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Il Vietnam rafforza le posizioni nel Mar Cinese meridionale

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Negli ultimi anni sono stati recuperati 220 ettari di territori; 170 solo nel 2022. Niente a che vedere con le appropriazioni unilaterali cinesi a cui tutta la regione del sud-est asiatico cerca di opporsi.

 

 

Diversi osservatori segnalano una ripresa delle attività di espansione e consolidamento della presenza del Vietnam sulle isole che amministra nel Mar Cinese meridionale, con un chiaro intento di rivendicazione territoriale. Nell’ultimo decennio sono stati recuperati 220 ettari di terreno, di cui 170 durante l’ultimo anno.

 

Un’evoluzione che, insieme al riarmo – che riguarda soprattutto tecnologie più avanzate e un rapporto più stretto con Stati Uniti, Giappone e altri Paesi – si conforma al contesto dell’Asia meridionale e orientale, in risposta alla crescente percezione di una minaccia cinese (e, per quanto riguarda l’Estremo Oriente, nordcoreana).

 

Il Centro per gli studi strategici e internazionali (CSIS) di Washington ha rivelato che le rivendicazioni vietnamite riguardano in particolare l’isola di Namyit, l’atollo di Pearson e l’isola corallina di Sand, dove sono in corso progetti di ampliamento dell’area utilizzabile e delle infrastrutture, anche militari.

 

Nei primi due, sono in costruzione strutture portuali in grado di accogliere natanti di grande stazza. Anche Tenent Reef sta vedendo un ampliamento significativo. Sviluppi comunque di molto inferiori – segnala l’Asia Maritime Transparency Initiative (AMTI) del CSIS – del recupero dal mare di aree emerse da parte cinese che solo tra il 2013 e il 2016, periodo di maggiore attività espansiva, avevano raggiunto i 1.350 ettari di superficie.

 

La Repubblica Popolare Cinese, che in passato per sostenere le sue pretese territoriali ha modificato unilateralmente l’estensione della propria piattaforma territoriale e le aree di interesse economico esclusivo, includendo quasi il 90% del Mar Cinese meridionale, ha da tempo stabilito avamposti militari cementificando atolli e ampliando isole sottratti soprattutto alle Filippine.

 

Manila su questo aspetto specifico dell’unilateralità cinese ha ottenuto nel 2016 una sentenza dalla Corte permanente di arbitrato dell’Aia sfavorevole a Pechino.

 

Se entro certi limiti tutti i Paesi che si affacciano sul vasto specchio d’acqua (indicato nelle loro mappe con nomi diversi) rivendicano zone in parte sovrapposte, l’area è anche di elevato valore strategico internazionale, per la presenza di rotte commerciali essenziali, la presenza di ricchi giacimenti di gas sul fondo marino e l’abbondanza della fauna ittica.

 

Da qui la presenza ormai costante a scopo dissuasivo di navi da guerra statunitensi, britanniche, australiane e di diversi altri Paesi occidentali che da tempo hanno chiarito che la soluzione delle controversie dovrà essere oggetto di trattative tra le parti e non stabilita con azioni unilaterali sostenute dalla pressione militare.

 

 

 

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