Geopolitica
Vance annulla improvvisamente la visita in Israele mentre l’esercito ebraico espande le operazioni a Gaza
Il vicepresidente J.D. Vance ha annullato un viaggio ufficiale programmato in Israele a causa dell’espansione delle operazioni militari israeliane a Gaza. Lo riporta la testata Axios, che cita un alto funzionario statunitense.
Si tratta di un ulteriore segnale delle sempre crescenti tensioni tra lo Stato Ebraico e Stati Uniti.
L’articolo scrive che «il funzionario statunitense ha affermato che Vance ha preso questa decisione perché non voleva che il suo viaggio suggerisse che l’amministrazione Trump approvasse la decisione israeliana di lanciare un’operazione su larga scala in un momento in cui gli Stati Uniti stanno spingendo per un cessate il fuoco e un accordo sugli ostaggi».
Sostieni Renovatio 21
Tuttavia, Vance ha cercato di minimizzare la questione, definendola una mera mossa di pressione politica o un forte segnale a Israele, affermando che si tratta di questioni «logistiche».
«Dal punto di vista logistico, è stato un po’ troppo difficile per questioni basilari come: chi diavolo si prenderà cura dei nostri figli se ci prendiamo un altro paio di giorni all’estero?», ha detto lunedì in risposta a una domanda sul viaggio. «Sono sicuro che visiteremo Israele in futuro, ma non oggi», ha aggiunto Vance, che era a Roma per la messa di insediamento di papa Leone XIV – il quale, ricordiamo en passant, aveva attaccato Vance riguardo al concetto agostiniano dell’ordo amoris relativo al dibattito sull’immigrazione massiva.
La risposta del vicepresidente, che dice di non poter far visita ai vertici dello Stato Giudaico per mancanza di baby-sitter, non sembra seria. La reazione, tuttavia, coincide con nuovi movimenti militari israeliani nell’énclave palestinese.
A partire da venerdì, le Forze di Difesa Israeliane (IDF) hanno annunciato un’estesa mobilitazione di truppe per l’operazione «Carri di Gedeone». Si prevede che circa due milioni di palestinesi saranno costretti a rifugiarsi in una «zona umanitaria», mentre la maggior parte dell’enclave verrà distrutta e rasa al suolo.
Questa politica contraddice in qualche modo il messaggio principale lanciato da Trump durante il suo tour nel Golfo della scorsa settimana, in cui ha sottolineato l’importanza della pace attraverso la conclusione di accordi e non del «caos» nel Medio Oriente dilaniato dalla guerra.
«Il presidente si sta muovendo il più rapidamente possibile e sta lavorando senza sosta per porre fine a questi conflitti sia in Israele che a Gaza, e anche alla guerra tra Russia e Ucraina», ha detto la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt. «Il presidente ha detto chiaramente ad Hamas che voleva il rilascio di tutti gli ostaggi».
Diversi fonti di stampa all’inizio di questo mese hanno evidenziato una forte tensione nei rapporti tra Trump e Netanyahu; tuttavia, il presidente degli Stati Uniti ha cercato di minimizzare la situazione. Eppure, l’improvvisa cancellazione del viaggio in Israele da parte di Vance è certamente indicativa di tensioni tra Washington e Tel Aviv.
Come riportato da Renovatio 21, a gennaio il Netanyahu aveva annullato il viaggio per la cerimonia di insediamento di Trump.
Tre settimane fa si era parlato di un «incontro teso» tra l’inviato dell’allora presidente eletto Trump, Steve Witkoff, e Netanyahu, a cui è seguita la tregua.
Due settimane fa il giornale israeliano Haaretz aveva scritto, destando una certa sorpresa, che ora Gaza è sotto il controllo di Donald Trump. Ora la prospettiva è più chiara, ed è difficile pensare che si tratti di un puro cedimento al Netanyahu.
Come riportato da Renovatio 21, in passato Trump aveva attaccato Netanyahu arrivando a chiederne la sostituzione e ad ipotizzare tagli agli aiuti ad Israele.
Aiuta Renovatio 21
Nel contesto di questi commenti aveva rivelato anche dettagli sull’assassinio del generale dei servizi iraniani Qassem Soleimani, suggerendo che fu indotto ad ordinarne la morte dagli israeliani, che poi però si tirarono indietro.
Il rapporto fra The Donald e Netanyahu è assurto a colori grotteschi ed inquietanti quando il premier israeliano in visita alla Casa Bianca ha portato in dono un cercapersone di quelli utilizzati per fare strage in Libano. Secondo alcuni una mossa che, più che di cattivo gusto, sa di avvertimento, segnale di boriosa prepotenza.
Gli inviti alla moderazione ad Israele e gli attacchi diretti a Netanyahu possono costare a Trump una grossa parte dell’elettorato evangelico USA, portato su posizioni sioniste negli scorsi decenni da una teologia apocalittica che intende accelerare la venuta dell’anticristo e quindi il ritorno di Gesù Cristo.
Iscriviti alla Newslettera di Renovatio 21
Immagine di pubblico dominio CC0 via Flickr