Terrorismo
Sri Lanka, marcia di protesta per il quarto anniversario degli attentati di Pasqua
Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di AsiaNews. Le opinioni degli articoli pubblicati non coincidono necessariamente con quelle di Renovatio 21.
Vi hanno preso parte il clero cattolico e srilankesi di tutte le etnie. I manifestanti, formando una catena umana, hanno ancora una volta chiesto la verità sugli attacchi terroristici e giustizia per le vittime. Il nunzio apostolico ha detto che il Paese ha la benedizione di Papa Francesco.
Migliaia di srilankesi, tra cui molti cattolici, hanno marciato insieme per commemorare le vittime degli attentati terroristici della domenica di Pasqua del 21 aprile 2019. Durante le celebrazioni gli attentatori presero di mira tre chiese – due cattoliche e una protestante – e quattro hotel: oltre 250 persone persero la vita e più di 500 vennero ferite.
In occasione del quarto anniversario, i manifestanti ieri hanno chiesto al governo dello Sri Lanka di scoprire i mandanti dell’attentato, dopo che la Chiesa cattolica del Paese guidata dall’arcivescovo di Colombo, il cardinale Malcolm Ranjith, e le famiglie delle vittime hanno a lungo sollevato dubbi e preoccupazioni sulla lentezza delle indagini, accusando il governo di nascondere la verità per ottenere vantaggi politici.
Migliaia di persone, incluso il clero cattolico, si sono schierate per una protesta silenziosa su entrambi i lati della strada principale che collega il santuario di Sant’Antonio a Kochchikade, a Colombo, alla chiesa di San Sebastiano a Katuwapitiya.
Vestiti di bianco e nero e tenendosi per mano formando una Jana Paura, una catena umana, i manifestanti hanno mostrato cartelli che dicevano: «Non è stata resa giustizia alle vittime», «Dov’è la mente dietro l’attacco della domenica di Pasqua?», «La politica sporca deve finire», «Vigiliamo finché non sarà fatta giustizia».
Alle 8.45 sono suonate le campane e sono stati osservati due minuti di silenzio.
Alle 18 si è tenuta una Messa nella chiesa di Katuwapitiya, seguita da una camminata di preghiera fino alla chiesa di Kochichikade, a cui si sono uniti in preghiera sacerdoti, suore, giovani dell’arcidiocesi e le famiglie delle vittime.
«Abbiamo organizzato questa catena umana per dimostrare che il nostro popolo è più potente della sua politica», ha detto padre Jude Chrishantha, direttore della comunicazione della diocesi di Colombo. «Chiediamo al governo di ascoltare il messaggio che viene dal cuore silenzioso delle vittime. Vedo che la gente non chiede solo giustizia per l’attacco di Pasqua, ma chiede anche soluzioni per il nostro Paese che sta soccombendo a causa di questa politica vergognosa», ha aggiunto il sacerdote.
Il cardinale Ranjith ha affermato che «abbiamo bisogno di un’indagine nuova e trasparente per scoprire perché i ripetuti avvertimenti precedenti gli attacchi non sono stati presi sul serio, per capire perché all’attentatore suicida che si è fatto esplodere a Dehiwela è stato permesso di farlo, perché non è stato arrestato. Abbiamo bisogno di una nuova indagine per trovare risposte a queste domande».
Il nunzio apostolico, l’arcivescovo Brian Udaigwe, ha detto che lo Sri Lanka ha la piena benedizione di Papa Francesco nei suoi sforzi per rendere giustizia a coloro che sono stati colpiti dagli attacchi.
Finora sono stati accusati come responsabili degli attentati due gruppi musulmani, ma nessuno è stato condannato. A gennaio la Corte suprema dello Sri Lanka aveva stabilito che l’inerzia dell’allora presidente Maithripala Sirisena aveva portato agli attentati dinamitardi, ordinandogli di pagare un risarcimento alle famiglie delle vittime.
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Immagine da AsiaNews.
Terrorismo
Due militari e un civile statunitensi uccisi da un «uomo armato dell’ISIS» in Siria. Trump promette la ritorsione
Il Comando centrale degli Stati Uniti (CENTCOM) ha annunciato sabato che personale militare e civile americano è rimasto vittima di un’imboscata tesagli da un «lupo solitario dell’ISIS» in Siria, con un bilancio di tre morti e tre feriti.
Secondo le forze armate USA, l’attentatore è stato «neutralizzato e ucciso» nel corso dell’azione. Il CENTCOM non ha precisato il luogo esatto dell’incidente né ha reso note le identità delle vittime, in linea con le procedure del Pentagono.
Il presidente Donald Trump ha promesso una «ritorsione molto seria» per l’attacco, attribuendone la responsabilità al gruppo terroristico Stato Islamico (IS, ex ISIS)
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«Si è trattato di un attacco dell’ISIS contro gli Stati Uniti e la Siria, avvenuto in una zona molto pericolosa del Paese non completamente sotto controllo», ha scritto Trump su Truth Social. «Il presidente siriano Ahmed al-Sharaa è estremamente indignato e sconvolto per questo episodio».
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Stando ai media locali, l’agguato è avvenuto nelle vicinanze di Palmira, nella Siria centrale, dove una pattuglia mista composta da forze governative siriane e truppe statunitensi è stata presa di mira. Nell’attacco sono rimasti feriti almeno due militari siriani.
Dopo l’episodio, il traffico sull’autostrada Damasco-Deir ez-Zor è stato temporaneamente interrotto e l’area attorno a Palmira è stata isolata. Diversi velivoli militari americani sono stati avvistati sorvolare la zona a bassa quota, come documentato da video circolati online.
Il Ministero dell’Interno siriano ha dichiarato di aver allertato in anticipo la coalizione a guida statunitense su un «possibile» attacco dell’ISIS. Il portavoce Anwar al-Baba, in un intervento televisivo, ha tuttavia lamentato che precedenti segnalazioni su una «possibile infiltrazione dell’ISIS» erano state ignorate dalle «forze alleate».
Le Forze Democratiche Siriane (SDF), a guida curda e che controllano il Nord-Wst della Siria, hanno rivolto agli Stati Uniti le «più sentite condoglianze» per l’accaduto. Le SDF, storiche alleate di Washington nella regione, hanno rinnovato l’impegno a «contrastare il terrorismo» e promesso una risposta «decisa e immediata» nei confronti dei responsabili e di chi li sostiene.
Nella nota, le SDF non hanno fatto cenno al governo di Damasco, con il quale i rapporti restano tesi. Da mesi Damasco tenta di riportare sotto il proprio controllo diretto i territori SDF, senza però ottenere risultati concreti.
Gli Stati Uniti mantengono da anni una presenza militare in Siria, sostenendo le SDF nel nord-est e gruppi ribelli minori nel sud del Paese. Dopo il repentino collasso del regime di Bashar al-Assad alla fine dell’anno scorso e l’ascesa al potere degli islamisti guidati da al-Sharaa, il Pentagono ha ampliato la cooperazione militare anche con le nuove autorità.
Negli ultimi mesi, forze di sicurezza statunitensi e siriane hanno effettuato numerose operazioni congiunte, presumibilmente dirette contro le cellule dell’ISIS. Gli USA avevano schierato fino a 2.000 militari in Siria, ma l’amministrazione Trump ha annunciato all’inizio del 2025 l’intenzione di ridurre la presenza e il numero di basi gestite dal Pentagono nel Paese.
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Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr
Terrorismo
Il sospettato di terrorismo saudita che ha ucciso 6 persone e ne ha ferite centinaia al mercatino di Natale tedesco si scaglia contro le vittime durante il processo
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Terrorismo
L’afghano della sparatoria di Washington aveva collaborato con la CIA
Rahmanullah Lakanwal, il presunto responsabile dell’attentato mortale contro due militari della Guardia Nazionale a Washington DC, aveva collaborato con la CIA durante l’occupazione americana dell’Afghanistan.
Mercoledì l’uomo, cittadino afghano, ha aperto il fuoco a bruciapelo contro due appartenenti alla Guardia Nazionale della Virginia Occidentale che stavano effettuando un pattugliamento. Il giorno dopo è deceduta la specialista dell’Esercito Sarah Beckstrom, mentre il sergente maggiore dell’Aeronautica Andrew Wolfe versa ancora in condizioni critiche.
Secondo le autorità, Lakanwal è arrivato negli Stati Uniti nel settembre 2021 grazie a un visto speciale riservato agli afghani a rischio – inclusi quelli che avevano lavorato con le forze occidentali – dopo la riconquista talebana del Paese.
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Giovedì il direttore della CIA John Ratcliffe ha confermato che il sospettato era stato ammesso negli USA «in virtù del suo precedente impiego con il governo statunitense, compresa la CIA, come membro di una forza partner a Kandahar», rapporto terminato subito dopo l’evacuazione caotica dell’agosto 2021.
«Questo individuo – e purtroppo tanti altri come lui – non avrebbe mai dovuto mettere piede qui», ha dichiarato Ratcliffe, facendo eco alle dure critiche del presidente Donald Trump nei confronti del «disastroso» ritiro ordinato dall’amministrazione Biden.
Anche il direttore dell’FBI Kash Patel ha confermato che Lakanwal «manteneva rapporti in Afghanistan con forze alleate» e che tali legami sono attualmente oggetto di indagine.
Il servizio pashto della BBC ha intervistato un ex comandante che aveva operato accanto a Lakanwal: questi lavorava come specialista GPS in un’unità denominata Scorpion Forces, inizialmente sotto il controllo diretto della CIA e poi passata alla Direzione Nazionale per la Sicurezza afghana. Sempre secondo l’ex comandante, Lakanwal contribuì inoltre a proteggere le truppe USA all’aeroporto di Kabul nelle ultime, concitate settimane del ritiro.
Lakanwal ha lasciato Kandahar per Kabul cinque giorni prima dell’ingresso dei talebani nella capitale (agosto 2021) ed è stato evacuato in aereo verso gli Stati Uniti appena sei giorni dopo.
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Immagine screenshot da YouTube
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