Geopolitica
Arrestato l’ex premier, fuoco e caos in Pakistan: guerra civile alle porte?
L’ex primo ministro Imran Khan è stato arrestato e preso in custodia dalla polizia mentre stava entrando nell’Alta Corte di Islamabad per un’udienza in un caso.
Il 70enne giocatore di cricket diventato politico è stato perseguito in tribunale dall’agenzia anti-corruzione pakistana, ma la mossa di arrestare il Khan è da ritenersi un’escalation enorme e senza precedenti, che minaccia di scatenare un caos – che può cominciare ad assomigliare ad una guerra civile – nelle strade del Paese, che, ricordiamo, dispone da decenni di testate atomiche.
Il suo partito, il Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI), ha immediatamente chiesto proteste di massa, che sono rapidamente esplose in più città e davanti a postazioni di polizia e militari, inclusa la capitale Islamabad, ma anche a Lahore, Karachi, Gujranwala, Rawalpindi, Faisalabad, Multan, Peshawar e Mardan.
Immagini virali e video divenuti virali del Khan scortato dalle forze di sicurezza in tenuta antisommossa e portato via in un furgone blindato stanno alimentando la rabbia nelle strade. Una dichiarazione del governo ha detto che l’arresto è stato “per il reato di corruzione”.
⚡️Imran Khan has been arrested pic.twitter.com/niUnzIzDKF
— War Monitor (@WarMonitors) May 9, 2023
Secondo il canale TV del Qatar Al Jazeera, «Khan è stato accusato con più di 100 casi – tra cui corruzione, “terrorismo” e persino blasfemia – da quando è stato rimosso dal potere lo scorso aprile attraverso un voto di sfiducia parlamentare». Come noto, la detronizzazione del Khan è stata definita da quest’ultimo come un «complotto americano».
BIG: Radio Pakistan Building set on fire by protesters. pic.twitter.com/GDykEKudEF
— Aditya Raj Kaul (@AdityaRajKaul) May 9, 2023
Secondo quanto riportato, molti dei nemici ben piazzati di Khan sono alti funzionari militari e dell’Intelligence. Un analista politico pakistano ha spiegato ad Al Jazeera che «da quando l’intero processo è iniziato con la cacciata dell’ex primo ministro 13 mesi fa, è diventato chiarissimo che l’élite politica al potere così come l’establishment del Paese non voleva che Imran Khan indietro a qualsiasi titolo, in qualsiasi capacità di governo».
#BREAKING: Reports emerging of large scale violence, arson, clashes and rioting in many parts of Pakistan after Imran Khan’s arrest by Pakistan Rangers. Mob has attacked Pakistan Army’s Mardan Cantt. Corps Commander home in Lahore attacked and broken to pieces. Several memorials… pic.twitter.com/mNBUSnLXOk
— Aditya Raj Kaul (@AdityaRajKaul) May 9, 2023
Ci sono già segnalazioni di vittime delle proteste in uscita dal Pakistan martedì, anche con rapporti e filmati che mostrano che i manifestanti hanno preso d’assalto un quartier generale dell’esercito pakistano a Rawalpindi.
This is big. Protesters enter GHQ Rawalpindi, the headquarters of the Pakistan Army. #ImranKhanArrested pic.twitter.com/kHP2qtzhaz
— Shiv Aroor (@ShivAroor) May 9, 2023
Ci sono anche segnalazioni diffuse che circolano sui social media secondo cui in alcune località la polizia e l’esercito potrebbero usare il fuoco vivo per sedare i disordini.
Le folle pro-Khan potrebbero poi prendere di mira edifici governativi e ministeri. Al Jazeera riferisce che «a Lahore, i manifestanti si sono radunati davanti alla residenza dell’ex primo ministro Zaman Park e hanno bloccato le strade adiacenti bruciando pneumatici».
Khan, ex campione dell’amatissima nazionale di cricket, era stato vittima di un attentato pochi mesi fa.
Khan ha sposato in prime nozze l’erede di una importante famiglia dell’oligarcato britannico, Jemina Goldsmith. Le ultramiliardarie fortune Goldsmith, casato di origine ebraico-tedesca (erano Goldschmidt prima di anglicizzare il proprio nome), si intrecciano nella storia con quelle di un casato simile, quello dei Rothschild. Le ultime generazioni dei Goldsmith si sono distinte – in linea con gli Windsor – per l’impegno ambientalista, raggiungendo anche la politica: l’ex cognato di Khan, Lord Frank Zacharias Robin «Zac» Goldsmith, dopo lo scranno parlamentare per il Partito Conservatore, ha ottenuto nei governi Truss e ora Sunak il ruolo di Ministro per l’Asia, l’Energia, il Clima e l’Ambiente.
Divorziato dalla Goldsmith, il Khan tornò in patria e si sposò prima con una giornalista e poi con una figura enigmatica, la murshid (guida spirituale) Bushra Bibi, appartenente ad un molto influente clan del Punjab, i Manika. Khan l’avrebbe sposata senza averla mai vista in volto, causa velo totale: l’ex campione disse che aveva di lei solo una vecchia foto. La Bibi sarebbe poi divenuta l’unica première dame totalmente velata della storia del Pakistan, cosa che la espone a diverse critiche in patria.
Ripakistinazzata la sua immagine, il Khan vinse le elezioni con un suo partito, divenendo premier in un Paese dove lo Stato profondo, animato da militari, servizi segreti (il noto ISI) e interessi di Washington la fanno da padroni da decenni. La sua detronizzazione è stata rapida, ma lui non ha abbandonato la lotta per tornare al potere.
Come riportato da Renovatio 21, il Khan è stato di recente detronizzato in quello che lui stesso ha definito «un complotto USA». Da premier, aveva mostrato politiche filo-Repubblica Popolare Cinese (di fatto da sempre alleata del Pakistan contro l’India) e negli ultimi tempi filo-russe, posizione più nuova per un premier pakistano. Il Khan aveva altresì avviato accordi con il Tehreek-i-Labbaik Pakistan, il partito islamista del Paese.
In questi mesi Pakistan è piombato nel caos, con blackout, terrorismo montante con stragi sanguinarie, pressioni del Fondo Monetario Internazionale, fabbriche che chiudono e avvisaglie di guerra civile. Non mancano, nel quadro già tetro, le visite di Bill Gates a generali della potenza nucleare.
Come riportato ieri da Renovatio 21, anche il Pakistan sta iniziando a sganciarsi dal dollaro a favore dello yuan, partendo dall’acquisto del petrolio russo. La crisi economica ha spinto il Paese sempre più tra le braccia del Fondo Monetario Internazionale.
Geopolitica
Thailandia e Cambogia firmano alla Casa Bianca un accordo di cessate il fuoco
Cambogia e Thailandia hanno siglato un accordo di cessate il fuoco ampliato per porre fine a un violento conflitto di confine scoppiato a inizio anno. La cerimonia di firma, tenutasi domenica, è stata presieduta dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump, che aveva mediato la tregua iniziale.
Le tensioni storiche tra i due Paesi del Sud-est asiatico, originate da dispute territoriali di epoca coloniale, sono esplose a luglio con cinque giorni di scontri armati, che hanno spinto centinaia di migliaia di persone a fuggire dalla zona di confine. Un incontro ospitato dalla Malesia aveva portato a una prima tregua, segnando l’inizio della de-escalation.
Trump ha dichiarato di aver sfruttato i negoziati commerciali con entrambi i paesi per favorire una riduzione delle tensioni.
HISTORIC PEACE BETWEEN THAILAND & CAMBODIA.
President Trump and Malaysia’s Prime Minister Anwar Ibrahim hosted the Prime Ministers of Thailand and Cambodia for the signing of the ‘Kuala Lumpur Peace Accords’—a historic peace declaration. pic.twitter.com/BZRJ2b2KLY
— The White House (@WhiteHouse) October 26, 2025
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Durante il 47° vertice dell’ASEAN in Malesia, il primo ministro cambogiano Hun Manet e il primo ministro thailandese Anutin Charnvirakul hanno firmato l’accordo, che amplia la tregua di luglio.
Il documento stabilisce un piano per ridurre le tensioni e assicurare una pace stabile al confine, prevedendo il rilascio di 18 soldati cambogiani prigionieri da parte della Thailandia, il ritiro delle armi pesanti, l’avvio di operazioni di sminamento e il contrasto alle attività illegali transfrontaliere.
Dopo la firma, il primo ministro thailandese ha annunciato l’immediato ritiro delle armi dal confine e il rilascio dei prigionieri di guerra cambogiani, insieme a un’intesa commerciale congiunta. Il primo ministro cambogiano ha lodato l’accordo, impegnandosi a rispettarlo e ringraziando Trump per il suo ruolo, proponendolo come candidato al Premio Nobel per la Pace del prossimo anno.
Trump ha definito l’accordo «monumentale» e «storico», sottolineando il suo contributo e descrivendo la mediazione di pace come «quasi un hobby». Dopo la cerimonia, ha firmato un accordo commerciale con la Cambogia e un importante patto minerario con la Thailandia.
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Immagine da Twitter
Geopolitica
La Cina snobba il ministro degli Esteri tedesco
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Geopolitica
Vance in Israele critica la «stupida trovata politica»: il voto di sovranità sulla Cisgiordania è stato un «insulto» da parte della Knesset
La proposta di applicare la sovranità israeliana sulla Cisgiordania occupata, considerata da molti come un’equivalente all’annessione totale del territorio palestinese, ha suscitato una forte condanna internazionale, incluso un netto dissenso da parte degli Stati Uniti.
Il disegno di legge ha superato di stretta misura la sua lettura preliminare martedì, con 25 voti a favore e 24 contrari nella Knesset, composta da 120 membri. La proposta passerà ora alla Commissione Affari Esteri e Difesa per ulteriori discussioni.
Una dichiarazione parlamentare afferma che l’obiettivo del provvedimento è «estendere la sovranità dello Stato di Israele ai territori di Giudea e Samaria (Cisgiordania)».
Il momento del voto è stato significativo e provocatorio, poiché è coinciso con la visita in Israele del vicepresidente J.D. Vance, impegnato in discussioni sul cessate il fuoco a Gaza e sul centro di coordinamento gestito dalle truppe statunitensi e dai loro alleati, incaricato di supervisionare la transizione di Gaza dal controllo di Hamas. Vance ha percepito la tempistica del voto come un gesto intenzionale, accogliendolo con disappunto.
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Anche il Segretario di Stato Marco Rubio, in visita in Israele questa settimana, ha espresso critiche prima di lasciare il Paese mercoledì, dichiarando che il disegno di legge sull’annessione «non è qualcosa che appoggeremmo».
«Riteniamo che possa rappresentare una minaccia per l’accordo di pace», ha detto Rubio, in linea con la promozione della pace in Medio Oriente sostenuta ripetutamente da Trump. «Potrebbe rivelarsi controproducente». Vance ha ribadito che «la Cisgiordania non sarà annessa da Israele» e che l’amministrazione Trump «non ne è stata affatto soddisfatta», sottolineando la posizione ufficiale.
Vance, considerato il favorito per la prossima candidatura presidenziale repubblicana dopo Trump, probabilmente ricorderà questo episodio come un momento frustrante e forse irrispettoso, specialmente in un contesto in cui la destra americana appare sempre più divisa sulla politica verso Israele.
Si dice che il primo ministro Netanyahu non sia favorevole a spingere per un programma di sovranità, guidato principalmente da politici oltranzisti legati ai coloni. In una recente dichiarazione, il Likud ha definito il voto «un’ulteriore provocazione dell’opposizione volta a compromettere i nostri rapporti con gli Stati Uniti».
«La vera sovranità non si ottiene con una legge appariscente, ma con un lavoro concreto sul campo», ha sostenuto il partito.
Tuttavia, è stata la reazione di Vance a risultare la più veemente, definendo il voto una «stupida trovata politica» e un «insulto», aggiungendo che, pur essendo una mossa «solo simbolica», è stata «strana», specialmente perché avvenuta durante la sua presenza in Israele.
Come riportato da Renovatio 21, Trump ha minacciato di togliere tutti i fondi ad Israele in caso di annessione da parte dello Stato Giudaico della West Bank, che gli israeliani chiamano «Giudea e Samaria».
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia
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