Bioetica

Trattato OMS per garantire il «diritto» all’aborto in caso di pandemia

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L’accordo per la prevenzione, la preparazione e la risposta alla pandemia, comunemente denominato «Trattato pandemico dell’OMS», conferisce all’Organizzazione mondiale della sanità (OMS) maggiori poteri per riallocare le risorse agli Stati membri in caso di pandemia.

 

L’amministrazione Biden ha chiesto che la «salute sessuale e riproduttiva» – un eufemismo per l’aborto – faccia parte dei servizi sanitari essenziali ai sensi del trattato sulla pandemia.

 

Inoltre, le agenzie internazionali che avranno un ruolo da svolgere nell’attuazione del trattato, tra cui l’OMS e il Segretario generale delle Nazioni Unite, hanno nominato l’aborto tra i servizi sanitari essenziali durante la pandemia di COVID-19.

 

L’OMS considera esplicitamente l’aborto come un elemento fondamentale del diritto alla salute in innumerevoli documenti, inclusa la sua Guide to Abortion Care 2022, e ci si può aspettare che l’aborto sia considerato un servizio sanitario essenziale nel contesto dell’attuazione del trattato.

 

Il segreto che circonda i negoziati sul trattato

Durante i negoziati, l’ambasciatore Hamamoto, nominato da Biden, ha chiesto che il testo includa «l’accesso ai servizi sanitari essenziali in caso di pandemia, compresi i servizi di salute sessuale e riproduttiva» e ha sostenuto l’appello della Cina alla segretezza nei negoziati sulla pandemia.

 

Rafforzare l’autorità dell’OMS

Se il Segretario generale dell’OMS dovesse dichiarare una pandemia, questa dichiarazione farebbe scattare i requisiti e le disposizioni del trattato, che obbligano gli Stati membri a destinare una percentuale del PIL alla «cooperazione e assistenza internazionale», l’allocazione dei bilanci nazionali per la preparazione alla pandemia e l’erogazione di specifici servizi sanitari «essenziali».

 

Questi fondi si estenderebbero all’assistenza sanitaria, ai programmi sociali e ad altri obblighi ritenuti appropriati dall’OMS.

 

Inefficacia della clausola di sovranità

Il progetto di trattato afferma la sovranità degli Stati membri. Tuttavia, contiene una clausola che garantisce che «la giurisdizione o il controllo nazionale degli Stati membri non arrechi pregiudizio alle loro popolazioni e ad altri Paesi». Il termine «pregiudizio» può includere azioni ritenute «discriminatorie», come il divieto di aborti, interventi chirurgici transgender e altre politiche considerate «servizi sanitari essenziali».

 

Le linee guida dell’OMS sull’«aborto sicuro» affermano anche che «il rifiuto o il ritardo dell’aborto sicuro e/o delle cure post-aborto» costituisce violenza. In definitiva, i paesi sono soggetti all’OMS e alle sue regole di «giurisdizione o controllo» nazionale.

 

Il trattato crea processi al di là dei periodi di pandemia

Secondo la bozza di trattato, gli Stati membri saranno soggetti a «monitoraggio della prontezza e revisione paritaria universale» e forniranno «i finanziamenti necessari ai paesi in via di sviluppo» per attuare gli obiettivi da raggiungere a livello nazionale e globale.

 

Questo meccanismo funziona come l’Esame Periodico Universale (UPR) del Consiglio dei Diritti Umani, che consente di esaminare la situazione dei diritti umani degli Stati membri e di formulare suggerimenti sulle politiche da perseguire.

 

L’UPR si traduce in raccomandazioni politiche radicalmente progressiste da parte di un piccolo numero di Paesi occidentali sviluppati, inclusi gli Stati Uniti, per gli Stati membri conservatori e in via di sviluppo.

 

Le raccomandazioni includono una crescente pressione per liberalizzare le leggi sull’aborto e stabilire una politica favorevole all’ideologia di genere.

 

Si prevede che l’esame universale per la preparazione alle pandemie produrrà risultati simili all’UPR.

 

 

 

Articolo previamente apparso su FSSPX.news.

 

 

 

Immagine di UN Geneva via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NonCommercial-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-NC-ND 2.0)

 

 

 

 

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