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Danimarca, l’esecutivo nota una secolarizzazione sfinita

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In Danimarca è emerso un fenomeno unico, passato inosservato ai media mainstream. All’inizio di giugno, il primo ministro danese Mette Frederiksen, parlando pubblicamente in un’università, ha dichiarato: «abbiamo bisogno di una forma di riarmo che sia altrettanto essenziale [del riarmo militare]. È un riarmo spirituale». Questa consapevolezza senza precedenti, che si spera si diffonda.

 

Il Partito Socialdemocratico Danese, a cui appartiene il primo ministro, non gode di una reputazione di bigottismo: ha ampiamente contribuito a ridurre l’influenza della Chiesa protestante danese nella sfera pubblica. Tuttavia, la Frederiksen aveva già sorpreso tutti all’inizio di quest’anno annunciando un importante riarmo militare: un’estensione della coscrizione obbligatoria, un aumento significativo della spesa per la difesa e un addestramento intensificato a tutti i livelli.

 

Tuttavia, incombe un problema profondo, che il capo dell’esecutivo danese, cosa insolita per un leader occidentale, ha osato nominare. Molti giovani danesi sono riluttanti a combattere. Alcuni ammettono apertamente che non sacrificherebbero la propria vita per la Danimarca, né per la democrazia, né per la bandiera, tanto meno per un moderno stato sociale che promette tutto ma non ispira nulla.

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Questa crisi non riguarda solo la Danimarca; riguarda tutte le società post-cristiane. Pone una domanda, sotto forma di sfida, che le nazioni europee farebbero bene ad affrontare: cosa unisce un popolo quando i sistemi puramente umani in cui credeva iniziano a vacillare? Come diceva Péguy, bisogna sempre dire ciò che si vede, ma la parte più difficile è vedere ciò che si vede.

 

La Danimarca è una delle nazioni più secolarizzate al mondo. Il protestantesimo è ancora la religione di Stato, ma svolge solo un ruolo marginale nella vita della maggior parte dei cittadini. La religione è stata a lungo relegata alla sfera privata. Lo Stato ha gradualmente assorbito le funzioni assegnate alla religione: assistenza ai poveri, educazione civica, funerali, matrimoni civili, etc.

 

Il primo ministro del governo danese invita quindi la Chiesa protestante danese a rivendicare il suo giusto posto. In un’intervista al quotidiano cristiano Kristeligt Dagblad, Mette Frederiksen si è spinta oltre, esortando il protestantesimo di Stato a non accontentarsi di essere un’istituzione culturale, ma a tornare a essere un pilastro della vita nazionale.

 

«Credo che le persone si rivolgeranno sempre più alla Chiesa», ha affermato, «perché offre un naturale senso di comunità e un’ancora nazionale. (…) Lo spazio religioso ha sostenuto le persone in molte crisi. Penso che la Chiesa scoprirà che i tempi attuali richiedono una riscoperta di uno spazio religioso».

 

Infine, in una riflessione che sarebbe stata inconcepibile per una leader socialdemocratica danese solo dieci anni fa, conclude: «se fossi la Chiesa, mi chiederei ora: come possiamo essere un quadro sia spirituale che fisico per ciò che i danesi stanno attraversando?»

 

Questo non vuol dire, tuttavia, che il primo ministro danese abbia percorso la via di Damasco: si tratta piuttosto di una dichiarazione di realismo politico. La Frederiksen riconosce che diritti, servizi pubblici e tutele sociali non sono sufficienti a sostenere una società. I ​​cittadini non rischieranno la vita per una democrazia burocratica. Ma combatteranno per ciò che ritengono sacro.

 

La Danimarca sta scoprendo ciò che molte nazioni occidentali stanno – si spera – iniziando a comprendere: un sistema costruito su comfort, diritti e libertà individuale non lascia nulla da difendere quando le avversità colpiscono. Eppure le avversità – sotto forma di guerra, minacce o sacrifici – stanno tornando sul continente europeo.

 

Ciò che sta diventando evidente in Danimarca sono i limiti di una governance secolarizzata, l’esaurimento di un secolarismo meno aggressivo e totalitario che in Francia. Diritti e libertà, per quanto nobili, non esistono nel vuoto. Sono il frutto di una visione etica più profonda, radicata nella trascendenza, nella religione e nella comprensione della verità, del bene e della bellezza. Separata da queste radici, la società si sgretola. E quando il sacrificio diventa necessario, la volontà di compierlo svanisce.

 

Ironicamente, persino coloro che hanno sostituito la Chiesa con lo stato sociale stanno iniziando a sentire il terreno tremare sotto i piedi e invocano i giorni delle cattedrali. Speriamo che questa epidemia di lucidità si diffonda oltre i fiordi della Scandinavia.

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.News

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Immagine di News Oresund via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution 2.0 Generic

 

 

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Dies irae 2025. Solvet seclum in favilla

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Come ogni anno, usiamo questo giorno per meditare sul mistero ultimo, ascoltando il Dies irae.   Dies irae, dies illa / Solvet seclum in favilla.   Il giorno dell’ira, quel giorno che / dissolverà il mondo terreno in cenere.   Sentiamo di non aver altre parole da aggiungere qui. Solo l’ascolto del profondo.     Dies irae, dies illa, Solvet seclum in favilla, Teste David cum Sibylla.   Quantus tremor est futurus, Quando judex est venturus, Cuncta stricte discussurus.   Tuba, mirum spargens sonum, Per sepulchra regionum, Coget omnes ante thronum.   Mors stupebit et natura, Cum resurget creatura, Judicanti responsura.   Liber scriptus proferetur, In quo totum continetur, Unde mundus iudicetur.   Judex ergo cum sedebit, Quidquid latet apparebit, Nil inultum remanebit.   Quid sum miser tunc dicturus? Quem patronum rogaturus, Cum vix iustus sit securus?   Rex tremendae majestatis, Qui salvandos salvas gratis, Salva me, fons pietatis.   Recordare, Jesu pie, Quod sum causa tuae viae, Ne me perdas illa die.   Quaerens me, sedisti lassus; Redemisti crucem passus; Tantus labor non sit cassus.   Iuste judex ultionis, Donum fac remissionis, Ante diem rationis.   Ingemisco tamquam reus; Culpa rubet vultus meus; Supplicanti parce, Deus.   Qui Mariam absolvisti, Et latronem exaudisti, Mihi quoque spem dedisti.   Preces meae non sunt dignae, Sed tu bonus, fac benigne, Ne perenni cremer igne.   Inter oves locum praesta, Et ab haedis me sequestra, Statuens in parte dextra.   Confutatis maledictis, Flammis acribus addictis, Voca me cum benedictis.   Oro supplex et acclinis; Cor contritum quasi cinis; Gere curam mei finis.   Lacrimosa dies illa, Qua resurget ex favilla   Judicandus homo reus; Huic ergo parce Deus.   Pie Jesu Domine, Dona eis requiem.   
  Il giorno dell’ira, quel giorno che dissolverà il mondo terreno in cenere come annunciato da Davide e dalla Sibilla.   Quanto terrore verrà quando il giudice giungerà a giudicare severamente ogni cosa.   La tromba diffondendo un suono mirabile tra i sepolcri del mondo spingerà tutti davanti al trono.   La Morte e la Natura si stupiranno quando risorgerà ogni creatura per rispondere al giudice.   Sarà presentato il libro scritto nel quale è contenuto tutto, dal quale si giudicherà il mondo.   E dunque quando il giudice si siederà, ogni cosa nascosta sarà svelata, niente rimarrà invendicato.   In quel momento che potrò dire io, misero, chi chiamerò a difendermi, quando a malapena il giusto potrà dirsi al sicuro?   Re di tremendo potere, tu che salvi per grazia chi è da salvare, salva me, fonte di pietà.   Ricorda, o pio Gesù, che io sono la causa del tuo viaggio; non lasciare che quel giorno io sia perduto.   Cercandomi ti sedesti stanco, mi hai redento con il supplizio della Croce: che tanto sforzo non sia vano!   Giusto giudice di retribuzione, concedi il dono del perdono prima del giorno della resa dei conti.   Comincio a gemere come un colpevole, per la colpa è rosso il mio volto; risparmia chi ti supplica, o Dio.   Tu che perdonasti la peccatrice, tu che esaudisti il buon ladrone, anche a me hai dato speranza.   Le mie preghiere non sono degne; ma tu, buon Dio, con benignità fa’ che io non sia arso dal fuoco eterno.   Assicurami un posto fra le pecorelle, e tienimi lontano dai caproni, ponendomi alla tua destra.   Una volta smascherati i malvagi, condannati alle fiamme feroci, chiamami tra i benedetti.   Prego supplice e in ginocchio, il cuore contrito, come ridotto a cenere, prenditi cura del mio destino.   Giorno di lacrime, quello, quando risorgerà dalla cenere il peccatore per essere giudicato.   Perdonalo, o Dio pio Signore Gesù, dona a loro la pace.     + Amen

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Immagine: Fra Angelico (circa 1395–1455), Cranio di Adamo sul monte Golgota, particolare di una crocifissione con San Nicola e San Francesco (1435), oratorio di San Niccolò del ceppo, Firenze. Immagine di pubblico dominio CC0 Via Wikimedia
 
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Il cardinale Cupich definisce la messa in latino uno «spettacolo»

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In un commento all’esortazione apostolica Dilexi Te di Papa Leone XIV, il cardinale di Chicago Blase Cupich ha descritto la messa latina tradizionale come uno «spettacolo» e ha affermato che le riforme della liturgia successive al Concilio Vaticano II hanno avuto un effetto «purificante».

 

Scrivendo su Vatican News il 21 ottobre, il cardinale Cupich ha riflettuto su come l’esortazione spinga la Chiesa a riconoscere i poveri nello stesso modo, a suo avviso, in cui il Concilio Vaticano II ha affrontato la riforma della liturgia.

 

«Il rinnovamento del nostro culto è stato perseguito in linea con il desiderio dei Padri conciliari di presentare al mondo una Chiesa definita non dalle apparenze del potere mondiale, ma caratterizzata da sobrietà e semplicità… consentendole di assumere in modo nuovo la missione di proclamare la buona novella ai poveri», ha affermato Cupich.

 

Cupich ha affermato in seguito che gli adattamenti apportati nel tempo alla liturgia pre-Concilio Vaticano II avevano «trasformato l’estetica e il significato della liturgia, rendendola più uno spettacolo che una partecipazione attiva di tutti i battezzati, affinché fossero formati a unirsi all’azione salvifica di Cristo crocifisso».

 

«Purificando la liturgia da questi adattamenti, l’obiettivo era quello di consentire alla liturgia di sostenere il rinnovato senso di sé della Chiesa».

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Le ultime osservazioni di Cupich sulla Messa tridentina non sorprendono molti osservatori, poiché egli è stato un critico costante del rito e ha imposto notevoli restrizioni alla sua celebrazione nell’arcidiocesi di Chicago, consentendo allo stesso tempo alle parrocchie eterodosse di celebrare messe pro-LGBT.

 

Proprio il mese scorso, il cardinale Cupich ha fatto commenti simili sulla forma tradizionale della liturgia, quando ha osservato che «la tradizione è la fede viva dei morti, il tradizionalismo è la fede morta dei vivi».

 

«Queste riforme furono una risposta diretta a secoli di sviluppo che avevano erroneamente trasformato la Messa da un evento comunitario in uno spettacolo più clericale, complesso e drammatico».

 

Gli ultimi commenti di Cupich sono stati rilasciati nella stessa settimana in cui il cardinale Burke celebrava una messa pontificale in latino nella Basilica di San Pietro per il 14° pellegrinaggio annuale Summorum Pontificum, che ha registrato un’affluenza record.

 

Cupich ha concluso il suo articolo affermando che la nuova «sobrietà» della liturgia ha rinnovato la centralità dell’Eucaristia. Tuttavia, i sondaggi mostrano che solo il 33% circa dei cattolici statunitensi crede nell’insegnamento della Chiesa sulla Presenza Reale nell’Eucaristia.

 

Gli attacchi indegni di Cupich alla tradizione sono stati stigmatizzati più volte da interventi dell’arcivescovo Carlo Maria Viganò, che collega, ricordando i tempi del suo mandato alla nunziatura apostolica di Washington, al gruppo dell’ex cardinale Theodore McCarrick.

 

Come riportato da Renovatio 21, il cardinale chicagoano, favorevole all’adozione gay è stato speaker alla Convention del Partito Democratico USA, dove, fuori dal palazzetto, vi era un furgoncino per gli aborti da farsi sul posto.

 

Il cardinale arcivescovo nei mesi scorsi è stato accusato di aver bellamente ignorato che il massacratore della scuola cattolica di Minneapolis Robert «Robin» Westman, che ha ucciso due bambini e ferendo altre 17 persone, si identificava come transgender.

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Immagine di Dominican University via Flickr pubblicata su licenza CC BY-NC-ND 2.0

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Sacerdote «benedice» Halloween e attacca i tradizionalisti

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Un video circola in rete: un sacerdote sembra «benedire» la festa di Halloween sostenendo che «non è peccato» e definendo «imbecille» chi crede il contrario, per poi insultare il tradizionalismo cattolico.   Secondo ricostruzioni apparsa in rete, dovrebbe trattarsi del finale della messa di domenica scorsa nella chiesa parrocchiale di San Carlo a Bresso (Arcidiocesi di Milano). Qui durante la celebrazione il prete officiante ha sostenuto la legittimità di celebrare Halloween, accompagnando tale affermazione con offese nei confronti dei cattolici tradizionalisti.   Dopo aver definito la festa – notoriamente di matrice satanica e teatro di stragi immancabili, ogni anno – come un mero «carnevale anticipato» e aver bollato da «imbecille» chiunque la pensi diversamente, ha equiparato – con tono canzonatorio e voce artificiosamente stridula – tale ricorrenza pagana e «il coso dei gay» (sic), alla «parata dei tradizionalisti in chiesa», riferendosi alla Santa Messa tradizionale tenutasi il sabato precedente nella Basilica di San Pietro in Vaticano e culminata nella Messa pontificale presieduta, su autorizzazione di Papa Leone XIV, dal cardinale Raimondo Leoneo Burke all’Altare della Cattedra.   Anche quest’ultima è stata oggetto di derisione da parte del sacerdote.  

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«Allora prima di tutto vi dico che non è peccato se voi il 31 fate la festa di Halloween: non è peccato, anche se c’è in giro qualche imbecille che lo dice, non è peccato».   «Che cos’è la festa di Halloween? È un carnevale anticipato, no? Si va in giro in maschera, ma don Gianfranco si sarà accorto anche lui, ma a Roma, l’altro giorno, c’è stato un altro carnevale: hanno fatto mica la sfilata dei tradizionalisti della Chiesa? Se uno li guardava, diceva: va be’, è carnevale quello lì! Con su ancora i cappelli d’una volta, le mozzette… carnevale, eh!»   «Quindi c’han da dire dell’arci… del coso dei gay, di Halloween, e poi dopo lo fanno loro, anche con la Messa poi finale eh, pensa te! Meno male che la festa di Halloween non c’ha la Messa alla fine!»   Il riferimento è al pellegrinaggio dei gruppi omotransessualisti dello scorso mese, che con evidenza non scandalizza certi sacerdoti, mentre la Santa Messa in rito antico sì.   Aggiungiuamo che Bresso, luogo da cui il presbitero si è scagliato contro i tradizionalisti è a poca distanza da Seregno, dove la Fraternità San Pio X ha una cappella che accoglie centinaia e centinaia di fedeli ogni domenica.   Cioè, sicuramente più di quanti – certamenti tutti boomer e in stragrande maggioranza di sesso femminile – ne può raccogliere qualsiasi altra parrocchia del milanese.   Come riportato da Renovatio 21, alla Santa Messa tridentina di San Pietro della scorsa settimana il cardinale albanese Ernest Simoni ha recitato una preghiera esorcistica. Qualcosa che sicuramente potrebbe offendere i veri fan di Halloween che vivono sottoterra.

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Immagine screenshot da YouTube
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