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Viva Elly Schein! Viva il partito radicale di massa – e la sua decomposizione

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Era spuntato fuori questo curioso video, pochi giorni fa. L’allora candidata segretaria piddina Elly Schein cantava con altre due tizie la sigla di Occhi gatto, indimenticato cartone nipponico che passava su Italia 1 ai tempi di Bim Bum Bam.

 

«Tre ragazze bellissime / Tre sorelle furbissime / Son tre ladre abilissime /Molto sveglie agilissime» cantava l’inevitabile Cristina D’Avena.  La trama verteva su queste tre ladre infallibili ed eleganti, apparentemente tutte eterosessuali, e i loro colpi formidabili.

 

La prima domanda che ci si poneva è se la Schlein, che di prestava entusiasta a questo momento-nostalgia a favore di camera, avesse fatto in tempo – essendo nata nel 1985 – a vedere almeno una replica del cartone. Di fatto sembrerebbe che nella performance canora la ragazza legga un gobbo, un karaoke, insomma la canzoncina non se la ricorda a memoria.

 

 

Il fatto è che il colpo la Schlein lo ha fatto, anche se non sappiamo se «bellissima», «furbissima», «abilissima», «agilissima», siano aggettivi che si possano applicare all’operazione.

 

La scalata riuscita della Elly al PD è un fatto enorme, che va celebrato. Viva Elly Schein. Noi qui siamo contentissimi. E mica siamo da soli.

 

Matteo Renzi lo scorso ottobre aveva detto «se Schlein diventa segretaria metà partito passa con noi, e sono prudente». Abbiamo prova che il fiuto politico dell’uomo di Rignano non è infallibile, tuttavia bisogna registrare che il problema ci sarà. O forse – notizia ancora più disperante, esaltante – no, il problema non ci sarà neppure.

 

Ecco che è già iniziato il tam-tam sugli scismi – magari pure più di uno. Tutti si stanno chiedendo cosa faranno i «cattolici» del PD ora che in cima alla baracca è salita quella che nei talk-show dice «in questo momento sto con una ragazza e sono felice».

 

Va bene, ma i «cattolici» del PD, cosa sono? La Rosi Bindi? Il neocatecumenale Graziano Delrio? Castagnetti (c’è ancora)? Oppure Dario Franceschini, che in teoria ci ha un pedigree democristiano importante? Beh, Franceschini in realtà è stato di uno degli sponsor dell’OPA fluida della Elly sul partito erede della falce e del martello e di quei residui DC che no, dal punto di vista morale, mica hanno mai seguito i valori del Vaticano, soprattutto quando a questi nemmeno il Vaticano crede più.

 

Qualche ex democristiano si ribellerà e farà un altro partitino?

 

E gli altri? Gli eredi maschi del maschio partito lanciato, prima che da Nilde Iotti, da Palmiro Togliatti, con tutta quella iconografia di muscoli al lavoro e patriarcato della famiglia della bassa che alla domenica mangia le lasagne…?

 

Non è dato saperlo: del resto, il loro candidato è stato sconfitto – lui è tutto quello che rappresentava. Bonaccini incarnava il PD nella sua forma più solida ed inscalfibile: una vita da mediano, nel PCI-PSD-DS-PD, dai consigli comunali emiliani su su fino alla regione, un posto che il partito (più che gli elettori…) mica ti assegnano a caso. Guardate le foto del Bonaccini prima del restyling impostogli dagli spin doctor, sul quale tanto abbiamo scherzato qui su Renovatio 21: zero orpelli, zero tempo per l’immagini, eccoti il figlio del popolo (vero figlio del popolo) che si infila appena giacca e giù a macinare politica, sin da quanto era ragazzino.

 

È un destino ingrato, e davvero possiamo capire la rabbia del Bonaccini. Di fatto, lui aveva salvato il PD. Noi ce lo ricordiamo benissimo, in quanto coinvolti in quella che è stata la linea del fuoco per i democratici, il momento in cui potevano perdere tutto, invertendo la storia d’Italia. Parliamo delle elezioni regionali 2020, quelle tenutesi in Emilia-Romagna a una manciata di settimana da pandemia e lockdown. Ricorderete, la candidata avversaria era ad un certo punto data per vincente. Circolavano audio sui gruppi Whatsapp della Lega dove si parlava di una vittoria netta. Qualcuno diceva addirittura 10 punti… Si trattava di una svolta epocale.

 

Poi ci fu la doccia fredda. Bonaccini, nonostante tutto, aveva tenuto in piedi il sistema – che non riguarda mica la politica solo, ma l’indotto di risorse umane e finanziarie delle Coop – che poteva essere disintegrato per sempre. Cominciarono a girare voci surreali di centenari portati al seggio a votare…

 

La Schlein emerse in quell’elezione, come una sorta di tele-spalla millennial del Bonaccino. Pareva un UFO, ma andava bene così: Elena Ethel Schlein, questo il suo vero nome, nata a Lugano, cittadinanza americana, di italiano apparentemente anagraficamente ha pochino, a parte un’altra cittadinanza – poi però, c’è la storia della famiglia materna.

 

La sua lista prese il 4%, ma lei, forte di un video anti-Salvini andato virale e di un movimento di piazza anti-Salvini chiamato «Sardine» (qualcuno se le ricorda?) balzò alla vicepresidenza con una palata di voti. Del resto, Bologna è Bologna, la capitale della politica parasessuale: il primo comune in Italia (al mondo?) ad avere un consigliere transessuale (l’attore felliniano Marcello di Falco, divenuto a Casablanca Marcella di Folco), la città del Cassero e di Eva Robin’s, dove decenni fa il sindaco Renzo Imbeni, poi vicepresidente dell’Europarlamento, nel 1992 lanciava il progetto per le case popolare ai gay.

 

Intorno, sappiamo che è diverso. In campagna, il maschio lavoratore, la moglie «compagna» casalinga delle lasagne domenicali di cui sopra, magari sposata in chiesa anche senza averci la fede, perché il PCI un tempo diceva così, mica dovevi farti giudicare «strano» dalla comunità.

 

Si tratta per il più grande partito della sinistra italiana di una mutazione storica da non poco. Si tratta di una trasformazione nello stato di aggregazione della materia politica: dallo stato solido, allo stato fluido

 

E quindi, quanti hanno sostenuto, votato, finanziato il PD come partito allo stato solido, o almeno hanno creduto di farlo per decadi, fuggiranno dal regno della Schlein? Forse, addirittura, no. E ribadiamo che questa è la notizia al contempo terribile ed eccitante. Le radici ebraiche askenazite del padre, che le causano insulti di hater – i quali, scrisse Il Corriere, «attingerebbero a due armi dell’arsenale di stereotipi antisemiti: il naso e la ricchezza» – sono un’«origine di cui sono fierissima»; il nonno emigrò in America dalla zona di Leopoli, ora Ucraina, la storia che abbiamo visto per alcune famiglie neocon, attualmente impegnate nella guerra contro la Russia. Non è dato di sapere al momento se la nostra, di vera stirpe politica certificata, abbia rivendicato anche l’origine materna, col nonno Agostino Viviani, già senatore del PSI poi membro laico del CSM in quota Forza Italia. Magari anche sì: la fluidità permette tutto.

 

Perché si sono fatti andare bene tutto, in questi anni, gli ex democristiani ed ex comunisti. Le unioni gay, il gender nelle scuole, i casi di minori allontanati dalla famiglia, la sudditanza cieca verso Bruxelles, Washington e la NATO (Bruxelles è il luogo della NATO, che è Washington). Per amor di salario, possono farsi andare bene anche questa. Questa è la parte brutta della notizia: gli esseri umani, pur di non essere disturbati nello stipendio o nella dissonanza cognitiva, possono accettare qualsiasi cosa, anche il sorriso della Schlein.

 

La parte gioiosa della questione, per chi come noi pensa che il PD sia assurto ad uno dei problemi principali della Nazione,  è che si tratta della slatentizzazione finale di un processo autodistruttivo che farà implodere la sinistra italiana, che era in tacito stato di decomposizione da oramai tanto tempo.

 

Lo diciamo forti delle profezie del politologo Augusto Del Noce (1910-1989), che aveva predetto l’avvento di un «partito radicale di massa», una sorta di pannellismo a doppia cifra elettorale, una realtà che esprime il laicismo esasperato della borghesia satolla, che molla il senso del collettivo per dedicarsi ai «diritti individuali» (cioè: sodomia, figlicidio, castrazioni e mutilazioni gender, produzione di esseri umani in laboratorio. etc.).

 

Nel suo libro Il suicidio della rivoluzione, Del Noce sosteneva che «l’esito dell’eurocomunismo non può essere che quello di trasformare il comunismo in una componente della società borghese ormai completamente sconsacrata (…) persa per strada l’utopia rivoluzionaria, l’essenza di surrogato religioso, è restato al marxismo soltanto il suo aspetto fondamentale, di prodotto dell’illuminismo scientista», e lo abbiamo visto, benissimo, con la pandemia.

 

Nel partito radicale di massa, l’ex partito comunista «si è rovesciato nel suo contrario: voleva affossare la borghesia e ne è divenuto una delle componenti più salde ed essenziali». Di fatto, il PD è il partito delle ZTL, dei centri storici dei ricchi, taluni magari divenuti ricchi grazie ai giri politici. Di più: è impossibile non aver visto, in questi anni, come il partito ben si adatta alla grande finanza internazionale, da Soros che diviene socio delle Coop (pensate che stiamo scherzando?) al PD di Renzi con il finanziere hedge found Serra alle Leopolde.

 

Quindi, potrebbe essere che gettata ogni maschera, e trasformatosi il PD nel partito radicale, esso vada verso le percentuali irrilevanti di Bonino e compagni? Può essere, anche se, ripeto, non è che ci sia da avere questa grande fiducia riguardo al popolo che ha votato PD.

 

Perché, davvero, hanno accettato qualsiasi cosa, in questi anni, poverini.

 

Hanno avuto come segretario Fassino, prima delle barzellette auto-iettatorie, ma quello era. Poi Bersani, quello delle bambole pettinate e dei giaguari da smacchiare. Poi Renzi, uno così innamorato della tradizione piddina da farsi poi un suo partito scissionista, come del resto aveva già fatto D’Alema. Hanno accettato come segretario lo Zingaretti, quello degli spritz COVID, dei manifesti che chiedevano meno cobalto, quello con quel sorriso eterno ed inspiegabile stampato in volto, mentre i suoi uomini litigano con minacce inaudite al ristorante. Poi, recuperato da Parigi dopo un’era di arbitrario oscuramento, torna il «moderato» Letta, che però moderato non è più, e ha sempre portato in volto questa espressione un po’ torva, con conseguente ultimo disastro del voto… Povero elettore del PD, in fondo va compatito, anche se bisogna dire che in tanti casi se l’è cercata.

 

È chiarissimo Bonaccini avrebbe risolto molti problemi – di immagine, di dignità, di tenuta politica partitica. Un uomo concreto, viene dalla gavetta, ha dietro tanto consenso, non ha mai litigato con nessuno, la sua regione, dicono, è ben amministrata, da anni…

 

E invece, trac. Al vertice del partito è salita una che pochi giorni fa non aveva nemmeno la tessera. Vada come vada, questa è la fine del PD. Smembrato da scissioni, imploso per fluidismo poli-sessuale, reso irrilevante dalla quantità di dichiarazioni che da qui a poco comincerà a fare la Elly – roba che le uscite di Letta, tornatoci radicalizzato dai francesi, sembreranno bazzecole. La decomposizione di quello che era il partito dei lavoratori italiani, quello delle case del popolo e dei viaggi in Russia, diventerà patente, maleolente, rivoltante.

 

Non sappiamo cosa verrà dopo, potrebbe arrivare qualcosa di ancora peggiore: forze politiche talmente fuori dal mondo da mettere a rischio la convivenza nel Paese, finanche la sua stessa esistenza. Cacci Saddam, arriva l’ISIS…

 

Al momento non ci resta che guardare gli occhi della Schlein nelle immagini del suo trionfo. Non so a voi, ma qui non ci sembrano occhi di gatto: epperò, come cantava Cristina D’Avena, «occhi di gatto / un grande colpo è stato fatto».

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

 

 

 

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