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Scienziati nucleari iraniani in visita clandestina ai siti atomici russi

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Nell’estate del 2024 alcuni scienziati nucleari iraniani hanno effettuato un viaggio segreto in Russia per ispezionare strutture coinvolte in tecnologie potenzialmente collegate allo sviluppo di armi nucleari. Lo riporta il Financial Times, che cita corrispondenza ufficiale, documenti di viaggio e registri aziendali ottenuti.

 

Ciò suggerirebbe che la Russia abbia già fornito un supporto tecnico e forse materiale maggiore allo sviluppo nucleare dell’Iran di quanto si sapesse in precedenza. Un’accusa che fa di certo comodo ai falchi neocon che premono al contempo per la guerra contro Mosca e quella contro l’Iran.

 

Non è un segreto che Mosca e Teheran abbiano approfondito la loro partnership commerciale, tecnologica e di difesa negli ultimi anni, in particolare dopo l’inizio della guerra in Ucraina.

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La Russia difende da tempo il diritto sovrano della Repubblica Islamica di sviluppare la propria energia nucleare, mentre Israele e gli Stati Uniti hanno lanciato l’allarme su quella che sospettano essere una spinta nascente e segreta per realizzare una bomba atomica.

 

Secondo FT, un piccolo gruppo di esperti iraniani, guidato da un famoso fisico nucleare, è entrato in Russia utilizzando passaporti diplomatici nell’agosto 2024, fingendosi dipendenti di una società di consulenza con sede a Teheran.

 

A Mosca, il gruppo ha visitato un sito di ricerca che presenta sistemi con funzioni sia civili che possibili applicazioni nella ricerca sulle armi nucleari. Il reportage della testata britannica evidenzia la presenza di uno scienziato noto per la sua specializzazione in generatori di neutroni, dispositivi che possono essere utilizzati per innescare detonazioni nucleari.

 

La pubblicazione descrive il contesto più ampio e l’atmosfera di profondo sospetto che circonda tali viaggi all’estero da parte di tali delegazioni nucleari

 

«Il viaggio in Russia ha avuto luogo in un momento in cui i governi occidentali stavano notando una serie di attività sospette condotte da scienziati iraniani, tra cui i tentativi di acquisire dall’estero tecnologie nucleari rilevanti» scrive FT. «Le agenzie di intelligence occidentali ritengono che l’Iran avesse un programma segreto per le armi nucleari, separato dai suoi sforzi per produrre combustibile nucleare, che la guida suprema ayatollah Ali Khamenei ha bloccato nel 2003».

 

Il capogruppo iraniano avrebbe detto da uno scienziato russo che lo scopo del viaggio era discutere gli aspetti tecnici e produttivi dei dispositivi elettronici e cercare percorsi più ampi di collaborazione scientifica.

 

Lo scoop del Financial Times, con la mole di documenti ottenuti e analizzati, vuole sostenere che l’approvvigionamento di materiali nucleari strettamente monitorati fosse una priorità anche per la squadra iraniana. «I documenti suggeriscono anche che l’interesse della delegazione si estendesse oltre la competenza tecnica, a qualcosa di molto più delicato: i materiali radioattivi», afferma il reportaggio.

 

Alla fine di maggio dell’anno scorso, mentre lo scienziato atomico iraniano «stava organizzando il viaggio della delegazione in Russia, inviò una breve lettera su carta intestata» a «un fornitore russo di isotopi nucleari», nello specifico «tre isotopi radioattivi, trizio, stronzio-90 e nichel-63, per scopi di ricerca. Non ha specificato quali quantità fossero richieste».

 

L’inchiesta giornalistica ammette tuttavia che non ci sono ancora prove che il gruppo iraniano abbia effettivamente acquistato questi isotopi dalla Russia.

 

«Il trizio ha applicazioni civili nell’illuminazione, nella diagnostica medica e nella ricerca sulla fusione, ma il suo uso commerciale è limitato e fortemente regolamentato. L’esperienza (…) nel trasporto e nel rilevamento delle radiazioni potrebbe potenzialmente essere correlata (…) ai tipi di sistemi di misurazione coinvolti nei test di implosione nucleare, dove il trizio può essere utilizzato».

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I pochi reattori al mondo che attualmente lo producono lo fanno tutti per potenziare le testate nucleari. «Chiunque chieda trizio, io presumo automaticamente che si tratti di armi», ha detto al giornale inglese Alberque, William Alberque, ex capo del centro NATO per il controllo degli armamenti, il disarmo e la non proliferazione delle armi di distruzione di massa ora ricercatore senior presso il Pacific Forum. «Con i klystron penso: “Sei furbo, potrebbero essere altre cose”. Ci metti dentro il trizio e io dico: è la prova schiacciante».

 

Tutta questa attività è avvenuta ovviamente ben prima dell’attacco israelo-statunitense di quest’estate agli impianti nucleari iraniani. La «guerra dei 12 giorni» ha probabilmente solo accelerato il desiderio della Repubblica Islamica di dotarsi di una bomba, ammesso che fosse già su questa strada. Tra le principali lamentele dei leader iraniani c’è l’ estremo squilibrio in termini di sicurezza nella regione, dato che Israele possiede un arsenale nucleare non dichiarato . Resta il fatto che due paesi ai confini dell’Iran sono stati oggetto di operazioni di cambio di regime guidate dagli Stati Uniti: Iraq e Afghanistan.

 

E la Libia, ricorda Zerohedge, «dopo aver rinunciato a qualsiasi aspirazione nucleare, è stata rovesciata e Gheddafi ucciso. Teheran ne ha preso atto, e forse ora si rende conto che la sua unica possibilità di sopravvivenza potrebbe essere la via nucleare».

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Immagine di pubblico dominio CC0 via Wikimedia

 

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