Cancro
Il mondo si trova ad affrontare un enorme aumento dei decessi per cancro: studio
La comunità scientifica prevede l’incremento dei casi di cancro del mondo, ma non sembra contemplare quello che sempre più voci ritengono un fattore scatenante.
Uno studio pubblicato giovedì su The Lancet prevede che entro il 2050 i decessi annuali per cancro cresceranno di circa il 75%, arrivando a 18,6 milioni, principalmente a causa dell’aumento della popolazione e dell’invecchiamento.
L’aggiornamento del Global Burden of Disease Study Cancer rivela che oltre la metà dei nuovi casi e due terzi dei decessi si registreranno nei Paesi a basso e medio reddito.
«Il cancro rappresenta un onere sanitario globale significativo, e il nostro studio mostra che nei prossimi decenni crescerà notevolmente, con un impatto maggiore nei paesi con risorse limitate», ha dichiarato la dottoressa Lisa Force, autrice principale dell’Institute for Health Metrics and Evaluation (IHME) dell’Università di Washington.
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Con sede a Seattle, l’IHME conduce questa ricerca utilizzando dati dei registri tumorali e interviste ai caregiver dal 1990. Dal 1990 al 2023, i nuovi casi di cancro annuali sono più che raddoppiati, raggiungendo 18,5 milioni a livello globale, con una tendenza al rialzo destinata a continuare.
Il consumo di tabacco, soprattutto tra gli uomini, rimane la principale causa di morte per cancro, responsabile di circa il 21% dei decessi nel 2023. È stato il fattore di rischio predominante in molti paesi, tranne in quelli a basso reddito, dove il sesso non protetto, causa di infezioni da HPV, è risultato al primo posto.
Tra gli altri fattori di rischio per gli uomini spiccano il consumo di alcol, diete scorrette, esposizione professionale e inquinamento atmosferico. Per le donne, obesità e iperglicemia sono risultati rilevanti.
Il coautore, dottor Theo Vos, ha evidenziato che l’alto numero di decessi legati a fattori di rischio modificabili offre «grandi opportunità» per la prevenzione, intervenendo su abitudini come il fumo, un’alimentazione inadeguata e pratiche sessuali non sicure.
Lo studio non prende in considerazione che le vaccinazioni COVID possano aver avuto un effetto cancerogeno massivo, un pensiero che, per quanto esorcizzato dall’establishment, trova sempre più spazio nella discussione pubblica e persino in nicchie scientifiche.
Come riportato da Renovatio 21, due settimane fa ricercatori italiani hanno pubblicato le riccerche riguardo alla possibile correlazione tra siero COVID e aumento dei tumori. A inizio anno il dottore miliardario Patrick Soon-Shiong, chirurgo dei trapianti e proprietario del quotidiano Los Angeles Times, aveva spiegato in un’intervista come la proteina spike del COVID, persistente nell’organismo delle persone sia a causa del virus sia a causa delle iniezioni di mRNA, stia contribuendo a diagnosi di cancro senza precedenti.
Malgrado gli sforzi dei cosidetti fact-checker, la questione dei turbocancri oramai ha raggiunto oramai un alto grado di consapevolezza pubblica.
Come riportato da Renovatio 21, il fenomeno dei cosiddetti «turbocancri» sta creando vaste domande nei medici che osano ancora porsene, mentre è ignorato completamente dai rapporto istituzionali come quelli dell’OMS sull’aumento dell’incidenza dei tumori anche nei giovani.
Secondo una riflessione apparsa su The Defender, il fenomeno dei turbocancri diventerà talmente pervasivo da essere innegabile al punto che per farlo accettare non sarà nemmeno più necessario da parte delle autorità sanitarie e politiche l’uso della Finestra di Overton.
In realtà, quello del COVID potrebbe non essere stato il primo evento tumorogeno globale della storia recente: in molti puntano il dito sull’SV40, un virus finito nel vaccino polio tramite le cellule di rene di scimmia utilizzate per la produzione del siero e accusato da varie ricerche negli ultimi decenni di essere cancerogeno al punto da ipotizzare una correlazione tra la vaccinazione polio di massa e l’aumento dei casi di cancro in tutto il pianeta dalla seconda metà del XX secolo.
Come notato da Renovatio 21, è sorprendente come lo scorso anno sia stato dimostrato come il virus SV40, che si pensava archiviato con la fine della sierizzazione della polio, sia comparso pure nel vaccino Pfizer COVID.
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