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Gender

DDL Zan. Per favore, andiamo oltre

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Qualche lettore si sarà accorto di come abbiamo ignorato la questione della disfatta del DDL Zan.

 

L’affossamento del decreto sull’omotransfobia ha scaldato il cuore delle destre, e galvanizzato i residui di cattolicesimo para-istituzionale rimasto.

 

Calderoli al Corriere ha dichiarato di aver «goduto» quando ha visto in azione la sua tagliola: il giornale di via Solferino riconosce al dentista orobico una capacità ineguagliata di creare trappole grazie alla sua maxi-competenza delle regole del Parlamento.

 

Il video dei deputati che applaudono a DDL sconfitto ha fatto il giro della rete.

 

 

Tutta questa storia è fantozziana, grottesca, orrorifica.

A noi ricorda, non sappiamo bene perché, una scena fantozziana.

 


Perché fantozziana è tutta questa storia. Fantozziana, grottesca, orrorifica.

I migliori amici di Zan sono i cattolici «attivisti». Sono quelli che, portati dal guinzaglio del manovratore ad abbaiare sul sintomo, ignorano totalmente il quadro generale, e quindi la gravità dell’azione del Male. Sono loro che stanno dando una vera mano alla riedificazione di Sodoma – non i liberali, i goscisti, i massoni già conquistati fuori, ma dentro chissà…

 

Hanno evitato il problema grazie ai voti di quello che ha istituito in Italia le «unioni civili», cioè il matrimonio gay detto in lingua orwelliana.

 

Lui è in volo verso il paradiso spiritualliberale dell’Arabia Saudita, dove la liwat – la sodomia – è punita con lapidazione fino alla morte se l’uomo è sposato, mentre se è scapolo solo 100 frustate in pubblica piazza e esilio per un anno.

 

Aggiungeteci che il suo ospite wahabita, che da buon fiorentino Renzi definisce un principe rinascimentale, è accusato di essere mandante dello squartamento del giornalista Jamal Khashoggi. Chissà se il leader di Italia Viva, già esperto di docuserie TV, ha visto il documentario Netflix The Dissident, dove fa rabbrividire un dettaglio rivelato: Khashoggi sarebbe stato ucciso nella stanza riunioni del consolato, dove c’è un dispositivo per le teleconferenze.

 

Hanno evitato il problema grazie ai voti di quello che ha istituito in Italia le «unioni civili», cioè il matrimonio gay detto in lingua orwelliana.

Ma stiamo divagando.

 

Cosa credono di aver risolto? Credono che non si ripresenterà tra sei mesi, più agguerrito che mai, magari con il vento in poppa della UE, della CEDU, del Dipartimento di Stato USA, di papa Francesco?

Credono davvero – seguaci della scienza della tachipirina più vigile attesa – che curando il sintomo sparisca la malattia?

 

La malattia, loro, la sanno nominare? No, perché essi stessi ne sono infetti. Quelli che gioiscono, e si spellano le mani per il tracollo del DDL del bavaglio genderista, sono in realtà degli zombie. Da decenni.

 

La malattia si chiama Stato moderno. Esso è fondato sulla corruzione progressiva dell’integrità spirituale dell’uomo. Compromesso dopo compromesso, partiti di destra e cattolici hanno accettato tutto – e generato il mostro che adesso fingono di saper, voler combattere.

 

Cosa credono di aver risolto? Credono che non si ripresenterà tra sei mesi, più agguerrito che mai, magari con il vento in poppa della UE, della CEDU, del Dipartimento di Stato USA, di papa Francesco?

Hanno accettato il divorzio, e come risultato abbiamo avuto la disintegrazione della famiglia e un cospicuo aumento di omosessuali: senza il padre per casa, può capitare.

 

Hanno accettato la contraccezione, e come risultato abbiamo avuto lo sdoganamento dell’aborto.

 

Hanno accettato l’aborto, e come risultato abbiamo avuto l’accettazione delle fecondazione in provetta, che oggi uccide più embrioni di quanti ne uccida la legge 194/78.

 

Hanno accettato (anzi, hanno promosso) la riproduzione artificiale in vitro, e il risultato è che ci troviamo con feti torturati in laboratorio per produrre vaccini e ogni altra ricerca scientifica, ratti umanizzati, embrioni chimera, SHEEFS («entità umane sintetiche con caratteristiche embrionali») e via, giù per l’abisso della biologia sintetica.

 

Credono davvero – come la scienza della tachipirina più vigile attesa – che curando il sintomo sparisca la malattia?

Ora, dovremmo gioire perché hanno fermato una legge che riguarda i travestiti?

 

Davvero: siete seri?

 

Nel momento in cui ogni vostro diritto costituzionale è calpestato, ogni vostra libertà infusa in voi dalla legge naturale è violata, state a difendere questa micro-cazzata?

 

La malattia, loro, la sanno nominare? No, perché essi stessi ne sono infetti. Quelli che gioiscono, e si spellano le mani per il tracollo del DDL del bavaglio genderista, sono in realtà degli zombie. Da decenni.

Sì. Perché questo è quello che sono, oramai da anni, le lotte «cattoliche» in Italia: un’arma di distrazione di massa. Ti fanno ringhiare contro la liberticida legge Zan, mentre il manovratore permette ad una multinazionale straniera di toglierti la libertà di espressione.

 

Davvero: con Facebook che censura e espelle probabilmente una buona parte del pensiero conservatore del Paese, ci parlate della libertà di parola salvata con l’affossamento della Zan? Finché i politici non muovono un dito per ripristinare la sovranità della legge italiana (e della civiltà del diritto) sui server dei social media, come si fa a non sentirsi presi per i fondelli?

 

Svegliatevi: la Zan non sarà passata, ma se provate a dire cosa pensate sui social media, venite cancellati in un nanosecondo. Mica solo in Italia: guardate al caso del deputato USA Jim Banks, sospeso da Twitter perché aveva osato dire che Rachel Levine, nato Richard Levine – la prima assistente segretaria alla Salute transessuale nella storia del governo americano – è un uomo (il Levine ci aveva messo del suo: è stata fotografato con una uniforme da ammiraglio).

 

Non c’è che dire: la libertà di parola, grazie alla destra italiana e ai grupponi pro-vita, ora è salva.

 

La malattia si chiama Stato moderno. Esso è fondato sulla corruzione progressiva dell’integrità spirituale dell’uomo. Compromesso dopo compromesso, partiti di destra e cattolici hanno accettato tutto – e generato il mostro che adesso fingono di saper, voler combattere.

Che volete farci. Dovete accettarlo, e rallegrarvi sommamente. Dovete focalizzarvi sulle baruffe chiozzotte di Fedez con barbuti pro-life a caso, cui si dà massima copertura mediatica: nel frattempo, il manovratore inietta a voi e ai vostri figli tanti barili di mRNA da trasformarvi, se vogliono, in un caimano jacaré.

 

Gioite perché potete ancora dire «transessuale» ad un transessuale, in un mondo dove però se volete andare a lavorare come prima ci sono lacrimogeni e manganelli. Alé applausi. Goduria.

 

È il solito discorso. Specchietto per le allodole. Stalking horse. Tutti vi dicono di sbavare contro un bersaglio di cartapesta, così non vi accorgete che la manovra per fregarvi è un’altra.

 

Per un momento, quindi, ci siamo pure sentiti sollevati, ammettiamo: ma non per la legge affossata, ma perché abbiamo immaginato la soffitta per tutta la ridda di enti inutili che hanno messo in scena la battaglia cosmetica contro l’omosessualismo istituzionale di questi anni. I vari Family Day in vacanza, in naftalina, in freezer, nel cassonetto differenziato, dove volete, basta non vederli più. Dai, hanno vinto. Un po’ di meritato riposo, no?

Nel momento in cui ogni vostro diritto costituzionale è calpestato, ogni vostra libertà infusa in voi dalla legge naturale è violata, state a difendere questa micro-cazzata?

 

La lista degli enti inutili divenuti ora ancora più inutili, dai partiti in giù, è lunghissima. Tuttavia c’è un pensiero che ci assilla.

 

Come sia possibile credere che vari gruppi che prendono gli ordini da una realtà ora costituita probabilmente in maggioranza da omosessuali – la chiesa cattolica moderna – stiano davvero facendo una lotta al gender, davvero non lo comprendiamo.

 

La cosa porterebbe al paradosso dei paradossi, che in realtà conosciamo bene: i migliori amici di Zan e Fedez sono proprio quelli con cui si azzannano sui media. Sono quei cattolici che «ho tanti amici gay», «niente contro i gay», «ognuno è libero», etc. Sono loro che stanno dando una vera mano alla riedificazione di Sodoma – non i liberali, i goscisti, i massoni: quelli sono già conquistati fuori, ma dentro chissà…

 

Come sia possibile credere che vari gruppi che prendono gli ordini da una realtà costituita oramai in maggioranza da omosessuali – la chiesa cattolica moderna – stiano davvero facendo una lotta al gender, davvero non lo comprendiamo.

No, i migliori amici di Zan sono i cattolici «attivisti». Sono quelli che, portati dal guinzaglio del manovratore ad abbaiare sul sintomo, ignorano totalmente il quadro generale, e quindi la gravità dell’azione del Male.

 

Se hai accettato il divorzio, cioè la distruzione della famiglia, come puoi opporti al matrimonio omosessuale?

 

Se hai accettato l’aborto, cioè il sacrificio umano, come puoi opporti alla fecondazione in provetta?

 

E se hai accettato la fecondazione in provetta, come puoi opporti all’utero in affitto, e quindi alla possibilità dei gay di «avere» figli, perfino con relazione semi-genetica?

 

E da lì, ti potrai opporre al trapianto di utero? E all’utero artificiale?  E alla gametogenesi? E all’obbligo del bambino interamente sintetico creato con il CRISPR?

 

Non puoi. Non logicamente, non giuridicamente, non all’interno di quello Stato moderno basato su una (supposta, molto supposta) assenza di etica. Ed è il motivo per cui la battaglia della democristianeria, ora festante per qualche minuto ancora, è persa in partenza.

 

Nell’ora presente, dove il mondo è divenuto un’inferno di sorveglianza bioelettronica, dove ci è impedito di riunirci, di esprimerci, di abbracciarci, di mostrare il nostro volto, dove la guerra civile biotica potrebbe essere alle porte, dove la libertà di movimento è compromessa, dove l’abominio del sacrificio umano dell’innocente è distribuito via ago a miliardi di esseri umani, della legge Zan e del suo iter parlamentare davvero non ce ne frega un cazzo

Quindi, scusate se tiriamo dritto. Andiamo oltre senza curarci di questa paginetta ridicola nella storia della lotta contro la Necrocultura.

 

Nell’ora presente, dove il mondo è divenuto un’inferno di sorveglianza bioelettronica, dove ci è impedito di riunirci, di esprimerci, di abbracciarci, di mostrare il nostro volto, dove l’apartheid biomolecolare è realtà, dove la guerra civile biotica potrebbe essere alle porte, dove la libertà di movimento è compromessa, dove l’abominio del sacrificio umano dell’innocente è distribuito via ago a miliardi di esseri umani, della legge Zan e del suo iter parlamentare davvero non ce ne frega un cazzo.

 

Perdonate il francesismo. Ma è proprio così.

 

Per favore, passiamo oltre.

 

 

 

Gender

Papa Francesco dice alla suora pro-LGBT che i transessuali «devono essere integrati nella società»

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Papa Francesco ha detto alla suor Jeannine Gramick, eterodossa e censurata dal Vaticano, che «le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società». Lo riporta LifeSiteNews.

 

I commenti del romano pontefice sono arrivati ​​in risposta a una lettera inviata da suor Gramick, in cui la religiosa pro-LGBT esprimeva la sua «tristezza e il mio disappunto per l’uso del concetto di “ideologia di genere”» nel documento recentemente pubblicato Dignitas infinita.

 

Pubblicata l’8 aprile, la dichiarazione vaticana Dignitas infinita critica la «teoria del gender». Citando la controversa enciclica Amoris Laetitia, l’autore della dichiarazione, il cardinale argentino Victor Manuel Fernandez – noto alle cronache, oltre che per encicliche contestate come la omosessualista Fiducia Supplicans, anche per libri di carattere erotico-spirituale come quelli sul bacio e sull’orgasmo – ha scritto che l’ideologia di genere «prospetta una società senza differenze di sesso, e svuota la base antropologica della famiglia».

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«La teoria del gender è che essa vuole negare la più grande possibile tra le differenze esistenti tra gli esseri viventi: quella sessuale», scrive la dichiarazione, aggiungendo che sono «da respingere tutti quei tentativi che oscurano il riferimento all’ineliminabile differenza sessuale fra uomo e donna».

 

Significativamente, tuttavia, il documento non fa menzione dell’omosessualità.

 

Rivelando i dettagli della comunicazione del Papa con lei, suor Gramick ha sottolineato di aver scritto al pontefice per la prima volta dopo la pubblicazione di Dignitas Infinita. Affermando di essere stata «molto triste» fin dalla sua pubblicazione, Gramick ha affermato che la «sezione del documento sulla teoria del genere, che condanna “l’ideologia di genere”, sta danneggiando» le persone con confusione di genere.

 

La suora filo-omotransessualista ha rivelato quindi di aver scritto a Francis «per raccontargli la mia tristezza e la mia delusione per l’uso del concetto di «ideologia di genere».

 

«Ho scritto di nuovo al nostro amato papa, dicendogli che, sfortunatamente negli Stati Uniti (e in altre parti del mondo), “ideologia di genere” ha un significato diverso» scrive la religiosa. «Non significa annullare o non rispettare le differenze. È vero il contrario: chi usa quel termine non considera né rispetta la storia e l’esperienza di genere di una persona. Credo che le persone che usano il termine “ideologia di genere” molto probabilmente non hanno mai accompagnato persone transgender».

 

Secondo suor Gramick, cofondatrice del gruppo catto-LGBT «New Ways Ministry», il papa avrebbe risposto che «l’ideologia di genere è qualcosa di diverso dalle persone omosessuali o transessuali. L’ideologia di genere rende tutti uguali senza rispetto per la storia personale. Capisco la preoccupazione per quel paragrafo di Dignitas Infinita, ma non si riferisce alle persone transgender ma all’ideologia di genere, che annulla le differenze. Le persone transgender devono essere accettate e integrate nella società».

 

Suor Gramick ha portato avanti la tesi, ritenuta da alcuni blasfema, secondo la quale Dio crea le persone con una differenza fondamentale nella loro identità fisica e in quella della loro anima, sostenendo che una persona confusa dal genere «si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».

 

«Le persone transgender non cancellano né negano le differenze sessuali o di genere. È proprio perché una persona transgender sa che esistono differenze di genere che si rende conto che il suo corpo non corrisponde alla sua anima».

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Suor Gramick, scrive LifeSite, «ha una lunga storia di dissenso dall’insegnamento cattolico sull’omosessualità e l’aborto ed è stato ufficialmente censurata da papa Giovanni Paolo II e dal cardinale Joseph Ratzinger nel 1999 ma ha ignorato l’ordine». Recentemente la suora «ha sostenuto che la Chiesa dovrebbe aiutare ad affermare gli individui che si identificano come transgender nella le loro identità sbagliate, suggerendo che Dio “intende” che tali persone abbraccino le loro tendenze disordinate e si presentino falsamente come il sesso opposto», secondo il sito prolife canadese.

 

«La Chiesa dovrebbe aiutare a rimuovere il dolore in modo che la persona possa diventare una cosa sola nella mente e nel corpo come Dio intende», ha detto la suora, accusando la Chiesa di imporre un «serio fardello» alle persone che hanno confusione riguardo al proprio sesso affermando la realtà della loro natura sessuata.

 

Nonostante la sua lunga storia di eterodossia e di sostegno a posizioni che contravvengono all’insegnamento cattolico, Gramick ha trovato negli ultimi anni il favore di Papa Francesco, ricevendo numerose lettere da lui a sostegno del suo gruppo pro-LGBT e del suo attivismo personale.

 

Durante l’incontro del Sinodo sulla sinodalità del 2023, è stata ricevuta dal Papa in un’udienza privata concessa a lei e ai suoi colleghi della New Ways Ministry, il gruppo che ha co-fondato nel 1977 con il sacerdote dissidente Robert Nugent. L’udienza papale è stata descritta come l’occasione per evidenziare una «nuova apertura» al lavoro della Gramick.

 

Nel 1999 il Prefetto della Congregazione della Fede cardinale Joseph Ratzinger, futuro papa Benedetto XVI, firmava la notifica sul caso di suor Gramick e di padre Nugent.

 

«La diffusione di errori ed ambiguità non è coerente con un atteggiamento cristiano di vero rispetto e compassione: le persone che stanno combattendo con l’omosessualità hanno, non meno di altre, il diritto di ricevere l’autentico insegnamento della Chiesa da coloro che li seguono pastoralmente», scriveva il documento co-firmato dall’allore Segretario della CDF Tarcisio Bertone.

 

«Le ambiguità e gli errori della posizione di padre Nugent e di suor Gramick hanno causato confusione fra i Cattolici ed hanno danneggiato la comunità della Chiesa. Per questi motivi a Suor Jeannine Gramick, SSND, ed a Padre Robert Nugent, SDS, è permanentemente vietata ogni attività pastorale in favore delle persone omosessuali ed essi non sono eleggibili, per un periodo indeterminato, ad alcun ufficio nei loro rispettivi Istituti religiosi.

 

«Penso che nel lungo termine… Papa Francesco stia gettando le basi per un cambiamento nella sessualità», aveva detto Gramick lo scorso autunno, in risposta a una domanda sulla possibilità di «un cambiamento sostanziale nell’insegnamento della Chiesa sull’omosessualità».

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I segni del favore di Bergoglio nei confronti dei transessuali si sono moltiplicati negli anni del suo enigmatico papato.

 

Come riportato da Renovatio 21, nel 2015 il Dicastero aveva risposto negativamente alla stessa richiesta.

 

I segni di avvicinamento al transgenderismo, in effetti, si sono moltiplicati lungo tutto il papato bergogliano.

 

A fine gennaio 2015, un «uomo transgender» – nato in Ispagna come donna – dichiarò di aver avuto un’udienza privata con il papa, dove, secondo alcuni articoli di giornale, Bergoglio avrebbe «abbracciato» il 48enne transessuale.

 

A Napoli, sempre nel 2015, il romano pontefice, fu riportato dai media globali mangiò con «carcerati gay e transessuali».

 

Come riportato da Renovatio 21, l’anno scorso il pontefice ha incontrato dei trans in «pellegrinaggio» in Vaticano. «Gli ho baciato la mano, lui ha baciato la mia» avrebbe detto il trans paraguagio Laura. Nel 2020 invece aveva devoluto un obolo una tantum a dei trans sudamericani del litorale romano che a causa del lockdown si erano dovuto rivolgere in parrocchia. Arrivò l’elemosiniere, il polacco cardinale Krajewski, già noto per aver ridato la corrente ad un centro sociale, per saldare bollette e affitti e procurare generi di prima necessità. Nel 2015 papa Francesco aveva invece ricevuto in Vaticano un transessuale spagnuolo.

 

Come riportato da Renovatio 21l’ambasciata USA presso la Santa Sede sei mesi fa ha celebrato il «Transgender Day of Remembrance», il «giorno del ricordo transgender che offre un omaggio «a quelli della comunità transgender che sono stati assassinati a causa dell’odio». Durante il mese di giugno, l’ambasciata statunitense issò una grande bandiera omotransessualista – e immaginiamo abbiano fatto lo stesso anche all’ambasciata di Riyadh o di Islamabad. Ad ogni modo, non è noto se la Santa Sede abbia protestato.

 

Lo scorso novembre, in un segno ulteriore e sempre più definitivo, papa Francesco ha presieduto un pasto in Aula Paolo VI dove erano presenti anche «quarantaquattro individui transgender e quattro volontari» provenienti dalla parrocchia di Torvajanica (Roma), che da alcuni anni si dedica all’accoglienza e all’instaurazione di amicizia con queste persone.

 

 

L’agenzia Associated Press ha pubblicato un video dell’evento che seguiva i trans sin da quando sono saliti in pulmino. Il filmato si chiude con un’immagine della Basilica di San Pietro vista da via della Conciliazione e la scritta «Papa Francesco ha fatto dell’apertura alla comunità LGBTQ+ uno dei segni principali del suo papato».

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale Fernandez aveva fatto un’ulteriore «apertura» magisteriale nei confronti dell’omotransessualismo firmando per Dicastero della Dottrina della Fede, assieme al pontefice un documento in cui apriva per i transgender la possibilità di fare da padrini (madrine, o quello che è) ai battesimi.

 

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L’autrice di un rapporto sanitario sulla medicina transgender riceve la protezione della polizia

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.   L’autrice della recente analisi dei servizi di identità di genere per bambini e giovani in Gran Bretagna ha dichiarato al Times (di Londra) di aver bisogno della protezione della polizia dopo la pubblicazione del rapporto.   La professoressa Hilary Cass ha affermato di aver subito abusi online e che le era stato detto di non utilizzare i trasporti pubblici.   Ironicamente, il suo rapporto affermava che i bambini erano stati delusi da un discorso pubblico «tossico» sul genere.   La professoressa Cass ha dichiarato al Times: «sono stata davvero frustrata dalle critiche, perché si tratta di pura disinformazione. È completamente impreciso».   «Al momento stanno arrivando alcune email piuttosto orribili, dalla maggior parte delle quali il mio team mi sta proteggendo, quindi non riesco a vederle», ha detto.   «Ciò che mi sgomenta è quanto infantile possa diventare il dibattito. Se non sono d’accordo con qualcuno allora mi chiamano transfobica o TERF [femminista radicale trans-esclusiva]».   Ha anche detto che molti membri del personale delle cliniche di genere non hanno collaborato. Secondo il Times: «sei cliniche avevano ostacolato la sua revisione rifiutandosi di collaborare con la ricerca sull’impatto a lungo termine della prescrizione di bloccanti della pubertà e di ormoni sessuali. Ha descritto la loro incapacità di condividere i dati come “coordinata” e “motivata ideologicamente”».   NHS England ha annunciato che verrà effettuata una seconda revisione nelle cliniche di genere per adulti.   La professoressa Cass ha detto al Times che non avrebbe preso parte alla relazione sugli adulti dopo gli abusi subiti nelle ultime settimane. Ha detto: «L’avete sentito proprio qui: non farò la revisione della clinica sul genere per adulti».   Michael Cook   Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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Accontentato il canadese che aveva chiesto al governo di pagare l’operazione per avere sia un pene che la vagina

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Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

 

Un uomo dell’Ontario ha ottenuto il diritto a un intervento chirurgico di affermazione di genere negli Stati Uniti finanziato dal governo che gli darà sia una vagina che un pene.

 

Un collegio di tre giudici della Divisional Court dell’Ontario ha stabilito all’unanimità che rifiutarsi di coprire la procedura violerebbe i suoi diritti costituzionalmente riconosciuti dalla Carta.

 

Al centro del caso c’è K.S., un 33enne nato maschio, ma che ora si identifica come un «dominante femminile» non binario. Usa un nome femminile. Secondo lui, l’intervento più appropriato per sostenere la sua identità di genere è una «vaginoplastica con conservazione del pene», una procedura offerta presso il Crane Center for Transgender Surgery di Austin, in Texas. Non è disponibile in Canada.

 

Secondo un articolo del National Post, K.S. ha sostenuto che «costringerlo a farsi rimuovere il pene invaliderebbe la sua identità e sarebbe simile a un atto illegale di terapia di conversione».

 

Secondo il National Post:

 

«Solo perché la vaginoplastica è elencata come un servizio assicurato non significa che nessun tipo di vaginoplastica sia qualificabile, ha sostenuto l’OHIP in tribunale».

 

«La corte non è stata d’accordo. La vaginoplastica e la penectomia sono elencati come servizi distinti e separati nell’elenco degli interventi chirurgici dell’Ontario ammissibili al finanziamento, ha affermato la corte. “Il fatto che la maggior parte delle persone che si sottopongono ad un intervento di vaginoplastica lo facciano con modalità che comportano anche una penectomia” non cambia la disposizione. Se la provincia avesse voluto assicurare un solo tipo di vaginoplastica (vaginoplastica con asportazione del pene), avrebbe dovuto redigere l’elenco in modo diverso, ha affermato la Corte».

 

È interessante notare che la corte si è basata sugli standard WPATH, che recentemente sono stati attaccati per mancanza di rigore scientifico. Gli standard WPATH «si riferiscono espressamente alla vaginoplastica senza penectomia come opzione chirurgica per alcune persone non binarie», ha scritto il giudice Breese Davies nella sentenza della corte.

 

La Corte ha affermato chiaramente che la «vaginoplastica con conservazione del pene» è una questione di diritti umani. «Il diritto alla sicurezza della persona tutelato dalla Carta tutela la dignità e l’autonomia dell’individuo», si legge nella sentenza. Richiedere a un transgender maschio nato o a una persona non binaria «di rimuovere il proprio pene per ricevere finanziamenti statali per una vaginoplastica sarebbe incoerente con i valori di uguaglianza e sicurezza della persona».

 

Michael Cook

 

Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.

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