Epidemie

Vaccino, Israele e l’accordo «segreto» con la Pfizer per avere più dosi

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«Israele sarà il primo Paese a sconfiggere il Coronavirus».

 

È questo il motto con il quale Benjamin Netanyahu va per le piazze e per le strade di tutto lo stato israeliano in vista delle elezioni del 23 marzo prossimo, per la quarta volta in soli due anni.

 

Dal 20 di dicembre nello stato israeliano oltre due milioni e mezzo di persone sono state vaccinate, e da qualche giorno anche i giovani tra i 16 e i 18 anni possono ricevere il vaccino.

L’obiettivo di Netanyahu è quello di coprire entro la fine di marzo i due terzi della popolazione (in totale 9,2 milioni), non includendo nel conteggio i più giovani

 

L’obiettivo di Netanyahu è quello di coprire entro la fine di marzo i due terzi della popolazione (in totale 9,2 milioni), non includendo nel conteggio i più giovani. 

 

Stiamo parlando di numeri incredibili in tempi ristrettissimi, cosa, questa, che pone inevitabilmente delle domande: da qualche giorno in Europa si moltiplicano le polemiche per la mancanza di vaccini necessari alla seconda tranche di inoculazione, ma tutto sommato anche per la prima. Mancano i vaccini e la distribuzione sembra essere molto lenta.

 

E allora perché se in Europa le fiale scarseggiano, in Israele non sono mai mancate e anzi il raggio della campagna vaccinale israeliana è destinato ad ampliarsi giorno dopo giorno? 

 

Perché se in Europa le fiale scarseggiano, in Israele non sono mai mancate e anzi il raggio della campagna vaccinale israeliana è destinato ad ampliarsi giorno dopo giorno?

La verità che forse non tutti conoscono è che nel mese settembre il premier Netanyahu ha contattato di persona Albert Bourla, amministratore delegato di Pfizer, per farsi garantire una mega fornitura. Secondo alcune fonti, lo Stato ebraico avrebbe pagato molto di più per aggiudicarsi le dosi, addirittura fino al doppio di ciò che hanno pagato americani ed europei.

 

Sarebbe inoltre emerso che il ministero della Sanità israeliano avrebbe firmato con la casa farmaceutica un accordo di venti pagine, garantendo di fornire tutti i risultati delle vaccinazioni, compresi i dettagli di ogni singola puntura fino al braccio scelto per l’inoculazione. 

 

La stessa intesa Israele dovrebbe averla raggiunta anche con l’azienda Moderna.

Secondo alcune fonti, lo Stato ebraico avrebbe pagato molto di più per aggiudicarsi le dosi, addirittura fino al doppio di ciò che hanno pagato americani ed europei

 

Alcune organizzazioni che lottano per la protezione della privacy si mostrano ora preoccupate per il fatto che Israele possa essere trasformato in una sorta di laboratorio di informazioni su scala nazionale, anche se il governo assicura che a Pfizer vengono fornite solo le statistiche generali, senza dati personali dei singoli cittadini. 

 

«Questa enorme quantità di informazioni può essere hackerata. A quel punto nessuno potrebbe controllare nelle mani di chi finirebbe e potrebbe essere sfruttata in futuro dalle assicurazioni o dai datori di lavoro» — ha spiegato Tehilla Shwartz Altshuler, esperta dell’Israel Democracy Institute.

 

Le associazioni che si occupano della protezione della privacy hanno presentato una petizione in tribunale, costringendo così il ministero della Sanità a rendere pubblico l’accordo con Pfizer, pur con alcuni passaggi ancora oggi secretati.

Alcune organizzazioni che lottano per la protezione della privacy si mostrano ora preoccupate per il fatto che Israele possa essere trasformato in una sorta di laboratorio di informazioni su scala nazionale

 

Per chi avesse ancora dubbi sul fatto che le farmaceutiche non sono enti di carità umanista ma aziende dedite a vendere il proprio prodotto al miglior offerente — e non ci si riferisce qui al solo guadagno economico, ma anche a quello inerente al guadagno dei dati sanitari personali — questa dovrebbe essere la prova provante.

 

Cristiano Lugli 

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