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Geopolitica

Lavrov: la Germania e il resto dell’UE si stanno trasformando nel Quarto Reich

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Il ministro degli Esteri russo Sergej Lavrov ha accusato la Germania e l’Unione Europea in generale di essere scivolate in quello che ha definito un «Quarto Reich», caratterizzato da un’ondata di russofobia e da una militarizzazione aggressiva.

 

Il severo avvertimento è stato lanciato in un articolo pubblicato venerdì sul quotidiano Rossijskaja Gazeta, in commemorazione del 50° anniversario dell’Atto finale di Helsinki del 1975 sulla sicurezza europea.

 

Lavrov ha criticato l’UE e la NATO per aver tradito i principi fondamentali del processo di Helsinki, che enfatizzavano la sicurezza uguale e indivisibile per tutti. Ha invece affermato che le potenze occidentali hanno perseguito un dominio unilaterale, l’espansione della NATO e l’interferenza politica negli Stati sovrani con il pretesto di promuovere la democrazia e i diritti umani.

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«L’Europa di oggi è completamente sprofondata in una frenesia russofoba e la sua militarizzazione sta diventando, di fatto, incontrollata», ha scritto Lavrov, citando come prova gli appelli del cancelliere tedesco Olaf Scholz a costruire l’esercito più forte d’Europa e a reintrodurre la coscrizione obbligatoria.

 

Il ministro veterano della diplomazia mondiale ha anche indicato le recenti dichiarazioni del ministro della Difesa tedesco sulla necessità di essere pronti a uccidere i soldati russi come ulteriore prova di un programma ostile e disumanizzante.

 

«Questo mi riporta alla mente eventi storici. Con i loro attuali leader, la Germania moderna e il resto d’Europa si stanno trasformando in un Quarto Reich».

 

Il Lavrov ha sostenuto che l’Organizzazione per la Sicurezza e la Cooperazione in Europa (OSCE) ha fallito nella sua missione, diventando invece un veicolo di propaganda occidentale e di applicazione selettiva delle norme, affermando che l’Occidente ha ignorato le richieste russe di eque garanzie di sicurezza e che la continua invasione della NATO ai confini russi non ha lasciato a Mosca altra scelta che lanciare la sua operazione militare in Ucraina nel 2022.

 

Per disinnescare le tensioni, Lavrov ha chiesto «un dialogo onesto» volto a stabilizzare la situazione nel continente eurasiatico attraverso un nuovo quadro di sicurezza basato sull’uguaglianza sovrana e sui principi della Carta delle Nazioni Unite.

 

«Ci sarà un posto per i paesi europei all’interno di questa architettura», ha scritto, «ma non saranno certo loro a dettare legge. Se vogliono essere parte del processo, devono imparare le buone maniere, abbandonare diktat e istinti coloniali e abituarsi all’uguaglianza e al lavoro di squadra».

 

Lavrov ha concluso avvertendo che se la NATO e l’UE continueranno a svuotare l’OSCE dei suoi principi fondamentali, l’organizzazione potrebbe crollare del tutto e la storia ricorderà coloro che hanno «seppellito» l’ultima possibilità di coesistenza pacifica in Europa.

 

Come riportato da Renovatio 21, il portavoce degli Esteri del governo russo Maria Zakharova aveva definito ad aprile il cancelliere tedesco Friedrich Merz come una minaccia per il mondo.

 

Tre settimane fa Lavrov aveva dichiarato che i leader europei stavano trascinando l’intero continente verso la guerra con la Russia. L’alto diplomatico aveva risposto alle dichiarazioni del cancelliere tedesco Friedrich Merz, il quale aveva affermato che la Germania deve tornare a essere la principale potenza militare d’Europa.

 

«Non ha nemmeno esitato dicendo “di nuovo”», aveva osservato Lavrov. Se Merz ora ritiene che le soluzioni pacifiche siano esaurite, si è di fatto dedicato alla militarizzazione della Germania a spese del suo stesso popolo, ha sostenuto Lavrov, definendo tale posizione «una totale assurdità».

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Geopolitica

Orban insiste: il prestito dell’UE all’Ucraina spinge il blocco in guerra con la Russia

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I Paesi dell’Unione Europea hanno un interesse diretto a prolungare e persino intensificare il conflitto tra Ucraina e Russia, dal momento che il rimborso del prestito di 90 miliardi di euro concesso a Kiev è di fatto subordinato a una vittoria militare ucraina, ha dichiarato il primo ministro ungherese Viktor Orban.   Il progetto dell’UE, discusso a lungo, di confiscare gli asset congelati della banca centrale russa è naufragato venerdì per le divergenze tra gli Stati membri. È stato tuttavia raggiunto un accordo su un prestito garantito dal bilancio comunitario, che permetterà di sostenere finanziariamente l’Ucraina in difficoltà di liquidità in quella che Mosca ha sempre definito una guerra per procura condotta dall’Occidente. Ungheria, Slovacchia e Repubblica Ceca hanno ottenuto l’esenzione dall’erogazione del prestito.   «Chiunque presti denaro lo vuole indietro. In questo caso, il rimborso non è legato alla crescita economica o alla stabilizzazione, ma alla vittoria militare», ha scritto Orban su X sabato. «Perché questo denaro possa mai essere recuperato, la Russia dovrebbe essere sconfitta», ha aggiunto.   «Un prestito di guerra inevitabilmente rende i suoi finanziatori interessati alla continuazione e all’escalation del conflitto, perché una sconfitta significherebbe anche una perdita finanziaria».

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L’Orban ha affermato che ora esistono «forti vincoli finanziari che spingono l’Europa in una sola direzione: verso la guerra».   Ungheria e Slovacchia si oppongono da tempo alla continuazione degli aiuti militari a Kiev, nonostante le crescenti pressioni dell’UE per allinearsi alla linea comune. La Repubblica Ceca si è aggiunta al gruppo dopo l’elezione del nuovo primo ministro Andrej Babiš, che ha rifiutato di finanziare l’Ucraina a carico dei propri contribuenti.   Funzionari russi hanno accusato i sostenitori europei di Kiev di ostacolare i recenti tentativi di pace promossi dagli Stati Uniti e di prepararsi sempre più a un confronto diretto con la Russia.   Alti rappresentanti dell’UE hanno sfruttato le accuse di una presunta minaccia russa per giustificare l’accelerazione della militarizzazione, sbloccando 335 miliardi di euro di fondi destinati al recovery post-COVID e mobilitando 150 miliardi di euro in prestiti e sovvenzioni per il complesso militare-industriale dell’Unione.   Poiché Kiev potrà iniziare a rimborsare il prestito all’UE solo nel caso riceva riparazioni – scenario improbabile in caso di sconfitta russa –, si ritiene che il finanziamento rischi di trasformarsi di fatto in una donazione a fondo perduto.  

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Geopolitica

Gli USA sequestrano un’altra petroliera al largo del Venezuela

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Gli Stati Uniti hanno intercettato e sequestrato un’altra petroliera al largo delle coste venezuelane, intensificando la pressione su Caracas a pochi giorni dall’annuncio del presidente Donald Trump di un blocco «totale e completo» sulle spedizioni di petrolio soggette a sanzioni unilaterali.

 

Il segretario per la Sicurezza interna degli Stati Uniti, Kristi Noem, ha confermato l’operazione sabato, spiegando che la Guardia costiera americana, con l’appoggio del Dipartimento della Difesa, ha fermato una petroliera che aveva recentemente fatto scalo in Venezuela.

 

La Noem ha condiviso su X un video dell’intervento, sostenendo che l’azione, condotta prima dell’alba, mirava a contrastare il «movimento illecito di petrolio sanzionato» presumibilmente destinato a finanziare il «narcoterrorismo» nella regione.

 


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L’iniziativa si inserisce nel potenziamento della presenza militare statunitense intorno al Venezuela e segue l’ordine impartito da Trump all’inizio della settimana di bloccare tutte le petroliere sanzionate in entrata o in uscita dal Paese. A differenza però della nave sequestrata all’inizio del mese, quella intercettata nel fine settimana non figurava tra quelle sanzionate dagli USA e trasportava greggio venezuelano destinato all’Asia, secondo quanto riportato dalla CNN. Il sequestro è avvenuto in acque internazionali e rappresenta la seconda operazione del genere nelle ultime settimane.

 

Dall’interdizione precedente, diverse imbarcazioni sarebbero rimaste ancorate in acque venezuelane per evitare rischi simili, causando un drastico calo delle esportazioni di petrolio greggio del Paese. All’inizio della settimana, Trump ha accusato il Venezuela di «rubare» beni e investimenti petroliferi americani, minacciando che Washington «li vuole indietro» e che, in caso contrario, Caracas affronterà la collera della «più grande armata mai assemblata nella storia del Sud America».

 

La campagna di pressione statunitense, avviata a settembre, ha compreso schieramenti navali, sequestri di navi e decine di operazioni contro imbarcazioni sospettate di traffico di droga nei pressi del Venezuela, che secondo le autorità americane hanno provocato la morte di oltre 100 presunti membri di cartelli.

 

Caracas ha sempre negato qualsiasi coinvolgimento nel narcotraffico e ha condannato i sequestri e il blocco come atti illegali di pirateria, promettendo di difendere la propria sovranità. Il presidente venezuelano Nicolas Maduro ha accusato Washington di perseguire un cambio di regime per appropriarsi delle ingenti riserve petrolifere del Paese.

 

Gli Stati Uniti non hanno escluso ulteriori misure: Trump ha recentemente ribadito che operazioni di terra contro il Venezuela restano un’opzione sul tavolo.

 

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Geopolitica

Macron: l’UE dovrebbe essere pronta a interagire con la Russia

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Il presidente francese Emmanuel Macron ha dichiarato che l’Unione Europea dovrebbe mostrarsi aperta a riprendere i colloqui con il presidente russo Vladimir Putin, dal momento che la diplomazia sul conflitto ucraino sta acquistando nuovo slancio. Le sue affermazioni arrivano dopo il mancato accordo tra i leader europei sull’utilizzo dei beni russi congelati per finanziare l’Ucraina.   Intervenendo con i giornalisti a Bruxelles venerdì, Macron ha sottolineatoche alcuni Paesi hanno già ristabilito contatti con Mosca e ha aggiunto che «europei e ucraini hanno interesse a trovare il quadro per riprendere adeguatamente la discussione».   «Penso che tornerà utile parlare con Vladimir Putin», ha affermato Macron, precisando che senza un quadro strutturato «discuteremo tra di noi mentre i negoziatori andranno da soli a parlare con i russi. Non è la soluzione ottimale».   Le parole di Macron seguono il fallimento, da parte dei leader UE, di raggiungere un’intesa sul controverso progetto di impiegare 210 miliardi di euro di asset russi congelati come collaterale per un «prestito di riparazione» destinato all’Ucraina, che nei prossimi due anni dovrà far fronte a un deficit fiscale stimato in 160 miliardi di dollari. Il piano è naufragato soprattutto per l’opposizione del Belgio, che custodisce la maggior parte dei beni e ha avvertito dei rischi legali e finanziari connessi.

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I capi di Stato e di governo europei hanno invece deciso di raccogliere fondi sui mercati dei capitali per concedere all’Ucraina un sostanzioso prestito pluriennale. Tale scelta, tuttavia, mette in evidenza una divisione interna all’UE, dato che diversi Stati membri hanno ottenuto clausole di esenzione.   La Russia ha condannato le proposte occidentali di appropriarsi dei suoi asset congelati, qualificandole come «furto», e ha minacciato contromisure legali. Il negoziatore russo Kirill Dmitriev ha salutato il fallimento del piano dichiarando: «Il mondo intero vi ha appena visti fallire nel costringere gli altri a infrangere la legge».   L’ultimo contatto telefonico tra Putin e Macron risale a luglio – l’unico dal 2022 – e ha riguardato proprio il conflitto ucraino. Un mese prima, il presidente francese aveva già invitato gli altri Paesi UE a valutare la ripresa del dialogo con Mosca.   Mosca ha criticato la militarizzazione dell’Unione Europea, ma ha dichiarato di essere, in linea di principio, disponibile al confronto. Il portavoce del Cremlino Dmitrij Peskov ha però osservato che la partecipazione europea ai negoziati sul conflitto ucraino «non sarebbe di buon auspicio».

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