Essere genitori
Homeschooling e scuola parentale, intervista ad una Mamma
Monica Gibertoni Negrini è una giovane mamma e moglie della provincia di Bologna. Ha rinunciato al mestiere di chimico per dedicarsi alla casa e alla crescente famiglia. Ha due figli, che educa a casa, e una piccola attività artigianale che si chiama Monnicraft.
Renovatio 21 ha deciso di intervistarla per farsi raccontare la sua esperienza personale e familiare legata all’homeschooling. Una necessità, insieme alla scuola parentale, oggi più che mai urgente.
Homeschooling e scuola parentale sono oggi più che mai necessità urgenti
Signora Gibertoni Negrini, da quando ha iniziato a praticare homeschooling?
In realtà da quando è nato il primo figlio, cinque anni fa. Non essendo mai andato a scuola, il nostro percorso è stato graduale e continuo. In maniera ufficiale però da due anni, da quando cioè ho cominciato ad insegnare anche a mia nipote, che ora ha 8 anni.
La nostra fede cattolica ci ha spinto a cercare altre forme di educazione più libere rispetto alle scuole tradizionali
Cosa è stato ad ispirare in Lei e in suo marito questo desiderio?
Tanti sono stati i motivi che ci convinsero e tuttora ci sostengono. In primis la nostra fede cattolica, che ci ha spinto a cercare altre forme di educazione più libere rispetto alle scuole tradizionali.
A questo si aggiungono: la naturalezza dell’apprendimento, il poter seguire gli interessi dei bambini senza forzarli in lezioni programmate, il poter approfondire liberamente argomenti che nelle scuole vengono tralasciati, il non dover immergere i bambini in ambienti o compagnie diseducativi o che comunque divergono dai nostri valori.
… la naturalezza dell’apprendimento, il poter seguire gli interessi dei bambini senza forzarli in lezioni programmate, il poter approfondire liberamente argomenti che nelle scuole vengono tralasciati, il non dover immergere i bambini in ambienti o compagnie diseducativi o che comunque divergono dai nostri valori
Infine, sicuramente i costi e la scarsa qualità degli insegnamenti nelle classi «pollaio», e l’assenza di scuole parentali adeguate in zona sono un ulteriore fattore che ha incoraggiato la nostra scelta.
Dove ed in quale modo ha raccolto informazioni su come iniziare?
Dapprima su Internet: ci sono alcuni blog o siti internet che possono fornire interessanti informazioni. Consiglio Edupar.org, controscuola.it, parentalicattoliche.it come siti per informazioni generiche, mentre per blog di esperienze personali consiglio Bimbi Felici a Casa, Imparo in famiglia e La Scuola non esiste..
Dopo questo periodo di studio, ho trovato altre famiglie locali che stavano già praticando homeschooling e grazie a loro abbiamo fugato ogni dubbio. Sebbene queste scelte educative siano personali, vedere esempi pratici è sempre utile.
… i costi e la scarsa qualità degli insegnamenti nelle classi «pollaio»
Qual è la differenza fra scuola parentale e homeschooling?
Si basano entrambi sullo stesso principio: i genitori sono direttamente responsabili dell’educazione dei figli. In particolare nella scuola parentale varie famiglie decidono di mettere insieme risorse, bambini e insegnano loro stessi o assumono insegnanti, mentre nell’homeschooling l’apprendimento è ristretto alla propria famiglia.
L’homeschooling ha il vantaggio di permettere di gestire il proprio tempo in maniera molto più libera ed essere totalmente autonomi a livello di programmi e metodologia
Non crede che il primo modello sia meglio del secondo?
Dipende. Nella scuola parentale sicuramente si ha il vantaggio di avere altri compagni, ma non sempre è un progetto attuabile. Occorre infatti trovare altre famiglie disposte a mettersi in gioco ed è importante avere valori comuni, per evitare divergenze.
Si può sempre partire con l’homeschooling e trovare altre famiglie in corso d’opera. L’homeschooling ha il vantaggio di permettere di gestire il proprio tempo in maniera molto più libera ed essere totalmente autonomi a livello di programmi e metodologia.
In italia sia le scuole parentali che le famiglie che fanno scuola a casa sono molto rare, sebbene sia legale e non ci siano problemi burocratici
L’Italia è ancora arretrata su questo aspetto rispetto, ad esempio, all’America?
Assolutamente sì. In italia sia le scuole parentali che le famiglie che fanno scuola a casa sono molto rare, sebbene sia legale e non ci siano problemi burocratici.
Negli Stati Uniti il modello di homeschooling è molto diffuso, e anche da parecchi anni: ci sono persino famiglie di seconda generazione. Esistono sussidi creati appositamente per aiutare le famiglie nell’insegnamento, convegni dedicati, ritrovi specifici. Un altro mondo.
Nella Costituzione è ben scritto che sono i genitori a possedere la responsabilità educativa e che l’obbligo sia di istruzione, non di frequentazione di una scuola pubblica o privata
Come mai secondo Lei?
Sicuramente l’impianto liberale statunitense ha favorito molto questa tendenza. E anche il modello di privatizzazione capillare con conseguente riduzione drastica di tasse scolastiche ha creato un terreno fertile per la creazione di una forma mentis più libera.
In Italia è tutto più rigido, si pensa che le scuole dell’infanzia siano obbligatorie solo perché tutti le frequentano e, sebbene nella Costituzione sia ben scritto che sono i genitori a possedere la responsabilità educativa e che l’obbligo sia di istruzione, non di frequentazione di una scuola pubblica o privata, nel senso comune non si ha conoscenza di queste possibilità.
Di fronte alle norme scellerate che prevedono di rinchiudere e imbavagliare i bambini come in uno zoo, sicuramente molti genitori stanno seriamente valutando di non mandare i figli a scuola
Crede che il modello di scuola post-Coronavirus possa spingere le famiglie ad affacciarsi su questa realtà alternativa?
Sicuramente sì, ricevo infatti tante richieste di informazioni in questo periodo. Di fronte alle norme scellerate che prevedono di rinchiudere e imbavagliare i bambini come in uno zoo, sicuramente molti genitori stanno seriamente valutando di non mandare i figli a scuola.
Per chi però è già nell’ambiente da prima della pandemia, queste misure non sono altro che l’ennesimo attentato alle libertà personali da parte del sistema scolastico.
Per chi però è già nell’ambiente da prima della pandemia, queste misure non sono altro che l’ennesimo attentato alle libertà personali da parte del sistema scolastico.
In molti, però, credono ancora che la scuola parentale o l’homeschooling sia qualcosa di particolarmente difficile da organizzare e sostenere. È così?
E’ sicuramente impegnativo, non potrei dire il contrario. Ma è ad esempio più semplice della didattica a distanza che i genitori hanno dovuto subire in questi ultimi mesi.
Fare da sé è più semplice, si tratta solo di trovare sussidi e metodologie più adatti a genitori e bambini. A livello economico è assolutamente sostenibile: a parte i testi da acquistare (anche se per la scuola primaria si ha diritto al bonus libri e quindi i testi sono gratuiti), e i materiali artistici, le uniche spese sono quelle per viaggi e visite guidate, che si sarebbero pagati anche frequentando la scuola pubblica.
A livello economico è assolutamente sostenibile
Quello che oggigiorno risulta più difficile da trovare è il tempo da dedicare ai propri figli. L’ideale è che uno dei genitori stia a casa, ma ci sono anche alcuni casi di genitori lavoratori che si organizzano su turni.
Per quale motivo un genitore dovrebbe diffidare dal sistema dell’istruzione pubblica?
Per il semplice fatto che ora più che mai lo Stato pretende di possedere i nostri figli e quindi vede i genitori unicamente come tutori, cercando loro di togliere la responsabilità educativa.
L’ideale è che uno dei genitori stia a casa, ma ci sono anche alcuni casi di genitori lavoratori che si organizzano su turni
La famiglia è la cellula della società, non lo Stato. Lo dimostra anche la deriva della scuola paritaria: dovendo dipendere da fondi pubblici, deve sottostare ai programmi ministeriali, con ben poca libertà di manovra.
È un caso che, nonostante ogni bambino sia diverso, l’insegnamento è preconfezionato e uniformante? Per lo sSato è sicuramente molto comodo avere tanti piccoli robottini politically correct e poco pensanti.
Ora più che mai lo Stato pretende di possedere i nostri figli e quindi vede i genitori unicamente come tutori, cercando loro di togliere la responsabilità educativa
La vostra personale esperienza a quali risultati vi ha portati fino ad ora?
Abbiamo bambini spontanei, felici, sereni, e tendenzialmente più preparati dei compagni scolarizzati. La sera magari siamo stanchi, ma felici del fatto di sapere di stare facendo la cosa giusta.
Ma i bambini non si sentono soli?
No, tutto sta nel gestire bene il proprio tempo. Oltre al fatto di avere fratelli (e cugini nel nostro caso), cerchiamo di trovare occasioni di socialità con altri amici in maniera costante: ritrovi con altre famiglie homeschoolers, pomeriggi al parco, attività sportive….
È un caso che, nonostante ogni bambino sia diverso, l’insegnamento è preconfezionato e uniformante?
Quello che vorrei inoltre far capire è che la socializzazione tanto propugnata nelle mura delle classi sovraffollate…beh è sopravvalutata. La vera socializzazione avviene con età trasversali, in occasioni spontanee (come le numerose gite che effettuiamo, o con le attività quotidiane all’aperto e in paese), ed è molto più istruttiva.
La famiglia è la cellula della società, non lo Stato. Lo dimostra anche la deriva della scuola paritaria
Cosa direbbe di fare, per prima cosa, ad una famiglia che vuole iniziare a fare homeschooling?
Di valutare bene gli aspetti positivi e negativi, al di là dei preconcetti e pregiudizi ben diffusi. Si tratta di una scelta importante e di grande impegno. Poi, di trovare esempi di questo tipo di educazione ed incontrare queste famiglie. Coinvolgere e parlare coi propri figli, che ne sono principalmente coinvolti.
E alle famiglie che vorrebbero costituire una scuola parentale?
Abbiamo bambini spontanei, felici, sereni, e tendenzialmente più preparati dei compagni scolarizzati
Di mettere nero su bianco una «carta dei valori», così da capire subito se il gruppo che si vuole creare sia omogeneo e di stesse vedute. Di non scoraggiarsi di fronte alla burocrazia. Magari cercando altre scuole parentali e chiedendo il loro aiuto si possono risolvere la maggior parte dei problemi.
Pensa che questi modelli, alla luce di quanto sta accadendo oggi, possano diventare modelli solidi per il presente e per il futuro dei nostri figli?
È l’unico modo per cercare di cambiare la società moderna. Inutile lottare contro le istituzioni continuando a sfruttarle nella quotidianità
Certamente, me lo auguro di tutto cuore. A mio parere è l’unico modo per cercare di cambiare la società moderna. Inutile lottare contro le istituzioni continuando a sfruttarle nella quotidianità. Come dicevo prima, la famiglia è la cellula della società, e i nostri figli sono il futuro. Investire su di loro, oltre a riprendere possesso della patria potestà, è fondamentale per formare una nuova generazione.
Cristiano Lugli
Essere genitori
Livelli pericolosamente elevati di metalli tossici nei giocattoli di plastica per bambini
Un recente studio brasiliano ha rilevato concentrazioni allarmanti di metalli tossici nei giocattoli per bambini commercializzati nel Paese. Lo riporta Science Daily.
Ricercatori di due università brasiliane hanno esaminato un vasto campionario di giocattoli di plastica, sia di produzione nazionale che importati, conducendo l’indagine più completa mai realizzata sulla contaminazione chimica di questi articoli.
Il dato più inquietante riguarda il bario: in molti campioni la sua concentrazione è risultata fino a 15 volte superiore al limite di sicurezza previsto dalla normativa brasiliana. L’esposizione prolungata al bario è associata a gravi danni cardiaci e neurologici, inclusa la paralisi.
«Sono state rilevate anche elevate quantità di piombo, cromo e antimonio. Il piombo, associato a danni neurologici irreversibili, problemi di memoria e riduzione del QI nei bambini, ha superato il limite nel 32,9% dei campioni, con alcune misurazioni che hanno raggiunto quasi quattro volte la soglia accettata» scrive Science Daily. «L’antimonio, che può scatenare problemi gastrointestinali, e il cromo, un noto cancerogeno, erano presenti al di sopra dei livelli accettabili rispettivamente nel 24,3% e nel 20% dei giocattoli».
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Attraverso la spettrometria di massa al plasma, lo studio ha identificato ben 21 elementi tossici: argento (Ag), alluminio (Al), arsenico (As), bario (Ba), berillio (Be), cadmio (Cd), cerio (Ce), cobalto (Co), cromo (Cr), rame (Cu), mercurio (Hg), lantanio (La), manganese (Mn), nichel (Ni), piombo (Pb), rubidio (Rb), antimonio (Sb), selenio (Se), tallio (Tl), uranio (U) e zinco (Zn).
«Questi dati rivelano uno scenario preoccupante di contaminazione multipla e mancanza di controllo. Tanto che nello studio suggeriamo misure di controllo più severe, come analisi di laboratorio regolari, tracciabilità dei prodotti e certificazioni più stringenti, soprattutto per i prodotti importati», ha dichiarato uno degli autori principali della ricerca.
Gli studiosi hanno inoltre calcolato i tassi di rilascio delle sostanze: la percentuale che effettivamente passa dal giocattolo al bambino durante l’uso normale (inclusa la pratica di portarli alla bocca). I valori oscillano tra lo 0,11% al 7,33%, quindi solo una piccola parte del contaminante viene assorbita. Tuttavia, le elevatissime concentrazioni iniziali e l’esposizione quotidiana prolungata (per mesi o anni) rendono il rischio sanitario comunque significativo.
I ricercatori ritengono che i metalli pesanti entrino nei giocattoli soprattutto durante la produzione, in particolare con le vernici e i pigmenti utilizzati. Le correlazioni tra gli elementi rilevati suggeriscono, in molti casi, una fonte comune di contaminazione.
In studi precedenti, lo stesso gruppo aveva già documentato la presenza nei giocattoli di interferenti endocrini (sostanze che alterano l’equilibrio ormonale), associati a problemi di fertilità, disturbi metabolici e aumento del rischio oncologico.
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Essere genitori
I bambini con cellulare prima dei 12 anni corrono un rischio maggiore di obesità, depressione e sonno scarso
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I genitori devono parlare con i loro figli dell’uso del cellulare
Barzilay ha sottolineato che i cellulari non sono intrinsecamente dannosi. «Offrono vantaggi significativi, connettendo le persone e fornendo accesso a informazioni e conoscenze», ha affermato. Ha empatizzato con i genitori che devono decidere per quanto tempo aspettare a dare un cellulare ai propri figli e che devono stabilire dei limiti di tempo una volta che lo fanno. I genitori possono stare tranquilli che i cellulari non sono ammessi nella stanza dei bambini durante la notte e che è opportuno dedicare loro del tempo per socializzare e fare attività fisica, ha affermato. Barzilay ha anche incoraggiato i genitori ad aiutare i propri figli a sviluppare «abitudini tecnologiche sane» parlando regolarmente con loro dell’uso del cellulare e di come li fa sentire. «Quando gli adolescenti capiscono che queste conversazioni nascono da un impegno genuino nei confronti della loro salute, sono più propensi a collaborare con i genitori, riconoscendo che entrambe le parti condividono l’obiettivo comune di sostenere il loro benessere generale», ha affermato.Sostieni Renovatio 21
I social media sono solo una parte del problema
Lo studio di Pediatrics si è concentrato sul possesso di cellulari, non sul tipo di contenuti a cui i bambini accedono quando li usano. Tuttavia, parte della controversia sull’uso del cellulare da parte dei bambini riguarda l’impatto negativo dei social media su di loro. Ad esempio, The Defender ha recentemente riportato la notizia di una ragazzina di 12 anni che si è tolta la vita appena tre settimane dopo aver iniziato ad assumere Prozac, in seguito ad anni di dipendenza dai social media che, secondo i suoi genitori, avevano contribuito alla sua depressione. Sua madre è ora coinvolta in una causa che accusa TikTok, Snapchat e YouTube di aver preso di mira i bambini vulnerabili con contenuti dannosi. A gennaio, i ricercatori dell’organizzazione no-profit Sapien Labs hanno riferito che sentimenti di aggressività, rabbia e allucinazioni erano in forte aumento tra gli adolescenti negli Stati Uniti e in India, e che tale aumento era collegato all’età sempre più precoce in cui i bambini acquistano i cellulari. Questo mese, l’Australia si prepara a implementare il primo divieto nazionale al mondo sui social media per gli adolescenti. A partire dal 10 dicembre, le aziende di social media dovranno adottare «misure ragionevoli» per garantire che i bambini e gli adolescenti di età inferiore ai 16 anni in Australia non possano creare account sulle loro piattaforme. Entro tale data, le aziende dovranno anche rimuovere o disattivare gli account dei giovani australiani. Ma i cellulari non sono dannosi per i bambini solo a causa dei social media, secondo il dottor Robert Brown, radiologo diagnostico con oltre 30 anni di esperienza e vicepresidente della ricerca scientifica e degli affari clinici per l’Environmental Health Trust. All’inizio di quest’anno, Brown ha pubblicato una ricerca che dimostrava che bastano appena 5 minuti di esposizione al cellulare per far sì che le cellule del sangue di una donna sana si aggregassero in modo anomalo, anche quando il cellulare si trovava a un centimetro dalla pelle. Brown ha dichiarato al The Defender di essere incoraggiato nel vedere istituzioni di alto livello come l’Università della Pennsylvania prestare attenzione alle conseguenze dell’uso dei cellulari sulla salute dei bambini. Tuttavia, vorrebbe anche che la ricerca si concentrasse su come le radiazioni a radiofrequenza (RF) emesse dai telefoni danneggiano la salute dei bambini. «Non è solo la giovane età in cui si acquista un telefono a essere responsabile», ha affermato. Miriam Eckenfels, direttrice del programma sulle radiazioni elettromagnetiche (EMR) e wireless di Children’s Health Defense, è d’accordo. «Lo studio di Pediatrics si aggiunge alla montagna di prove che dimostrano che gli smartphone sono problematici e che i genitori devono proteggere i propri figli. Oltre al contenuto, anche le radiazioni RF sono dannose». Anche l’Organizzazione Mondiale della Sanità ha ormai riconosciuto che ci sono prove «altamente certe» che l’esposizione alle radiazioni dei cellulari provoca due tipi di cancro negli animali, ha affermato. «Genitori e pubblico devono avviare un dialogo sensato sulla tecnologia quando si tratta dei nostri figli e smettere di dare per scontato che queste tecnologie siano innocue», ha affermato Eckenfels. Suzanne Burdick Ph.D. © 2 dicembre, Children’s Health Defense, Inc. Questo articolo è riprodotto e distribuito con il permesso di Children’s Health Defense, Inc. Vuoi saperne di più dalla Difesa della salute dei bambini? Iscriviti per ricevere gratuitamente notizie e aggiornamenti da Robert F. Kennedy, Jr. e la Difesa della salute dei bambini. La tua donazione ci aiuterà a supportare gli sforzi di CHD. Questo articolo è stato aggiornato per chiarire che il bupropione (Wellbutrin) è un antidepressivo, ma non un SSRI. È un inibitore della ricaptazione della noradrenalina e della dopamina, o NDRI. Renovatio 21 offre questa traduzione per dare una informazione a 360º. Ricordiamo che non tutto ciò che viene pubblicato sul sito di Renovatio 21 corrisponde alle nostre posizioni.Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Bioetica
Nuovo libro per bambini insegna ai bambini di 5 anni che l’aborto è un «superpotere»
Amelia Bonow, fondatrice del movimento social Shout Your Abortion («grida il tuo aborto») e tra le attiviste pro-aborto più note negli Stati Uniti, ha pubblicato un libro per bambini intitolato Abortion is Everything («L’aborto è tutto»), destinato a lettori dai 5 agli 8 anni. Lo riporta LifeSite.
Annunciato sui canali ufficiali di Shout Your Abortion, il volume – scritto insieme a Rachel Kessler e illustrato da Emily Nokes – presenta l’aborto in termini esclusivamente positivi e accessibili, definendolo un «superpotere unicamente umano»: la capacità di «immaginare il futuro e fare scelte che ci portino alla vita che desideriamo».
Nei post promozionali su Instagram e altri social si legge: «Genitori, educatori e operatori sanitari cercavano da tempo uno strumento per parlare ai bambini dell’aborto, soprattutto con tutto il rumore politico che lo circonda». Il libro, spiegano, «parla direttamente ai bambini di cos’è l’aborto, di come ci si sente e del perché lo si sceglie», omettendo completamente che l’aborto termina la vita di un essere umano.
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Un post descrive l’aborto come «uno strumento che permette agli esseri umani di plasmare il proprio destino e che ha plasmato il mondo intero che ci circonda». Il messaggio si chiude affermando che il libro serve a «riscrivere fin dalle basi i nostri copioni culturali sull’aborto».
I commenti sotto i post sono entusiastici: «Lo adoro. Parlo di aborto ai miei figli da quando erano piccoli ed è bellissimo sentire una bimba dire: “Non devi restare incinta se non vuoi”». Un’altra utente: «Lo compro oggi per la mia futura prole!!».
Molti degli stessi che celebrano questo libro per l’infanzia accusano invece Meet Baby Olivia – un video educativo che mostra semplicemente lo sviluppo prenatale umano, senza menzionare l’aborto – di essere «propaganda» e «lavaggio del cervello» ai bambini piccoli, solo perché si basa su fatti scientifici.
La Bonow non è nuova a iniziative di questo tipo. Nel 2019 era apparsa nella serie YouTube «Kids Meet» con l’episodio «I bambini incontrano una persona che ha abortito», dove aveva già annunciato l’imminente uscita di un libro per bambini sull’argomento. Il video originale è stato rimosso dalla piattaforma ufficiale, ma è ancora disponibile altrove.
Il libro rappresenta l’ultimo capitolo di una lunga tradizione di materiale pro-aborto rivolto a bambini e adolescenti, spesso finanziato anche con fondi pubblici.
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Nel video della serie «Kids Meet», Amelia Bonow racconta ai bambini (soprattutto preadolescenti e adolescenti) di essere rimasta incinta dopo un rapporto non protetto con il fidanzato, ma ha negato di essere stata irresponsabile e ha precisato che il compagno aveva appoggiato la decisione di abortire.
La maggior parte dei piccoli intervistati rimane impassibile alle sue parole; solo un ragazzo manifesta disagio ed è stato subito rimproverato dalla Bonow, che descrive l’intervento figlicida con termini volutamente disumanizzanti e imprecisi: «l’abortista ha semplicemente succhiato via la gravidanza», evitando di parlare di bambino o anche solo di feto. I bambini presto adottano lo stesso linguaggio riduttivo.
Un ragazzo più grande paragona il feto a un «cetriolo di mare», ridendo: «Non pensa, sta solo vivendo. È come il tuo braccio: non ha pensieri complessi. E nemmeno un bambino nel grembo». Bonow scoppia a ridere e ha replicato: «Mi piace la tua opinione».
Quando una bambina dice che «a volte l’aborto può essere sbagliato», la Bonow la interrompe bruscamente: «non lo so, non sono d’accordo. Vogliamo davvero che la gente faccia tutti quei bambini?». La donna poi scredita l’adozione, insinuando che far crescere il proprio figlio in un’altra famiglia sia peggio che eliminarlo con un aborto.
La Bonowa ha anche attaccato i pro-life: «non li chiamo pro-life, li chiamo anti-scelta. Quelli che si dicono pro-life non si curano delle persone che hanno figli che non possono mantenere e finiscono in povertà assoluta. Vogliono negare l’accesso all’assistenza sanitaria. Io dico: voi non siete pro-life. Io sì che sono pro-life».
Resta da capire contro quale «scelta» siano gli anti-scelta e a favore della vita di chi si dichiari «pro-life» mentre difende l’uccisione intenzionale di un essere umano – che, tra le altre cose, viene privato per sempre anche dell’«accesso all’assistenza sanitaria».
Un’altra attivista pro-aborto, Mary Walling Blackburn, aveva già pubblicato un libro per l’infanzia in cui i bambini abortiti venivano presentati come «fantasmi felici».
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