Economia

L’economia russa e tutt’altro che devastata. Quella occidentale invece lo è

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Secondo ROSSTAT, il Servizio federale russo per le statistiche statali, le sanzioni hanno impattato negativamente su alcune aree dell’economia russa. L’ente non lo nega. Il dolore economico inflitto dalle sanzioni risale ancora alle prime ondate nel 2014, ai tempi dell’annessione della Crimea.

 

Tuttavia, analizza EIRN, gli sforzi di Mosca per sostituire le importazioni non disponibili investendo nello sviluppo della produzione interna si sono rivelati abbastanza efficaci.

 

Si registra un calo delle operazioni all’ingrosso e al dettaglio del 18% e delle attività minerarie (petrolio, carbone, minerali) e del 51%, ma il settore manifatturiero segna un aumento del 44%, la fornitura di elettricità e gas del 122%.

 

Il settore del trasporto/stoccaggio è aumentato addirittura del 168%.

 

Nel frattempo, sappiamo come la devastazione economica stia invece toccando Europa e USA, con prezzi del combustibile alle stelle e spirale infernale dell’inflazione ovunque.

 

A differenza della popolazione UE e USA, tuttavia, i russi non hanno il problema di pensare che potrebbero passare al freddo il prossimo inverno. Parimenti, i governi occidentali, come quello tedesco, prevedono rivolte popolari, mentre la prospettiva della Federazione russa non sembra portare a questo.

 

Bisogna dar ragione al presidente Putin, che giò 4 mesi fa annunciava che la «Blitzkrieg economica» contro la Russia era fallita, e che la crisi economica mondiale è causata dalla «frenesia delle sanzioni» sempre più masochistica e suicida per gli Stati dell’Ovest, che realizzano un vero «autodafé economico», fallendo nel tentativo di separare la Russia dal resto del mondo.

 

La guerra economica alla Russia è realtà: così la definiva pure il Financial Times in un articolo dove definiva il sequestro di danaro della Banca Centrale Russa detenuto presso banche centrali estere come «il primo episodio di guerra economica della storia». Vi partecipò, secondo i retroscena del giornale inglese, anche il premier italiano Mario Draghi, chiamato dallo Staff della Von der Leyen per la sua expertise in fatto di sistemi bancari internazionali. Draghi, di fatto, tirò dentro subito, grazie ai previ contatti di quando era presidente della BCE,  Janet Yellen, attuale segretario del Tesoro USA ed ex presidente della Federal Reserve, la banca centrale americana.

 

Come possa Draghi, o chiunque lo sostenga, ancora sperare di ottenere qualcosa (il gas, la pace) dalla Russia, per noi rimane un mistero.

 

 

 

 

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