanno colpito Lukoil con sanzioni che hanno costretto la compagnia a dismettere le proprie partecipazioni estere, stimate in circa 22 miliardi di dollari. Lukoil aveva inizialmente accettato un’offerta del trader energetico Gunvor per l’intera controllata estera, ma l’operazione è saltata dopo che il Tesoro americano ha accusato Gunvor di legami con il Cremlino.
Secondo Reuters, Bergmair avrebbe già sondato il dipartimento del Tesoro statunitense per una possibile acquisizione. Interpellato tramite un legale, ha né confermato né smentito, limitandosi a dichiarare: «Lukoil International GmbH rappresenterebbe ovviamente un investimento eccellente; chiunque sarebbe fortunato a possedere asset del genere», senza precisare quali porzioni gli interessino o se abbia già contattato l’azienda. Un portavoce del Tesoro ha declinato ogni commento.
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Il finanziere austriaco è l’ex azionista di maggioranza di MindGeek, la casa madre di Pornhub, la cui identità è emersa solo nel 2021 dopo anni di strutture offshore. Il Bergmair ha ceduto la propria partecipazione nel 2023, quando la società è stata rilevata da un fondo canadese di private equity chiamato «Ethic Capital», nella cui compagine spicca un rabbino. Il patrimonio dell’uomo è stimato intorno a 1,4 miliardi di euro, investiti principalmente in immobili, terreni agricoli e altre operazioni private.
Il mese scorso, il Tesoro statunitense ha autorizzato le parti interessate a intavolare negoziati per gli asset esteri di Lukoil; l’approvazione è indispensabile poiché, senza licenza, ogni transazione resterebbe congelata. La finestra concessa scade il 13 dicembre.
Fonti giornalistiche indicano che diversi player, tra cui Exxon Mobil e Chevron, avrebbero manifestato interesse, ma Lukoil preferirebbe cedere il pacchetto in blocco, complicando le trattative per chi punta su singoli asset. L’azienda ha reso noto di essere in contatto con più potenziali acquirenti.
Mosca continua a condannare le sanzioni occidentali come «politiche e illegittime», avvertendo che finiranno per danneggiare chi le ha imposte». Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha definito il caso Lukoil la prova che le «restrizioni commerciali illegali» americane sono «inaccettabili e ledono il commercio globale».
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Immagine di Marco Verch via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic (CC BY 2.0)
Economia
La BCE respinge il ladrocinio dei fondi russi congelati proposto dalla Von der Leyen
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