Pensiero

La Scienza era una cosa seria. («Sciur dutúr a g’ho un dulúr!»)

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Da quando 2 anni fa è stato dichiarato lo stato di emergenza – stato che ogni giorno di più converge verso uno stato di eccezione –  abbiamo assistito alla nascita di una nuova retorica da parte del potere.  Anzi, più che di una novità, si tratta di un ritorno alla concezione della Scienza pre-illuminisitico.

 

Il potere politico giustifica la limitazione delle normali libertà costituzionali, facendo sponda sul parere di presunti  gruppi di «esperti» e «scienziati».

 

Con l’aiuto della stampa mainstream – che ha il compito di non porre mai le domande giuste al momento giusto – è stata ricostruita una vecchia immagine della Scienza: la concezione della Scienza che viene spacciata dal nuovo regime orwelliano è un ritorno all’antica reverenza dell’auctoritas da parte della cultura contadina.

 

La concezione della Scienza che viene spacciata dal nuovo regime orwelliano è un ritorno all’antica reverenza dell’auctoritas da parte della cultura contadina

Già, perché quando ogni giorno sentiamo usare sui media l’argomento che suona come «io sono un laureato in materie scientifiche, tu no» constatiamo che questi presunti «scienziati» pretendono di farci subire tale prospettiva pre-scientifica, una prospettiva contadina, appunto, dove le persone in condizioni di minorità non dovevano fare altro che fidarsi del figlio del mugnaio che aveva studiato in città.

 

Ce lo dicono tutti i giorni: noi saremmo  in uno stato di minorità, che secondo la definizione di Kant consiste nell’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro (quello che, a differenza dei sorci di campagna, ha preso una laurea cittadina).



Questo è ormai l’argomento retorico preferito delle virostar; chiunque segua occasionalmente i talk show se ne sarà certamente accorto.

 

In questo preciso copione stucchevole i giornalisti mainstream hanno il compito di fare da spalla al laureato di turno – improvvisatosi premio Nobel de’ noantri – che dà del coglione a chiunque dissenta. Non di rado si tratta anche di colleghi parimenti titolati, anche se la stampa di regime preferisce tendenzialmente organizzare il contraddittorio con casalinghe raccattate a Roswell.

 

È allora opportuno ricordare in che cosa consiste il metodo scientifico e vedere la pessima formazione che dimostrano ogni giorno la maggior pate di questi presunti «esperti».

 

Noi saremmo  in uno stato di minorità, che secondo la definizione di Kant consiste nell’incapacità di servirsi della propria intelligenza senza la guida di un altro (quello che, a differenza dei sorci di campagna, ha preso una laurea cittadina)

Il metodo scientifico consiste nella capacità di formulare ipotesi che non siano falsificate dai fatti. Se un’ipotesi o un modello esplicativo entra in contraddizione coi fatti (falsificazione) o genericamente in contraddizione con se stesso, allora significa che quel modello è falso, e va corretto o scartato.

 

Dunque, in sostanza, possiamo dire che la bravura di uno scienziato consiste nella capacità di costruire sistemi per spiegare la realtà che siano immuni da contraddizione.  Questa è la base (falsificazionismo) di tutta l’epistemologia contemporanea, di cui tralasciamo ora tutti gli sviluppi.

 

Per tale motivo qualsiasi scienziato con due rudimenti di epistemologia (la scienza che studia il metodo scientifico stesso) sa che ben prima dell’autorità derivante dal titolo di studio vi sono la logica e la matematica.



Uno scienziato come Max Planck, queste cose le sapeva benissimo. Così come le sapevano benissimo tipetti piuttosto svegli come Karl Heisenberg, Kurt Gödel, Erwin Schrödinger etc.

 

Ma, constatiamo,  non le sanno gli scienziati improvvisati che pontificano in televisione.

 

Qualsiasi scienziato con due rudimenti di epistemologia (la scienza che studia il metodo scientifico stesso) sa che ben prima dell’autorità derivante dal titolo di studio vi sono la logica e la matematica

Un’affermazione di un laureato in Medicina è scientificamente vera a condizione che rispetti la logica e la matematica; quindi – se proprio volessimo essere pedanti – ciò che viene affermato da un medico dovrebbe essere vagliato da qualche esperto in logica e matematica. Anche quando questi parlasse di statistiche circa l’efficacia di molecole per curare la dissenteria, magari quella provocata dalle interviste che rilascia alla stampa.

 

Non ci risulta che nei talk show abbiano di abitudine convocato matematici. E non è un caso, perché un matematico non potrebbe far finta di non capire le statistiche del Ministero della Salute, nemmeno se venisse pagato in lingotti d’oro.

 

Per sfortuna dei «sciur dutúr» (come li chiamavano i contadini lombardi)  che dispensano perle di saggezza sui media sotto direttiva della politica – l’uso della logica e della matematica non è appannaggio esclusivo dei professori della Facoltà di Filosofia o di Matematica, ma è intrinseco al funzionamento della mente umana (anche di quella divina, argomenterebbero alcune scuole di pensiero).

 

Dunque, quando un cittadino comune dichiara di trovare una contraddizione in quanto affermano un medico o mille medici, quella contraddizione va smontata oppure si deve correggere quanto affermato.

 

Lo slogan che sentiamo ripetere senza sosta  «mi fido della Scienza» (e su cui il Partito Democratico ha fatto anche dei manifesti  compiaciuti) denota una disarmante ignoranza del metodo scientific

Lo slogan che sentiamo ripetere senza sosta  «mi fido della Scienza» (e su cui il Partito Democratico ha fatto anche dei manifesti  compiaciuti) denota una disarmante ignoranza del metodo scientifico. Della Scienza non «ci si fida»; alla Scienza si chiede ragione, cioè da una comunità scientifica si deve pretendere che non sussistano contraddizioni logico-matematiche in quanto afferma e in quanto dispone a livello prassistico.

 

Il metodo scientifico –come si nota – non può essere democratico: se la maggioranza degli scienziati di una comunità scientifica si contraddicono, questo non evita alle loro posizioni di essere false. Anche quando ad accorgersene fosse una sparuta minoranza.

 

Del resto che non basti una laurea in medicina per padroneggiare il principio di non contraddizione lo si capisce dall’adesione di migliaia di medici all’obbligo vaccinale contro il COVID e, a breve, al terzo richiamo.

 

Perché i medici si sono fatti obbligare a fare il vaccino anti-COVID quando questo obbligo non sussiste per i panettieri?

 

Per proteggere i pazienti degli ospedali, è la motivazione ripetuta dai medici stessi. Insomma, un medico avrebbe subito l’obbligo di vaccinarsi contro il COVID  ( e a breve dovrà subire anche la terza dose) perché deve evitare di contagiare i suoi pazienti.

 

La vaccinazione dei medici non solo è in contraddizione con lo scopo dichiarato ( non contagiare i pazienti), ma è talmente in contraddizione da essere peggiorativa per raggiungere lo scopo

Ecco, questo è un esempio di mancato uso della logica, cioè del principio di non contraddizione. Uno scenario demenziale.

 

Essendo infatti risaputo – anzi, essendo, oggi, certo – che un vaccinato rimane contagiabile e contagioso, usando la razionalità scientifica, ai medici avrebbero dovuto imporre l’obbligo di effettuare tamponi  frequenti per escludere di essere portatori asintomatici del COVID ai loro pazienti.

 

In altre parole, la vaccinazione dei medici non solo è in contraddizione con lo scopo dichiarato ( non contagiare i pazienti), ma è talmente in contraddizione da essere peggiorativa per raggiungere lo scopo: infatti un medico vaccinato sarà percentualmente più asintomatico, quindi –se prende il COVID – non se ne accorgerà nemmeno prima di andare in corsia.

 

Pertanto, dalle premesse dichiarate (non contagiare i pazienti), non seguono le conclusioni (vaccinarsi anziché tamponarsi). Siamo di fronte ad una palese contraddizione, appunto.

 

E abbiamo che i parenti dei pazienti per entrare all’ospedale o al pronto soccorso devono sostenere un tampone seduta stante, mentre il personale sanitario che lavora all’ospedale deve sostenere tamponi con una frequenza ben inferiore.

 

Un medico che scelga di vaccinarsi può dire di farlo per interesse personale, ma non per il bene del paziente. Poiché, in base alla premesse, per tutelare il paziente  egli dovrebbe innanzitutto sottoporsi a frequenti tamponi.  Di queste contraddizioni  nella gestione della pandemia ce ne sono a centinaia

Come si vede da questo esempio, avere conseguito una laurea in medicina non esclude di essere un «idiota».

 

«Idiota» è l’espressione più calzante; come altro si potrebbe definire una soggetto che dice di voler spegnere un incendio ma sceglie di usare un secchio di benzina anziché uno d’acqua? Tecnicamente, un «idiota». In latino, dice la Treccani, «idiota significava “incompetente, inesperto, incolto”», tuttavia è anche interessante l’etimo greco idiótes. voleva dire «voleva dire “uomo privato”, in contrapposizione all’uomo pubblico».

 

Un medico che scelga di vaccinarsi può dire di farlo per interesse personale, ma non per il bene del paziente. Poiché, in base alla premesse, per tutelare il paziente  egli dovrebbe innanzitutto sottoporsi a frequenti tamponi.  Di queste contraddizioni  nella gestione della pandemia ce ne sono a centinaia.

 

E non sono contraddizioni irrilevanti, perché su di esse si fondano addirittura numerose limitazioni ai diritti costituzionali.

 

«È difficile far capire qualcosa ad un uomo se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a capire» Upton Sinclair

In conclusione, dunque, dal fatto che un laureato – magari anche con mansioni dirigenziali importantissime – possa essere pacificamente un «idiota» se ne può accorgere anche un ortolano, un maestro di musica o un ingegnere meccanico; perché l’uso del principio di non contraddizione è prerogativa di qualsiasi essere umano. Ma di questo si era già accorto Kant qualche tempo fa.

 

Diremo, anzi, che non di rado il livello di idiozia a cui assistiamo sembra così incredibile che non può non venire qualche dubbio; e ci torna alla memoria quanto diceva lo scrittore americano Upton Beall Sinclair:

 

«È difficile far capire qualcosa ad un uomo se il suo stipendio dipende proprio da questo suo non riuscire a capire».

 

 

Gian Battista Airaghi

 

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