Economia

Prezzi dell’energia fuori controllo: fermate il TTF

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I prezzi del gas per i futures di settembre al mercato spot di Amsterdam Title Transfer Facility (TTF) hanno chiuso lo scorso 25 agosto a 321 €/MWh.

 

Solo un anno fa, nel mezzo della crisi pandemica, il prezzo era di circa 50 euro. È chiaro che il prezzo attuale, più di sei volte il prezzo di pochi mesi prima, non può che continuare a salire.

 

Il risultato è che le bollette di famiglie aziende e tutta Europa possono arrivare costare 10 volte tanto. Una situazione completamente insostenibile – chiunque a questo punto, può capire quanto sarà delicata la situazione questo autunno.

 

Qualche sparuta voce sta ponendo una soluzione radicale al problema: la sistemazione del Title Transfer Facility, più comunemente noto come TTF, cioè il scambio virtuale per il gas naturale situato ad Amsterdam.

 

«Mentre i prezzi dell’energia in Europa danzano su livelli iperbolici, colpisce il silenzio della Commissione Europea, massima autorità in materia di energia e mercati» ha scritto Sergio Giraldo su La Verità. «Un silenzio non casuale, in realtà, considerato che gran parte della responsabilità del disastro in cui ci troviamo, si trova proprio lì».

 

«Parliamo, ad esempio, del Title Transfer Facility (TTF), il mercato olandese dove vengono scambiati volumi fisici di gas. Questo piccolo mercato, nato nel 2003, è diventato nel frattempo il riferimento per l’intero continente europeo. Il prezzo che si forma al TTF è oggi il’indice a cui i i contratti di fornitura all’ingrosso e ai clienti finali con formule di prezzo variabili sono legati» scrive il quotidiano milanese.

 

«Tutti gli altri mercati europei (francese, tedesco e italiano) procedono in parallelo al TTF, con piccole differenze. Anche i contratti negoziati fuori dai Paesi Bassi a prezzo fisso, come in Italia, sono prezzati sulla base alla quotazioni correnti su quel mercato».

 

«L’influenza del TTF sui vari mercati nazionali del gas è pressoché totale» continua Giraldo. «Al mercato fisico si affianca un mercato finanziario, gestito dal colosso americano ICE [Intercontinental Exchange, il mercato dei derivati fondato nel 2000 con il sostegno di Goldman Sachs, Morgan Stanley, BP, Total, Shell, Deutsche Bank, e Société Générale, ndr], dove si scambiano future che hanno come sottostante il gas scambiato al TTF te e dove i prezzi sono simili ma i volumi molto più grandi».

 

«L’Unione Europea, nei suoi rapporti trimestrali sull’andamento dei mercati energetici, non ha mancato in questi anni di elogiare la nascita e lo sviluppo del TTF, considerato come un vanto».

 

L’articolo spiega quindi che l’idea europea era infatti quella di sostituire gradualmente i vecchi contratti di importazione a lungo termine indicizzati al petrolio, considerati «contrari all’attuazione di una piena concorrenza di mercato», con contratti a breve termine intensamente negoziati in nome della libera concorrenza.

 

Giraldo, oltre che collaboratore de La Verità, è Head of Risk Management and Energy Market Compliance di una società energetica.

 

Egli sa quindi indicare i problemi del TTF: in primo luogo, il piccolo volume di scambi.

 

Lunedì scorso, 22 agosto, il future di settembre al TTF era di 23 milioni di metri cubi, davvero piccolo rispetto al consumo giornaliero in Europa. Tali volumi sono «ridicoli», ma questo significa che «i prezzi possono essere modificati anche con un piccolo capitale e quindi il mercato è legato all’azione di puri speculatori finanziari».

 

In secondo luogo, le linee guida europee obbligano i trader a comunicare quotidianamente i dettagli di ogni operazione alle autorità di regolamentazione, ma a quanto pare le autorità di regolamentazione hanno scoperto che tutto è a posto.

 

Un altro problema è che, a differenza dei mercati azionari, non esiste un sistema per sospendere le negoziazioni in caso di elevata volatilità.

 

Il Giraldo insiste sul fatto che è «grave e assurdo che una materia prima dal cui prezzo dipende una quota rilevantissima dell’intera economia continentale (produzione elettrica, chimica, metalmeccanica, nonché acciaio, carta, vetro e tanti altri) sia scambiata in questo modo, senza regole, senza controlli, senza freni».

 

Ne risulta quindi che «il PIL europeo e il portafoglio delle famiglie sono appesi a un mercato-giocattolo, una costruzione ideologica voluta dall’oligarchia di Bruxelles».

 

Nella sua lucida disanima, tuttavia, l’autore non prevede, come soluzione del problema, la chiusura del TTF, o il divieto di scambio per future legati alle materie prime.

 

Non si tratta di una proposta impraticabile: ogni singolo governo UE avrebbe il potere di chiederlo, mettendo sul piatto il veto al prossimo bilancio dell’Unione – e magari pure un’uscita della Nazione dall’ente che ha creato questo meccanismo diabolico e suicida.

 

Ma chi può avere questo coraggio? Governo sovranista cercasi. Non abbiamo speranze di vederlo in Italia dopo le prossime elezioni.

 

 

 

 

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