Pensiero

Urna Z. Putin deciderà le elezioni italiane (guerra di agosto permettendo)

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«Questo è il problema del ministro degli Esteri Di Maio, non capisce nulla di quello di cui si occupa». Così parlò Maria Zakharova. Si tratta, del medesimo perculamento – diplomaticamente terribile, inaudita – che venne rifilato a Giggino dopo quello di inizio guerra, quando il ministero degli Esteri russo , giustamente, disse che la diplomazia non era fatta di «viaggi vuoti per assaggiare piatti esotici». Il pomiglianese pochi giorni prima era stato proprio a Mosca.

 

Il discorso venne fatto quando Di Maio, ora soldatino ubbidiente di Mario Draghi, cominciò a parlare di «gravi ingerenze nei confronti del governo italiano» di Mosca, che lavorerebbe «per destabilizzare l’Italia e l’Europa».

 

La Zakharova – che, va da sé, qui riteniamo sia mitica – smentì tutto sull’agenzia russa TASS. «Noi stessi siamo sbalorditi dal potere della diplomazia russa come risulta dai resoconti dei media italiani. Si scopre che i nostri ambasciatori possono cambiare i governi con un paio di chiamate».

 

«Più volte i rappresentanti di altri Paesi occidentali hanno cercato di utilizzare trucchi simili, quando non c’era nessuno a cui addossare la colpa dei propri fallimenti in un contesto di crescente malcontento della popolazione», dice la portavoce. Tre giorni fa Di Maio aveva accusato Mosca di lavorare «per destabilizzare l’Italia e l’Europa».

 

Quindi, lo zampino di Putin nella fine di Draghi? Volete che sia proprio come dicono i pentastellati mononeuronali e i piddini piatti e inaciditi?

 

Il problema è che anche noi potremmo dire: sì, potrebbe essere. Anzi, guardate, è peggio: il fatto è che la Russia non solo potrebbe essere la causa della fine del Drago, ma pure potrebbe divenire ciò che deciderà le prossime elezioni politiche italiane.

 

Non scherziamo.

 

Ora, sulla caduta di Draghi, non abbiamo idea se ci sia stata una manovra partitica, né se ha senso ricordare quando, all’altezza di quella stranissima polemica sull’esercito russo nella Lombardia del COVID 2020, saltò fuori che c’erano delle cose interessanti che magari potevano uscire sul governo dell’epoca? A che si riferivano? Ad accordi sullo studio del virus, o sullo sviluppo del vaccino? Oppure sono quelle storie personali su alcuni ministri di allora, di cui nessuno osa scrivere, a parte Dagospia che utilizza giri di parole?

 

Non lo sappiamo. In verità, non ha importanza, perché crediamo che la Russia abbia contribuito alla fine di Draghi perché essa rappresenta quello strano impiccio per gli speculatori e parassiti chiamata realtà.

 

Un Paese senza la realtà materiale del gas, cioè senza economia e con valanghe di morti (di freddo, non di COVID) in arrivo in autunno, non può permettersi di mantenere un governo che l’ha portato a quel punto. È addirittura possibile che questo lo abbiano capito perfino Salvini e Berlusconi.

 

Tuttavia, non è da Di Maio o dal mondo piddificato con la bava alla bocca che arriva l’illuminazione sul futuro russo delle nostre elezioni.

 

Abbiamo capito tante, tantissime cose leggendo un’intervista all’ex magistrato, considerato di centrodestra, Carlo Nordio.

 

Sull’interferenza russa nella caduta del governo «Non abbiamo prove, ma le coincidenze sono diventate indizi gravi, precisi e concordanti».

 

«Sono rimasto inorridito dalle parole di Berlusconi e Salvini che rappresentavano una sorta di endorsement a Putin. L’aggressione russa all’Ucraina è folle, criminale e ingiustificata, e sarebbe inammissibile un governo che non sostenesse, in politica estera, la linea di Draghi, ovvero un sostegno all’Ucraina senza se e senza ma».

 

Interessante davvero. Libero scrive che «Nordio è considerato dai retroscenisti e commentatori della politica italiana molto vicino a Fratelli d’Italia, il partito che da mesi chiede agli alleati Lega e Forza Italia di togliere la fiducia al governo di unità nazionale». Il quotidiano milanese scrive addirittura che «il “ministro della Giustizia” in pectore di un “governo Meloni”».

 

A questo punto ci è chiaro che si è aperta tutt’altra partita. Ed era inevitabile che fosse così.

 

Silvio Berlusconi si dice fosse arrabbiato con Putin, forse perché non risponde più alle telefonate, o se risponde mette giù subito. Però, ci è impossibile non ricordare che la loro era la più bella, salda (e, sulla carta, davvero improbabile) amicizia politica transnazionale che mai abbiamo veduto.

 

Questo sito ha già ricordato in passato dei momenti più alti di questo rapporto: Putin che va nella villona sarda a incontrare la stampa a fianco di Berlusconi (!) appena vinte le elezioni 2008. Silvio che risponde al posto di Putin in un altro incontro internazionale quando un giornalista chiede al russo riguardo alla guerra in Georgia. E poi, la passeggiata insieme nella Crimea appena tornata alla patria, con gli ucraini inferociti al punto da denunciare Berlusconi per essersi bevuto con Putin una bottiglia di Sherry.

 

Mettetela come volete, è chiaro che quello che c’è tra i due è qualcosa di enorme, di perennemente riattivabile – un rapporto che Silvio non può avere con Biden, Zelen’skyj, Scholz, la Von der Leyen.

 

Dove volete che cadesse, quindi, la mela? Di fatto, come riportato da Renovatio 21, Berlusconi – l’uomo che a Pratica di Mare portò brevemente la Russia nella NATO – già da qualche mese aveva con probabilità cominciato la virata ucraina, con la dichiarazione-shock per cui dando le armi a Kiev siamo di fatto in guerra. Vero.

 

Poi c’è Salvini. A lui, che si presentava in Europarlamento con indosso una t-shirt ritraente Vladimir Putin con  l’uniforme della Marina russa, che in un’altra foto scattata sulla Piazza Rossa dinanzi al Cremlino vestiva un’altra t-shirt con disegno a stencil del primo piano del presidente russo, hanno cucito addosso un incredibile Russiagate all’italiana, con la storia dell’Hotel Metropol, e Report che segue le cene fra amici di Dugin in Italia.

 

Salvini è lo stesso, lo dimenticano tutti, che mantenendo una posizione che non poteva dispiacere alla Russia, attaccò perfino Trump quando questi mandò qualche missile contro la Siria. «Ma vi sembra normaleeeh?». Qualcuno dice che da lì siano iniziati i suoi problemi.

 

Insomma, due capi su tre dei partiti del Centrodestra, dato per vincente alle urne 25 settembre, qualche simpatia per Mosca ce la ha – e perfino con il presidente russo in persona, oramai assurto per l’establishment occidentale al ruolo di demonio globale.

 

Dall’altra parte, c’è il partito ancora più favorito – stando ai sondaggi – con la sua capa favoritissimissima. La quale, sulla Russia ci pare avere tutt’altra posizione, al punto che sono circolati messaggi interni per punire i membri del partito che sui social inneggiano alla Russia. Abbiamo visto in TV un altro parlamentare FdI dire addirittura che, anche qualora si riuscisse a cacciare Putin dall’Ucraina, bisognerebbe andare oltre e sconfiggerlo del tutto, perché sennò questo potrebbe avanzare e arrivare fin qui in Europa. (Sento già il sospiroso «magari» di molti lettori…)

 

Insomma: il Centrodestra potrebbe essere composto da due partiti che si riallineano politicamente, geopoliticamente e financo personalmente con Putin, più un partito – quello in pole position, dicono – che invece sulla Russia la pensa come Draghi, Washington, Di Maio, Varsavia, Enrico Letta, Vilnius, Matteo Renzi, CIA, Londra e Bruxelles: Bruxelles nel doppio senso di sede UE e di sede NATO.

 

La cosa bella è che questo partito russofobo, quindi perfettamente sintonizzato con il governo Draghi (e allineato anche su vaccini green pass), era il partito all’opposizione…

 

Sì, uno ad una certa può arrivare a dire che non ci capisce niente, in realtà è tutto chiarissimo.

 

La partita oggi, insomma, sarà interna alla coalizione di centrodestra con la Russia come tema principale. I dilemmi politici saranno il gas e la guerra ucraina: i partiti sovranisti sono disposti a distruggere le aziende e ad affamare il popolo per andare a muso duro con gli arconti della nostra, appunto, storica sovranità limitata?

 

Siamo disposti a morire per Kiev?

 

Per quanto dobbiamo tirare avanti la balla di Zelens’kyj, che sta perdendo la guerra e potrebbe essere spazzato via da un  momento all’altro, magari da una mossa degli stessi ucraini o dal suo entourage di (parole di Putin) «nazisti e drogati»?

 

Queste sono alcune delle domande che conteranno internamente al voto di destra di fine settembre. E ringraziamo il cielo: perché il rischio di trovarci, come altri Paesi, con una russofobia suicida e monocolore su tutto l’arco parlamentare era cospicua assai.

 

Ne consegue che di fatto l’elezione altro non sarà che un referendum pro o contro Putin. Giratela come volete, ma è così. La Russia, la realtà, decideranno il voto. Anche senza muovere un dito. Per conseguenza automatica dell’emergere sulla scena di ciò che il mondo NATO del gender e della finanza aveva rimosso: il reale.

 

Il principio di realtà riaffiora in quest’ora impazzita. Evviva.

 

Lega e Berlusconi agiranno di conseguenza. Coloro che in Forza Italia non sono in grado di capire, o che semplicemente non riescono a concepire altro che la greppia occidentale,  stanno venendo epurati in questo momento.

 

Il Carroccio, dopo essersi «giorgettizzato» a seguito della batosta elettorale in Emilia Romagna a gennaio 2020, si ri-salvinizza. Questo è il succo del magheggio del segretario «Capitano», che si riprende il timone del partito e sta pure in una posizione privilegiata per intercettare qualche voto del grande dissenso, in quanto, pur votando ogni porcata, non si è mai esposto in modo irrecuperabile.

 

Conoscendo la capacità di manovra politica sia di Salvini (che ha ereditato un fiuto preternaturale da Bossi) che di Berlusconi (uno specialista nel recuperare rocambolescamente punti durante le campagne elettorali) la Meloni – il candidato preferito di certa parte del Partito Repubblicano USA, e non solo di quello – non dovrebbe dormire sonni tranquilli, nonostante i sondaggioni narcotizzanti che tutti le stanno offrendo.

 

Quindi, popcorn.

 

Tuttavia va segnalato il grande Jolly che potrebbe essere calato ad agosto.

 

Mio padre mi ha insegnato che, più che delle idi di marzo, devo sempre diffidare della metà di agosto. Perché, se qualcosa bolla in pentola, detona lì, quando il coinvolgimento della popolazione è al minimo, vuoi per le ferie, vuoi per il caldo. Guerre. Colpi di Stato. Attentati. Macchinazioni politiche: il Ferragosto è il momento migliore.

 

Ora, quel che posso credere possa succedere è un gigantesco false-flag, o qualcosa del genere, che Kiev si può autoinfliggere il mese prossimo per tirare dentro la NATO e scatenare, come da desiderio esplicito di Zelen’skyj, la Terza Guerra Mondiale.

 

Gli Ucraini già hanno dichiarato le loro fantasie su una controffensiva ad agosto con un milione di uomini. A me preoccupano altri segni. I russi hanno appena detto che i missili spariti sul grano ad Odessa non sono loro. Così come nessun giornale ha dato risalto all’attacco con decine di droni kamikaze ucraini alla Centrale Atomica di Zaporiggia. Non sappiamo se si trattasse dei famosi assassini droni Switchblade regalati dal Pentagono, tuttavia ricordiamo che quando arrivarono i russi all’impianto, mesi fa, il Corriere della Sera e il New York Times ci fecero prime pagine apocalittiche.

 

Un disastro vero in Ucraina – un disastro che, come dimostrato in questo mezzo anno, Mosca non ha motivo di cercare – altererebbe gli equilibri del mondo. Ridarebbe fiato alla NATO, e tutti i Paesi comincerebbero a far rullare i tamburi marziali, magari non per una guerra immediata, ma per un’operazione, piccola o grande, a ottobre o novembre – come in Afghanistan nel 2001, dopo le Torri.

 

Un trauma agostano in Ucraina giocoforza cambierebbe completamente lo scenario elettorale che abbiamo descritto sopra. Fratelli d’Italia, il partito vincitore di ogni raccolta punti occidentalista, riprenderebbe il comando, e pure Berlusconi e Salvini dovrebbero cambiare rotta immantinente, e questo nonostante sappiano che milionate di loro elettori stanno con Putin e non si bevono nemmeno più mezza parola della propaganda atlantica che gronda da TV e giornali venduti.

 

Ad ogni modo, pure in questa infausta prospettiva (perché, significherebbe che in Ucraina è accaduto qualcosa che ha provocato migliaia e migliaia di morti, di cui sarebbero accusati incontrovertibilmente i russi) le elezioni saranno decise dalla Russia.

 

Sì, un grande referendum pro o contro lo Zar. Tutto qua.

 

Urna Z, e poco di più.

 

Ci va bene. Sappiamo cosa votare.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

Immagine dell’urna e della scheda di Nicolò Caranti via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 3.0 Unported (CC BY-SA 3.0); immagine modificata

 

 

 

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