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Approvato psicofarmaco per la depressione post-parto: prosegue la medicalizzazione di ogni aspetto della vita

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La prima pillola per curare la depressione post-gravidanza sarà presto disponibile, dopo che l’ente regolatorio americano per i farmaci Food and Drug Administration (FDA) ha dato ieri la sua approvazione.

 

Sage Therapeutics e il suo partner Biogen hanno in programma di iniziare a vendere la pillola, che sarà commercializzata con il marchio Zurzuvae, entro la fine di quest’anno.

 

I dati degli studi clinici mostrano che la pillola funziona avrebbero un effetto molto rapido, iniziando ad alleviare la depressione in appena tre giorni, una velocità considerabile significativamente maggiore di quella degli antidepressivi generici, che possono richiedere diverse settimane per avere effetto.

 

Le pazienti potrebbero quindi essere attratte, oltre che dalla rapidità di azione, anche dal fatto che la droga psichiatrica verrebbe assunta solo per due settimane, non per mesi, scrive il New York Times citando esperti di salute mentale.

 

La pillola, chiamata zuranolone, che sarà commercializzata con il marchio Zurzuvae, è stata sviluppata da Sage Therapeutics, una società del Massachusetts che la produce in collaborazione con Biogen. Dovrebbe essere disponibile dopo che la Drug Enforcement Administration avrà completato una revisione di 90 giorni richiesta per i farmaci che colpiscono il sistema nervoso centrale, ha detto Sage. Le aziende non hanno annunciato un prezzo per la pillola.

 

L’unico altro farmaco approvato per la depressione post-partum è il brexanolone, anch’esso sviluppato da Sage e commercializzato come Zulresso. Ma il brexanolone, approvato nel 2019, richiede un’infusione endovenosa di 60 ore in un ospedale, comporta rischi di perdita di coscienza ed ha un costo 34.000 dollari. Sage afferma che finora solo circa 1.000 pazienti l’hanno ricevuto.

 

Il nuovo farmaco si presente come più versatile, in quanto assumere la pasticca per due settimane è molto più facile e non richiede a una madre di lasciare il suo bambino per diversi giorni.

 

La FDA, ad ogni modo, avrebbe richiesto che l’etichetta del farmaco includa avvertimenti su possibili pensieri e comportamenti suicidari, sonnolenza e confusione – insomma i classici possibili effetti collaterali degli psicofarmaci, che vanno presi per non suicidarsi ma poi, per ammissione dei bugiardini, potrebbero portarti a toglierti la vita.

 

L’etichetta del nuovo farmaco includerà anche un cosiddetto «Black Box Warning» («avvertimento scatola nera»), cioè una avvertenza di possibili reazioni avverse molto evidenziata – e per questo molto temuta dalle società farmaceutiche – secondo cui le pazienti non devono guidare o utilizzare macchinari pesanti per almeno 12 ore dopo l’assunzione della pillola antidepressione post-partum.

 

Il farmaco inoltre, specifica l’agenzia, dovrebbe essere assunta la sera «con un pasto grasso». I principali effetti collaterali di Zurzuvae sono stati sonnolenza e vertigini.

 

L’articolo del New York Times contiene improvvisi lampi di realtà, nemmeno dissimulati. Parlando dell’esperimento che avrebbe visto una risposta al farmaco nel 72% delle pazienti, scrive che tuttavia «anche la depressione è migliorata nelle donne che hanno ricevuto il placebo, un fenomeno comune negli studi sui trattamenti per la depressione, forse perché l’interazione con le équipe mediche in una sperimentazione è di per sé utile». In pratica, le donne possono guarire velocemente solo grazie a rapporti umani: ma perché mai indagare questo fenomeno, se è possibile vendere farmaci che alterano il cervello?

 

Il nuovo farmaco è basato su una versione sintetica di un neurosteroide –un  ormone cerebrale – chiamato allopregnanolone, che è prodotto dal progesterone e aiuta a regolare un neurotrasmettitore correlato all’umore.

 

La pillola non è raccomandata fino a dopo il parto perché opera su un percorso ormonale e non è stata testata nelle donne in gravidanza. L’etichetta avvertirà che il farmaco potrebbe causare danni al feto e consiglierà alle donne di usare la contraccezione durante l’assunzione della pillola e per una settimana dopo.

 

Parimenti, la pillola non è stata testata nelle donne che allattavano i loro bambini: un dettaglio non da poco per un farmaco che va assunto esattamente al momento dell’allattamento. Viene quindi suggerito alle donne di pompare il latte per le due settimane in cui intendono assumere Zurzuvae e riprendere l’allattamento in seguito.

 

Anche il momento più magico e naturale della vita, immortalato nei secoli pure dall’arte sacra, la madre che allatta il bambino, viene quindi interrotto dalla dai commerci della farmaceutica con il «consenso» dei suoi dottori.

 

Un tempo si parlava di «disease mongering», cioè di «mercificazione della malattia», la tendenza di Big Pharma, registrata nei decenni, ad esagerare la gravità di malanni per vendere sempre più farmaci. Ci si rifa, in genere, ad un’affermazione fatta alla rivista Fortune nel 1977 dal direttore generale dal colosso di Big Pharma Merck Henry Gadsen: «Il nostro sogno è produrre farmaci per le persone sane. Questo ci permetterebbe di vendere a chiunque».

 

Ora siamo ben oltre: siamo alla medicalizzazione di ogni momento nella vita, perfino il più sacro. E non si fermeranno lì.

 

Come riportato da Renovatio 21, nell’ultima edizione del Manuale diagnostico e statistico dei disturbi mentali, abbreviato in genere in DSM – la «bibbia» della psichiatria – presenta un disturbo nuovo di zecca: il lutto eccessivo per una persona cara defunta. È come cureranno questi eccessi di lutto? Beh, chiaro: con le psicodroghe legalizzate.

 

Il contesto profondo, tuttavia, non va sottovalutato: l’assunzione di farmaci che migliorano l’umore ma ti allontanano dal neonato va calcolata all’interno della società preda dell’utilitarismo, il principio filosofico per cui il piacere conta più di qualsiasi cosa, e per esso possono essere tributati anche sacrifici di altri più deboli (bambini, disabili, minoranze, etc.).

 

L’utilitarismo, divenuto sistema operativo di tutta la società, promette di massimizzare il piacere e quindi diminuire, se non far sparire del tutto, il dolore.

 

La promessa della vita senza il dolore è qualcosa di cui è intriso il mondo moderno, consciamente o inconsciamente. Renovatio 21 ha discusso il tema, cercando di mostrare come esso non solo porta al consumo di farmaci psichiatrici, ma spinge i giovani verso una disperazione materialmente suicida – cosa che, come sappiamo, può succedere anche proprio con l’assunzione degli psicofarmaci da prescrizione.

 

 

 

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