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Macron sostiene la sentenza che impedisce la candidatura della Le Pen

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Il presidente francese Emanuele Macron sostiene la magistratura riguardo al divieto di candidatura comminato a Marine Le Pen, per due volte sue diretta avversaria durante le elezioni presidenziali.

 

Mercoledì, il presidente francese avrebbe rotto il suo silenzio difendendo la magistratura «indipendente» senza commentare i motivi della sentenza che esclude la sua sfidante dalle prossime elezioni.

 

Un funzionario presente a un incontro con i massimi funzionari governativi ha affermato che Macron ha anche sottolineato che «i giudici devono essere protetti», dopo che è stato rivelato che il magistrato che ha impedito a Le Pen di candidarsi alle elezioni presidenziali francesi del 2027 è ora sotto protezione della polizia.

 

Per giorni il presidente aveva opposto un assordante silenzio al caso che sta scuotendo la politica francese, e mondiale.

 

A differenza di Macron, negli scorsi giorni il premier François Bayrou aveva reagito dicendosi «turbato» dalla sentenza.

 

La Corte d’appello di Parigi emetterà la sua sentenza sul ricorso di Le Pen l’anno prossimo.

 

 

Come riportato da Renovatio 21, nelle scorse ore il presidente degli Stati Uniti d’America Donald Trump ha definito la condanna della Le Pen «un grosso problema».

 

Il pattern dell’interferenza politica della magistratura è ora ben visibile in tutto il mondo.

 

In quasi tutti i principali Paesi d’Europa, la destra sta affrontando indagini giudiziarie: il Romania, con Calin Georgescu, abbiamo visto il caso estremo di elezioni annullate dopo la vittoria del candidato euro- e NATO-scettico: i giudici sono andati oltre arrivando ad arrestarlo e a proibirgli la ricandidatura.

 

In Austria abbiamo inquisito il leader del partito vincitore delle ultime elezioni FPÖ Herbert Kickl. Nel caso della Germania, si sbandiera da tempo il divieto assoluto di un intero partito, AfD, formazioni in grande ascesa in varie laender tedeschi.

 

Non sono dissimili i casi giudiziari che hanno coinvolto Matteo Salvini in Italia e Donald Trump negli USA.

 

L’uso politico della magistratura, magari con ordini che possono provenire da altrove, è qualcosa che nel nostro Paese abbiamo visto pienamente con la stagione detta «Tangentopoli», fase della Repubblica Italiana rimasta misteriosa, con nessuno che sembra davvero interessato a discuterla.

 

La giustizia politica era proseguito, come tendiamo a dimenticare, con il calvario giudiziario pluridecennale di Silvio Berlusconi.

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