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Lula lancia la campagna per la vaccinazione totale della popolazione del Brasile

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Ignacio Lula Da Silva, il controverso presidente criminale condannato del Brasile, uscito da elezioni contestate come illegittime da una parte consistente della popolazione , ha lanciato una campagna per la vaccinazione totale del popolo brasiliano – nel 2023, a più di tre anni dallo scoppio della pandemia COVID-19.

 

Lula, membro del World Economic Forum di Davos, ha di recente dichiarato in maniera pubblica di aver fatto la sua quinta dose di vaccino.

 

«Il vaccino è una garanzia di vita. Ecco perché oggi ho preso il mio quinto vaccino. E se c’è il sesto, prendo il sesto. Se c’è il settimo, prendo il settimo».

 

Nel video che circola in rete il Lula si scaglia contro i «negazionisti».

 

«Voglio fare un appello a ogni madre, nonna, nonno, padre, adolescente, bambino che sta qui: non credete al negazionismo, non credete alle sciocchezze che si dicono contro il vaccino».

 

 

«Potrebbe non piacervi, potreste non volere fare il vaccino, ma avete l’obbligo di amare vostro figlio, vostro figlia, vostra madre, vostro padre, ed è importante per noi assicurare che la gente faccia il vaccino per prevenire ancora più grandi tragedie delle nostre vite» dice l’ex carcerato ora a capo del Paese.

 

«Per l’amore di Dio, non siate irresponsabili, se c’è un vaccino disponibile, andate a farvi vaccinare. Perché il vaccino è l’unica garanzia che avete di non morire a causa della mancanza di responsabilità» ha detto il Lula, diffondendo di fatto fake news: da nessuna parte è detto che il vaccino dà certezza di prevenire la morte, e anzi potrebbero considerarsi i casi dei vaccinati poi morti comunque di COVID – oltre che le statistiche per cui chi non è vaccinato si infetta di più.

 

Con il tasso mediano ufficiale di mortalità per infezione COVID allo 0,23% (anche meno se si tiene conto dei decessi falsi positivi), il contagio non è un problema mortale per almeno il 99,8% del pubblico: questo è oramai risaputo, ed accettato da una larga porzione dell’opinione pubblica. E quindi cosa sta dicendo Lula? Chi vuole ingannare?

 

Forse la questione non è solo la vaccinazione in sé, ma la capacità di sottomettere le masse agli imperativi delle centrali mondialiste, di cui Lula è associato.

 

«Il vaccino è garanzia di vita» continua l’allucinante discorso del successore di Bolsonaro. «E se ce n’è un sesto, prenderò il sesto. E se c’è un settimo, prenderò il settimo» dice Lula, mentre a fianco gli ballonzola un pupazzo gigante.

 

È impossibile non vedere come Lula di fatto stia già spingendo la cornice sanitaria per cui il vaccino verrà fatto ciclicamente, forse una volta l’anno – come il cambio di un telefonino, aveva detto oscuramente il CEO di Moderna Stephane Bancel.

 

La stranezza di questa nuova campagna consiste nel fatto che la percentuale di vaccinati fra i carioca è comunque piuttosto alta: parliamo di una cifra intorno all’80%. Ciò fa pensare che l’iniziativa di Lula sia quella di portare il restante 20% alla siringa, così da arrivare al 100% dei sierati, cioè la vaccinazione totale della popolazione.

 

Lula è risaputamente uno dei soci del World Economic Forum e di Klaus Schwab, un consesso che il leader laburista frequenta da almeno 20 anni. Il gruppo estremista di Davos gli ha assegnato un «Global Statesman Award» nel 2010. Ricordiamo come il WEF abbia affermato in varie occasioni che «vaccinare il mondo intero» sia un obbiettivo da perseguire.

 

Il membro del WEF Lula è stato condannato per corruzione nel 2018 nell’ambito della mega-inchiesta chiamata Lava-jato, e avrebbe dovuto scontare una pena di 12 anni. Tuttavia la Corte Suprema brasiliana – oggetto degli strali di Bolsonaro per le sue interferenze, nonché ente che aveva dichiarato la liceità dell’obbligo vaccinale – ha annullato la pena detentiva meno di due anni dopo. È stata quindi messa in atto una campagna coordinata sui media aziendali progettata per ripulire l’immagine di Silva in modo che potesse candidarsi ancora una volta alla presidenza. Silva ha rivendicato la vittoria alle elezioni del 2022, anche se almeno la metà del Brasile sostiene che le elezioni siano state truccate.

 

Sin dalla sua dubbia elezione, il Lula da Silva ha fatto della vaccinazione dell’intero Brasile la sua missione, utilizzando misure come limitare l’accesso ai sussidi sociali a chiunque non si sia sottoposto al booster e ai genitori che si rifiutano di vaccinare i propri figli.

 

Siamo agli antipodi rispetto a Bolsonaro, un presidente non vaccinato («non fare il vaccino è un mio diritto»), che tre anni fa attaccava direttamente la Pfizer e si chiedeva chi si sarebbe preso la responsabilità nel caso il farmaco mRNA non sperimentato in terza fase prendesse a trasformare le persone in jacaré, una specie di caimani tipici delle amazzoni.

 

 

Non è noto se alcuni sierati si siano trasformati in rettili acquatici amazzonici, tuttavia riguardo a reazioni avverse, e al singolare aumento della mortalità, abbiamo sentito qualcosa.

 

Dopo aver inizialmente ceduto alle lusinghe di Pechino, Bolsonaro aveva bloccato i vaccini cinesi, che nel 2020 si erano diffusi in tutto il Sud America suscitando poi polemiche per la supposta scarsa efficacia. Un anno fa aveva poi detto di aver intenzione di fare i nomi dei funzionari che avevano approvato i vaccini per i bambini.

 

Sul tema aveva poi affrontato direttamente il segretario OMS Tedros al G20 di Roma, dicendogli in faccia che «la gente muore dopo la seconda dose». Pochi mesi prima, Bolsonaro aveva minacciato di ritirare il Brasile dall’OMS.

 

All’Assemblea generale ONU di un anno fa, Bolsonaro accusò chi aveva ordito la follia pandemica dei lockdown: «la storia e la scienza riterranno tutti responsabili». Poco prima aveva dovuto mangiare una pizza al trancio in strada in quanto, da non vaccinato, non poteva entrare nei ristoranti di Nuova York.

 

La differenza tra Lula e Bolsonaro, insomma, non potrebbe essere più lampante. Ricordiamolo: a Bolsonaro hanno fatto perdere le elezioni. Forse anche perché deve partire un programma di sierizzazione terminale su tutto il popolo, un qualcosa che in Brasile non è una novità.

 

Come ricordato da Renovatio 21, l’allora capitale Rio de Janeiro nel 1904 fu teatro della cosiddetta Revolta da vacina, una rivolta ingeneratasi quando sanitari e gendarmi iniziarono a passare casa per casa per vaccinare la popolazione. Il moto che ne seguì, a cui si unirono anche cadetti militari e altre forze più o meno sincere, arrivò a minacciare lo stesso governo: dall’obbligo vaccinale poteva arrivare, insomma, un golpe.

 

All’epoca si disse che furono le favelas le prime realtà a rivoltarsi contro il vaccino governativo, oggi si dice invece che le favelas abbiano votato Lula. La classe media, che ha protestato ogni giorno per settimane per contestare la supposta frode elettorale, è quella che oggi si oppone più che mai al vaccino: ma tranquilli, a quella ora si può sparare addosso, si può picchiarla si può congelarne i conti correnti, si può piazzarla in campi di concentramento.

 

Due anni fa, quando il governatore di San Paolo proclamò l’obbligo vaccinale, masse di brasiliani andarono in piazza a urlare «non siamo cavie».

 

In verità è lo stesso territorio brasiliano a essere divenuto cavia, oltre che dei vaccini, di un’altra catastrofe genetica, ossia l’introduzione di zanzare geneticamente modificate per autoestinguersi, ma che invece si sono riprodotte in creature dotate di «vigore ibrido»: cioè, la bioingegneria genetica sugli insetti in libera circolazione per farli sparire ha prodotto in realtà «superzanzare».

 

Quali altre mostruosità della tecnocrazia mondialiste devono essere inflitte al Brasile e all’umanità?

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

 

 

 

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