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10 motivi per cui Milano dovrebbe ignorare Puzzer

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Lo aveva promesso nel grottesco video in cui annullava le manifestazioni di Trieste, quello dal vicoletto: diceva che sarebbe venuto lui nelle nostre piazze. Come una un cantante famoso in tour.

 

Il capopopolo marittimo ha mantenuto la parola: sabato 30 ottobre sarà a Milano. Ha trovato qualcuno (già: chi?) che gli darà una parola su un palchetto in piazza Duomo nel primo pomeriggio.

 

Anzi, pardon, non si limiterà a dargli la parola: egli sarà «tra i relatori della conferenza dei diritti costituzione il diritto alla libertà e al Lavoro» scrive un festoso comunicato arrivato via mail a Renovatio 21. Eccerto, il Puzzer conferenziere costituzionalista, ci mancava.

 

Tuttavia è il linguaggio da VIP in discoteca anni Novanta che ci colpisce di più: «Stefano Puzzer, portavoce dei portuali di Trieste sabato 30 Ottobre incontra la piazza milanese!» scrive in apertura il comunicato, con il punto esclamativo. Al di là del fatto che non sappiamo bene se possa ancora definirsi «portavoce de portuali» e soprattutto di quali portuali (bisognerebbe, magari chiedere a loro, o leggere i comunicati sindacali, quelli firmati propriamente), siamo basiti davvero dal vedere come ci stanno propinando la cosa.

 

Il portuale celebrità «incontra» Milano. Pensate quanto fortunati sono i milanesi. Pensate che possibilità meravigliosa, vederlo dal vivo. Magari poi fa anche il bis.

 

Lettori di Renovatio 21 ci dicono che anche in città minori stanno piazzando altri «triestini», per esempio a Biella. Nel flyer dell’occasione, si ricorda la delegazione che ha incontrato il «Ministro delle politiche agricole» (sic – pure in neretto nel testo), come se fosse stato un atto eroico. E utile, significativo.

 

Ma pensiamo a Milano. Perché lì è il pericolo maggiore.

 

Milano è la piazza più interessante d’Italia. Il bollino della «protesta fascista» sotto la Madonnina non ha attecchito per niente: ricorderete le tensioni con il comizio della Meloni, gli anarchici che dal corteo fanno il dito medio alla CGIL, i giornali che si strappano i capelli perché con i «neonazisti» marciano gli autonomi e persino un ex carcerato brigatista. Aggiungeteci sempre la superfetazione di immagini sacre del cattolicesimo popolare rimasto puro.

 

Lo abbiamo già scritto: Milano non ha leader, Milano attraversa luoghi simbolici per la storia nazionale. Piazza Fontana. Piazza Cinque Giornate. Piazzale Loreto.

 

Ora assistiamo a questa manovrina triestina, intentata dagli stessi che hanno spento la protesta quando stava per diventare irresistibile – caso unico nella storia di organizzatori che annullano le loro stesse manifestazioni.

 

Chiediamo ai milanesi di non cadere in questa trappola. Chiediamo loro di ignorare Stefano Puzzer – e forse anche chi ce lo ha portato.

 

Vi diamo dieci motivi.

 

1) Non ha dimostrato coerenza organizzativa. Ricordate tutti la serqua di comunicati contraddittori, le dimissioni, le sigle che spuntano come funghi un giorno dopo l’altro, le smentite, i video dal telefonino, le ospitate in TV, i «VIVA NOI». Ora ha annunciato un evento per martedì, che lo riguarda personalmente, ma non vuole anticipare niente. Che roba è?

 

2) Non crediamo che rappresenti i portuali. I portuali della CLPT hanno accettato le sue dimissioni e ora ci pare parlino con tutt’altro tono. Il porto è fatto da centinaia di lavoratori che appartengono ad altre sigle che non sembra siano stati coinvolti in tutta la protesta. Quindi, quali portuali rappresenta davvero? Quanti?

 

3) Non crediamo che rappresenti i no green pass. Non è possibile ora lasciar passare l’idea che il movimento no green pass sia una questione di portuali. Sui rapporti di Puzzer con gli altri gruppi no green pass triestini, poi, ha dato in più occasioni una sua versione il consigliere comunale di Trieste Ugo Rossi, ricordando che quella contro il lasciapassare vaccinale «non è la protesta dei portuali», né tantomeno di Puzzer.

 

4) Non crediamo che rappresenti il popolo italiano. Anche se in qualche di scorso che fa qualcuno, a leggere certi discorsi, potrebbe pensarlo. Nel comunicato seguito al mitico incontro col Patuanelli, si legge che «ha presentato con fermezza le richieste del popolo che si è radunato nelle piazze di tutta Italia in questi mesi». Davvero? C’era anche lui in piazza a luglio? O aveva prenotato la seconda dose? Magari c’era. Tuttavia, non ci è chiaro in alcun modo come abbia raccolto «le richieste del popolo», e come il popolo abbia dato delega. Protestavano i portuali, ma andò dal ministro un coordinamento (sorto poche ore prima), adesso è sorto un altro gruppo ma lui annunzia iniziative a nome suo. Ci sono dei non sequitur che una democrazia rappresentativa, o anche solo un movimento popolare, non potrebbe permettersi. Ma, in effetti, chi ha detto che sia una democrazia? Forse è una nuova forma di governo dei migliori, una aristocrazia portuale, un embrione di Repubblica platonica che incontra il ministro agricolo (che, peraltro, essendo di Trieste,  dopo quei venti minuti scarsi si sarà goduto una bella pastasciutta in famiglia).

 

5) Alcune cose che ha fatto ci rimangono opache. Come abbiamo scritto, i giornalisti lo scorso sabato gli hanno ripetutamente chiesto perché avesse annullato quella che si preannunciava essere la manifestazione del secolo. Non ha dato una risposta esauriente, limitandosi a parlare di non meglio definite «infiltrazioni».  Abbiamo anche  notato come in un comunicato in attesa di vedere il ministro si parlasse di incontro «riservato», e non siamo riusciti a capire cosa volesse dire. Non il massimo della chiarezza. Così come rimane un po’ torbido il pensiero di un famoso senatore (poi contestato in piazza) accampatosi subito al porto. Ricorderete cosa accadde: i portuali ricevettero un invito in Senato, e si parlò di vittoria (!?). Poi ci fu la retromarcia, e il solito caos di comunicato, prese di distanza, smentite, dimissioni, etc. – il tutto nel giro di poche ore. Quale ruolo nel processo abbia avuto il senatore in questione, se lo chiedono in tanti.

 

6) Chiedere di rimanere ciascuno nella propria città come fa il Puzzer non ha senso. Non riusciamo a capire perché mai dovremmo farlo, invece che magari convergere, un sabato, in una sola città. Perché tanta insistenza su questo punto?

 

7) La campagna di franchising annunciata per il nuovo gruppo è impropria e confusionaria. Perché mai Milano, Roma, Padova, Biella, Ancona dovrebbero crearsi un gruppo locale «La gente come noi» come auspicato in uno degli ultimi comunicati? Che contenuti ha questo gruppo a livello nazionale? Chi decide alla fine la legittimità di un gruppo locale?

 

8) Il peso politico di tutta l’operazione triestina è nullo e il governo lo sa. Ci aspettavamo una pernacchia da Palazzo Chigi all’interno del Consiglio dei Ministri. Non è arrivata neanche quella. Ignorati, completamente. Nemmeno una riga. Patuanelli, nella mente di chi voleva credere in questo teatrino, avrebbe portato il messaggio «del popolo italiano» a Draghi e ai suoi minions multipartitici. Dovete immaginarvi, il ministro dell’Agricoltura che estrae una lettera vergata a mano dalla saccoccia… Non è successo nulla di tutto questo. Il governo considera la questione irrilevante. E per dei motivi semplicissimi: a) il porto non è stato mai veramente bloccato, la catastrofe logistica è stata solo abbaiata; b) non vi è stato (o meglio: è stato evitato) un sollevamento popolare in grado di impensierire lo Stato riguardo alla stabilità della città e del Paese; c) il governo non considera Puzzer un interlocutore (anche se, magari, gli piacerebbe) probabilmente perché – a differenza di tanti con la sindrome da cartellone – non riconosce oggettivamente la sua leadership sulla protesta (e suoi portuali). Con chi non ha alcuna leva materiale sulla realtà il potere non tratta. Trieste è stata un flop. Trieste è neutralizzata. L’epopea del porto bloccato, del ministro incontrato, del portuale eroe esiste solo nella mente dei più ingenui della protesta. Non che ne abbiano colpa: qualcuno glielo ha fatto credere.

 

9) Puzzer è vaccinato. Non si tratta, purtroppo, di una cosa di poco conto. Non crediamo che una persona che si è vaccinata possa parlare ad una piazza al 99% non vaccinata. Una persona che ritiene che il vaccino sia una questione «economica», non solo non ha compreso nulla del problema, ma non ha niente da dire a chi invece crede che il vaccino sia una minaccia biologica e spirituale che incombe sull’Italia e sull’umanità tutta. E per favore, risparmiamoci la retorica della divisione tra vaccinati e non vaccinati che va superata, perché il popolo deve rimanere unito, etc. – il popolo non è unito e non lo sarà più per molto tempo, e il lettore già avrà subito la sua porzione di grandi soprusi e microaggressioni in queste settimane. Il disastro del discrimine biomolecolare fra la gente non si riassorbirà in un lampo, anche perché gli effetti della pozione genetica forse dobbiamo ancora vederli – siamo solo all’inizio. Ciò detto, sul serio, uno che ha accettato la doppia sprizza mRNA, ha qualcosa da insegnarvi? Ha qualcosa da dirvi? È idoneo a guidarvi, o anche solo a berciarvi da un palchetto?

 

10) L’unica via è la leaderless resistance. Ribadiamo: il potere costituito viene disorientato da una forma di resistenza senza capi, che è quello che si è visto nelle piazze – prima fra tutte Milano – nelle settimane passate. Mettere un volto alla protesta – specie uno problematico – è un enorme favore al governo, che improvvisamente sente di avere una mezza mappa di quello che sta accadendo. La vera spina nel fianco, per chi comanda, è sentire di non avere il controllo, la comprensione di quello che accade.

 

 

 

Questi sono i motivi per cui Renovatio 21 invita i milanesi a continuare la lotta ignorando questa stramba parentesi che è stata Trieste.

 

Milano si difenda da ogni tentacolo esterno che minaccia la purezza della sua lotta.

 

Non vogliamo vedere che succeda quello che è successo a Trieste: cioè, alla fine, niente.

 

Milano e la sua massa eterogenea e combattiva sono un bene troppo grande.

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

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