Spirito
Mons. Strickland chiede alla Santa Sede di «riconsiderare» la nomina del controverso cardinale a Washington
Renovatio 21 traduce e ripubblica un testo scritto su Facebook da monsignor Joseph Strickland, già vescovo di Tyler, Texas, che commenta la scelta del Vaticano di insediare il cardinale Robert McElroy all’arcidiocesi della capitale americana Washington. Come riportato da Renovatio 21, McElroy è noto per le sue sue posizioni su diaconato femminile e omotransessualismo; siti cattolici hanno fatto notare la sua affiliazione ideologica con l’ex arcivescovo di Washington Theodor McCarrick, travolto da infinite storie di abusi sistematici. Ad una riunione della Conferenza Episcopale USA McElroy si oppose ad una dichiarazione pro-life, trovando a rispondergli l’ex arcivescovo di Philadelphia Charles Chaput e lo stesso monsignor Strickland. Come vescovo di San Diego, McElroy aveva severamente proibito le celebrazioni in rito antico – la cosiddetta Messa in Latino.
Come pastori del gregge di Cristo, i vescovi sono chiamati a essere vigili nel salvaguardare l’integrità della Chiesa e le anime affidate alle nostre cure. È con profonda preoccupazione e profondo senso del dovere che affronto la nomina del cardinale Robert McElroy a Washington, DC, una decisione che solleva gravi questioni morali e pastorali.
I gravi scandali di abusi e la loro copertura hanno ferito il Corpo di Cristo e la fiducia nella gerarchia è stata profondamente scossa. I fedeli hanno il diritto di esigere responsabilità, trasparenza e leadership radicata nella verità e nella giustizia. La collocazione di un prelato con una storia di fallimenti in queste aree, in particolare in una delle sedi più influenti del paese, rischia di favorire l’erosione della fiducia in un momento in cui la Chiesa ha disperatamente bisogno di guarire e di rimanere salda nella sua testimonianza a Cristo.
I fedeli meritano pastori che guidino con incrollabile impegno verso gli insegnamenti di Cristo, difendendo gli innocenti, sostenendo il sacro deposito della fede e rifiutando di piegarsi alle pressioni politiche che contraddicono il Vangelo.
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Ogni vescovo o cardinale che abbia permesso abusi, minimizzato la loro gravità o non abbia agito con decisione per proteggere le vittime deve essere ritenuto responsabile, non elevato a posizioni di maggiore autorità.
Invito la Santa Sede a riconsiderare questa nomina alla luce delle gravi responsabilità affidate a coloro che servono nella successione apostolica.
Esorto inoltre i miei fratelli vescovi a restare fermi nella difesa della verità, indipendentemente dal costo. Non dobbiamo rimanere in silenzio quando la giustizia e il bene delle anime sono in gioco.
Preghiamo per la purificazione della Chiesa, per le vittime di abusi e la loro guarigione, e per veri pastori che sappiano guidarci con santità e coraggio
Joseph E. Strickland
vescovo emerito di Tyler, Texas
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Spirito
«Rimarrà solo la Chiesa Trionfante su Satana»: omelia di mons. Viganò
Qui legit intelligat
Omelia nella Prima Domenica di Avvento
Terra vestra deserta; civitates vestræ succensæ igni: regionem vestram coram vobis alieni devorant, et desolabitur sicut in vastitate hostili.
Il vostro paese è desolato, le vostre città consumate dal fuoco, i vostri campi li divorano gli stranieri, sotto i vostri occhi; tutto è devastato, come per un sovvertimento di barbari.
Is 1, 7
Intervenendo all’Assemblea Generale della CEI ad Assisi (1), il card. Matteo Zuppi ha detto che «la Cristianità è finita», e che questo fatto dev’essere considerato positivamente, come un’occasione, un καιρός. Non vi sfuggirà l’uso del lessico globalista, secondo il quale ogni crisi indotta dal Sistema è anche un’opportunità: la cosiddetta pandemia COVID, la guerra in Ucraina, la transizione ecologica, l’islamizzazione delle nazioni occidentali. Zuppi – uno dei principali esponenti della chiesa sinodale – si guarda bene però dal riconoscere che la distruzione dell’edificio cattolico e la cancellazione della presenza cattolica nella società siano l’effetto logico e necessario dell’azione eversiva del Concilio Vaticano II e dei suoi sviluppi remoti e recenti, ostinatamente imposta dalla Gerarchia stessa. D’altra parte, nel momento in cui viene spodestato Cristo Re e Pontefice sostituendolo con la volontà della base – prima la collegialità, oggi la sinodalità – non poteva che accadere nella Chiesa Cattolica ciò che duecento anni prima era accaduto nella cosa pubblica.Sostieni Renovatio 21
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Spirito
Il cardinale Zen mette in guardia dalla sinodalità: «Non è forse questo il suicidio della Chiesa cattolica?»
In un contributo apparso questa settimana sul suo blog personale, il cardinale Joseph Zen, 93enne porporato cinese in quiescenza, ha formulato un’ulteriore aspra reprimenda al Sinodo sulla sinodalità e al compianto pontefice Francesco.
Francesco ha lasciato in eredità «caos e disgregazione», ha asserito Sua Eminenza. «La nostra aspirazione più profonda è che papa Leone XIV ricompatti la Chiesa sulle basi della verità, radunando tutti noi nella missione evangelizzatrice. Offriamo le nostre invocazioni e le nostre rinunce per papa Leone».
Zen non ha mai celato le sue apprensioni sul cammino sinodale. In seguito alla scomparsa di Francesco, il cardinale aveva ammonito i porporati convocati al conclave che la Chiesa si trova di fronte a un «dilemma esistenziale» nel confronto con esso. In un’analisi divulgata a febbraio 2024, Sua Eminenza aveva espresso l’auspicio che «questo Sinodo sulla ‘sinodalità’ possa giungere a una conclusione dignitosa».
Nel testo odierno, Zen ha manifestato timore che la Chiesa cattolica si stia «trasformando nella Chiesa anglicana» e che stia «commettendo un suicidio assimilandosi» al mondo secolare.
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«Senza dubbio… i fedeli debbono contribuire agli indirizzi ecclesiali, ma il primato dei vescovi non può essere eluso», ha precisato in merito al sinodo. Tuttavia, «l’assemblea del 2024 sulla sinodalità non ha più costituito un Sinodo nella accezione classica… ha inaugurato un’ibrida “assemblea consultiva dei battezzati”».
Il porporato cinese ha quindi censurato il documento conclusivo del sinodo, bollandolo come «vago e innovativo», attribuendo alla Fiducia supplicans – che autorizza la benedizione delle «coppie» omosessuali – il merito di aver generato «turbamenti marcati e fratture profonde» nell’ambito della Chiesa.
Sua Eminenza ha pure confidato che, qualora Dio lo convocasse al martirio, lo accoglierebbe come una «grazia immensa», e ha deplorato la difficoltà, in quest’epoca, di discernere e diffondere la verità e la sapienza per le anime. La verità, ha soggiunto, non risiede nelle opinioni individuali, bensì nella consapevolezza di «essere figli di Dio» e nel sacrificio redentore di Cristo per i nostri falli.
Per lustri, Zen ha redarguito la Santa Sede per la sua linea conciliante verso il Partito Comunista Cinese sulla designazione dei vescovi. Nondimeno, ha chiuso il suo intervento ribadendo la propria fedeltà alla Cattedra di Pietro.
«La mia contestazione a taluni atti pontifici scaturisce proprio dalla mia devozione profonda al papa», ha chiarito, evocando passi evangelici quali Matteo 14 e Luca 22: il primo, in cui san Pietro – non ancora Pontefice – vacilla sulla superficie dell’acqua dubitando del Signore; il secondo, in cui Cristo preannuncia il triplice rinnegamento di Pietro.
A ottobre, il cardinale aveva condannato il pellegrinaggio LGBT ospitato nella Basilica di San Pietro. «Il Vaticano era al corrente dell’iniziativa con anticipo, ma non ha elevato alcuna protesta successiva. Lo riteniamo del tutto inspiegabile!», aveva esclamato, invitando a pratiche di penitenza quali preghiera e astinenza.
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Spirito
Un papa mette, un altro toglie
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