Bioetica

Suicidio assistito e «male minore», ecco il solito trasformismo pro-life

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Sul tema caldo del suicidio assistito si sta assistendo ad un film già visto: il tentativo di una parte del mondo cattolico guidato dai vescovi italiani di appoggiare una legge di compromesso al fine di evitare, con il cosiddetto «male minore», un supposto «male maggiore».

 

Insomma, la solita storia che si ripete ormai da diversi decenni e che ha portato alle leggi sul divorzio, sull’aborto e sulla fecondazione artificiale. Nulla di nuovo sotto il sole, verrebbe da dire.

 

A denunciare la sindrome di Tafazzi che colpisce ciclicamente la CEI e tutta la compagnia cantante dei cattolici adulti ci ha pensato La Nuova Bussola Quotidiana, la testata giornalistica diretta da Riccardo Cascioli. In un accorato editoriale il direttore ha condannato senza mezzi termini i vescovi, e non solo, accusandoli di sottomettere la verità al compromesso politico:

 

«Alcune recenti uscite su alcune testate cattoliche a proposito del disegno di legge sul suicidio assistito – vedi il Timone e Tempi – spinge a riaffermare con forza un principio fondamentale: non c’è opinabilità in materie dove il Magistero si è espresso in modo chiaro e definitivo (…) ma dare conto di una discussione che riguarda il Magistero della Chiesa senza spiegare cosa il Magistero afferma con chiarezza è nascondere un pezzo decisivo di informazione, ovvero significa seminare confusione e dubbio laddove c’è certezza».

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Allo scopo di dare forza e sostanza alle critiche mosse e al contempo delineare i contorni del Magistero perenne della Chiesa Cattolica, La Nuova Bussola Quotidiana ha pubblicato diversi articoli, tutti tesi a condannare la erronea dottrina del male minore

 

In particolare, ci preme porre all’attenzione del pubblico di Renovatio 21 (che ha la memoria lunga…) l’articolo di Tommaso Scandroglio dal titolo «Avvenire appoggia il Ddl sul suicidio assistito, travisando Wojtyla», in cui l’esperto in morale e bioetica ha efficacemente spiegato i termini della questione, offrendo al lettore la corretta interpretazione del n.73 dell’enciclica wojtyliana Evangelium Vitae.

 

«Nell’articolo di Avvenire, Menorello [Domenico, politico patavino già parlamentare con Scelta Civica di Mario Monti, ora componente del Comitato Nazionale di Bioetica, ndr] traccia questo iter argomentativo. Citando l’Evangelium Vitae (EV) di Giovanni Paolo II, ricorda che il suicidio e quindi l’aiuto al suicidio sono mali morali. Come tali non possono essere legittimati dallo Stato. Poi, però, Menorello chiama in causa il n. 73 dell’EV, come spessissimo fanno i cattolici per sostenere leggi ingiuste: “Il n.73 consente (anche) di ‘lecitamente offrire il proprio sostegno a proposte mirate a limitare i danni’ di una situazione ingiusta e ciò anche quando si possa prevedere l’approvazione di una norma ancora peggiorativa dell’assetto attuale”».

 

«Per rispondere a Menorello prendiamo a prestito le parole di Paolo VI: “Non è lecito, neppure per ragioni gravissime, fare il male, affinché ne venga il bene, cioè fare oggetto di un atto positivo di volontà ciò che è intrinsecamente disordine e quindi indegno della persona umana, anche se nell’intento di salvaguardare o promuovere beni individuali, familiari o sociali”. (Humanae vitae, 14). Non è moralmente lecito compiere il male. Mai, nemmeno in stato di necessità e nemmeno per un fine buono, come ad esempio limitare i danni. Tradotto nel nostro caso: non è lecito approvare una legge ingiusta anche per migliorare la situazione presente e/o per scongiurare una legge ancora più ingiusta che in futuro certamente sarà approvata».

 

A questo punto siamo un po’ confusi: ma è lo stesso Tommaso Scandroglio che sponsorizzava la proposta «Un Cuore che batte» proprio dalle pagine della NBQ e proprio tirando in ballo il n.73 di EV, come fa in questo caso il Menorello? Pare proprio di sì.

 

Ma le sorprese non sono finite: il nostro prosegue dimostrando che l’eventuale sostegno al Ddl sul suicidio assistito non potrebbe rientrare nei casi previsti dall’enciclica di Giovanni Paolo II e che comunque anche qualora vi rientrasse il Ddl non potrebbe essere votato:

 

«Facciamo finta che nell’attuale testo del Ddl non ci fosse, come in realtà c’è, l’indicazione dell’obbligatorietà del percorso delle cure palliative. Supponiamo che un parlamentare cattolico proponga un emendamento per introdurle. Sarebbe moralmente lecito votare a favore di questo emendamento? Sì, perché questo emendamento, di suo, non accetta la depenalizzazione del suicidio assistito, ma si limita a voler inserire un obbligo che renderebbe meno iniqua questa legge. In questo caso l’azione di limitazione del male è lecita (obbligo delle cure palliative)».

 

«Ciò detto, facciamo ancora finta che il testo così emendato arrivi al voto finale: il parlamentare autore dell’emendamento, così come tutti gli altri parlamentari, potrebbe votare a favore del testo così migliorato? No, perché il suo voto non riguarderebbe solo quell’obbligo da lui voluto, ma anche tutti gli articoli di legge che, mirando alla depenalizzazione di una condotta che invece meriterebbe di essere sanzionata, sarebbero ingiusti. Quindi il suo voto a favore significherebbe accettazione non solo di quell’elemento giusto da lui voluto, ma anche delle altre sezioni ingiuste. E non si può mai votare a favore dell’ingiustizia».

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Ora, il senso di confusione è totale: è sempre lo stesso prof. Scandroglio che nel caso della proposta di legge «Un cuore che batte» sosteneva che malgrado i suoi evidenti «difetti» tale iniziativa costituiva «un modo per superare un certo purismo di alcuni ambienti cattolici i quali non si cimentano in nessun progetto se non è tutto perfetto, se non c’è nessuna sbavatura, se nessun effetto lontanamente negativo potrà sporcare la proposta. Ma chi va al mulino si infarina. Tutto inoltre è perfettibile e alcuni risultati importanti, prima di incassarli, necessitano – sì, necessitano – di plurime sconfitte (…) Questa proposta di legge di iniziativa popolare è quindi, allo stato attuale, da appoggiare».

 

Ora, noi di Renovatio 21 eravamo evidentemente i puristi che criticavano la proposta di legge «Un cuore che batte» perché, per come era formulata, non rientrava nei casi previsti dal n 73 di EV; e facevamo anche presente che anche qualora vi fosse rientrata non avrebbe potuto essere votata, adducendo gli stessi identici motivi che ora adduce Scandroglio nel caso del Ddl sul suicidio assistito. 

 

Si potrebbe obiettare che le due questioni hanno un’importanza e una rilevanza pubblica diversa. Sarà, ma la sostanza non cambia: la dottrina e la morale non mutano a seconda del «peso specifico» dell’iniziativa che si intende portare avanti o sponsorizzare. La fedeltà al Magistero o è totale oppure non è. 

 

Anche perché, dare conto di una discussione che riguarda il Magistero della Chiesa senza spiegare cosa il Magistero afferma con chiarezza è nascondere un pezzo decisivo di informazione, ovvero significa seminare confusione e dubbio laddove c’è certezza

 

Alfredo De Matteo

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