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L’Intelligenza Artificiale di Google ha un problema di razzismo verso i bianchi?

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Il programma di Intelligenza Artificiale di Google Gemini AI sta venendo canzonato senza alcuna pietà per la produzione di immagini che mostrano cose come vichinghi neri, rivoluzionari americani cinesi, scozzesi ottocenteschi con la pelle scura, regine medievali inglesi dai tratti cinesi o – ancora – neri. Lo riporta Modernity.news.

 

Le rappresentazioni storicamente imprecise fanno parte con probabilità di una programmazione verso il politicamente corretto che va oltre ogni limite, superando abbondantemente il confine del grottesco e del ridicolo.

 

Gli utenti segnalano che la ricerca di immagini basata sull’intelligenza artificiale del programma ha un pregiudizio woke, al punto da limitare fortemente la visualizzazione di immagini di persone bianche.

 

Una persona ha cercato immagini tipiche di australiani, americani, tedeschi e inglesi e in risposta ha ricevuto in risposta risultati impressionanti.

 

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«È difficile ad un livello imbarazzante convincere Google Gemini a riconoscere che esistono i bianchi» scrive un utente.

 

Il giornalista Ian Miles Cheong ha mostrato su Twitter soldati della Rivoluzione Americana di origine cinese o africana e pure di sesso femminile.

 

In Iscozia, nel 1820, per il cervellone elettronico eranvi africani subsahariani.

 

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«I bambini del futuro cresceranno pensando che i Vichinghi fossero così?» si chiede Modernity News.

 

 

«L’Intelligenza Artificiale di Google Gemini è in crack» scrive un utente. «Ho chiesto un vichingo, nessun problema nel mostrarmi vichinghi “diversi“. Alla domanda su un africano, l’intelligenza artificiale mi sta insegnando che non può farlo in nome della diversità. Non cercare di farmi credere che non esiste più la guerra contro i Bianchi».

 

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Ecco quindi le regine medioevali britanniche in versione rigorosamente multirazziale.

 

 

E il re d’Inghilterra?

 

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Imperatori romani anche dall’Africa e dall’Estremo Oriente: ah non me l’aspettavo.

 

 

Il re di Francia nel 1700, com’era fatto?

 

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Riformatori protestanti del 1500? La Riforma è stata fata anche da donne cinesi ed africane, più anche da tizi che sembrano proprio indiani d’America.

 

 

Fisici del 1600? Eccoli

 

 

Poteva mancare il Papa nero, cantato da Pitura Freska a fine anni Novanta? Ecco, per non farci mancare niente, abbiamo la papessa nera, una crasi proprio del testo della canzone reggae che parlava del pontefice africano a seguito della Miss Italia Nera Denny Mendez.

 

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«Si concentra davvero sulla diversificazione degli europei. Prova con “imperatori cinesi” o “re africani” e improvvisamente è storicamente accurato» scrive in risposta un utente.

 

In alcuni casi, il programma si rifiuta apertamente di mostrare le coppie bianche, insistendo sul fatto che la «diversità» dovrebbe essere «celebrata» e che non mostrerà uno specifico gruppo etnico. Epperò se non sono bianchi, allora produrrà immagini senza problemi, notano gli utenti.

 


Con ostinazione da Terminator, l’Intelligenza Artificiale offre immagini donne nere anche quando gli si domanda di produrre una foto di una donna bianca.

 

 

La bomba, tuttavia, arriva quando vengono mostrati i risultati quando si chiede al software di creare delle immagini di soldati nazisti nel 1943.

 

 

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Ebbene sì, soldatesse della Germania nazionalsocialista con le fattezze asiatiche. E pure miliziani hitleristi nativi americani. E l’immancabile soldato nazista africano, croce di ferro e aquilozzo svasticato inclusi. Eccezio-nale.

 

La pelle bianca, ad ogni modo, è esclusa anche dalla conquista di Marte.

 

 

La ragazza con l’orecchino di perla di Vermeer era nera!

 

 

Incredibile anche il risultato quando gli si chiede un’immagine del fondatore di Apple: una su quattro immagini somiglia, in qualche modo, a Steve Jobs, le altre sono donne – o forse vaghe versioni femminili del Jobs – compresa una nerboruta edizione nera con braccine che neanche Michelle «Big Mike» Obama.

 

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Lo stesso New York Post, quarto giornale più antico degli USA fondato da Alexander Hamilton in persona, ci ha fatto la copertina. Chiedendo al computer di mostrare un’immagine di un padre fondatore degli Stati Uniti, cosa credete sia saltato fuori?

 

 

 

Bisogna dare un po’ di contesto al lettore, e ricordare il disastro in cui Google incorse con la sua Intelligenza Artificiale qualche anno fa, quando scoppiò il caso, davvero offensivo, dell’algoritmo di visione artificiale di Google Photo, che riconosceva le persone di origine africana come «gorilla». Google affermò allora di essere «sconvolta» dal fatto che la sua app fotografica etichettasse una coppia nera come scimmie, scrisse la BBC. L’app era costruita per taggare automaticamente le immagini caricate utilizzando il proprio software di Intelligenza Artificiale.

 

L’errore era stato portato all’attenzione del colosso tecnologico da uno sviluppatore di software residente a Nuova York, il quale era una delle persone ritratte nelle foto coinvolte. Secondo il Guardian, l’azione immediata dell’azienda per risolvere la crisi fu la messa al bando di parole come «gorilla», «scimpanzè» e «scimmia».

 

Internet, senza pietà, è tornata sull’antico scandalo gorillesco del colosso di Mountain View, con un utente che nota come 10 anni dopo i software Google ancora confondano le persone di colore con i gorilla. Secondo quanto suggerisce, questo sarebbe il risultato quando gli si chiede di generare immagini di un ranger di un parco in Ruanda mentre si incammina alla ricerca di gorilla.

 

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Non è stato l’unico momento di imbarazzo per i robot razzisti prodotti da Google, la quale una decina di anni fa mancò di rispetto anche ai cani, che identificava come «cavalli».

 

Come riportato da Renovatio 21, lo scorso anno Lily Ray, un’esperta di internet, aveva scoperto che Search Generative Experience (SGE), un’Intelligenza Artificiale di Google, difendeva la schiavitù, elencando ragioni economiche per cui questa pratica abominevole era in realtà buona cosa.

 

Al contempo, va sottolineato che Google non è sola nel dramma dell’IA razzista.

 

Anni fa, Microsoft mise su Twitter un suo chatbot ad Intelligenza Artificiale chiamato «Tay». Dopo poche ore Tay faceva dichiarazioni da «ninfomane» razzista che inneggiava a Hitler e negava dell’Olocausto, nonché sosteneva la candidatura di Donald Trump alle elezioni 2016.

 

Come riportato da Renovatio 21, un esperimento del 2022 pubblicato dai ricercatori della John Hopkins University, del Georgia Institute of Technology e dell’Università di Washington, ha scoperto che il loro robot, controllato da un popolare modello di apprendimento automatico, classificava le persone in base a stereotipi legati alla razza e al genere.

 

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Immagine da Twitter
 

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