Satira
Turista a Venezia fa i suoi bisogni sotto il ponte di Calatrava. Le possibili ragioni storiche, metafisiche, architettoniche del gesto
Giusta indignazione pubblica per una foto che ha fatto il giro della rete e dei giornali. Quella che è presumibilmente una turista a Venezia, è stata immortalata mentre defecava – riportano i quotidiani locali – sotto il passaggio pedonale che collega Piazzale Roma alla Stazione di Santa Lucia il famigerato «ponte di Calatrava».
«La persona risulta sconosciuta ai Servizi sociali e la polizia locale ricorda che invece di fotografare sarebbe stato meglio avvertire, visto che ci sono pattuglie sempre a piazzale Roma, che avrebbero potuto darle un aiuto, visto che certamente ne avrebbe bisogno» scrive il Gazzettino.
Gli agenti, quindi, brancolano nel buio, come si dice di solito in gergo giornalistico, e pure sono seccati perché non bisognava fare una foto alla donna che «usava il Canal Grande come un WC», come è stato riportato.
Degrado oltre il limite: si accuccia sotto il ponte di Calatrava e usa il Canal Grande come wc https://t.co/wniZEcspfY
— Gazzettino (@Gazzettino) September 8, 2023
Lo sdegno è tanto, anche perché Venezia è abituata a scene di belluina inciviltà turistica, dove le secrezioni del corpo umano la fanno da padrone. In questi anni di fatto non si sono visti solo tuffi nei canali (auguri), tizi seminudi seduti ai tavolini dei bar in Piazza San Marco sommersa dall’acqua alta e perfino la profanazione del Canal Grande attraversato da australiani in surf elettrico (sacrilegio!), ma anche casi ripetuti di «pellegrini» del turismo decerebrato che hanno fatto la pipì ovunque, persino dinanzi al Palazzo Ducale.
Video di inciviltà urinaria contro Venezia continuano ad essere trasmessi impunemente sulle piattaforme video: e vorremmo tanto che i colpevoli fossero individuati e perseguiti.
E come non ricordare il trauma dei traumi, il visionario concertone dei Pink Floyd per la Festa del Redentore 1989, che sommerse Venezia di esseri umani e rifiuti, con apocalittiche immagini di urina contro i beni culturali?
La sconvolgente esperienza fu cantata nei versi di Pin Floi, canzone che rende allora celebri i Pitura Freska
Tuttavia l’atto estremo della signora defecatrice – che potrebbe essere stato, comunque, una performance di un’artista per la Biennale, anche se un po’ fuori tempo – porta alla mente questioni di rilievo: su un piano storico, metafisico ed architettonico.
La prima cosa su cui ci interroghiamo sulla questione arrivata sin nel titolo dei giornali, quel «Canal Grande usato come un WC». Il cittadino veneto medio, con cognizione storica o fede calcistica, conosce vari epiteti per gli abitanti di tutte le città – avente presente, quella cosa per cui «vicentini magnagati/veronesi tuti mati».
I veneziani, nella filastrocca erano detti «gran signori», tuttavia un altro modo di definirli, in senso dispregiativo, i veneti dell’entroterra lo hanno sempre avuto «cagainacqua».
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Il sistema fognario veneziano per secoli prevedeva lo scarico diretto nel rio, cioè nella via d’acqua sottostante. «In epoca medioevale solo gli edifici più prestigiosi avevano dei bagni privati, mentre la popolazione disponeva di bagni comunitari che venivano posti vicino ad un rio» apprendiamo dal sito Venezia da esplorare. Capitava spesso che i canali più stretti divenissero delle vere e proprie latrine a cielo aperto che poi l’acqua alta ripuliva».
«La parte liquida degli scarichi finiva direttamente nei canali, mentre bisognava operare manualmente alla rimozione della componente solida. Tutti gli scarti delle cucine e i reflui spesso erano scaricati al di sopra del livello medio delle maree e pertanto erano spesso visibili».
«Nel basso medioevo, con l’aumentare della popolazione, diventarono sempre più evidenti i problemi di carattere igienico. Oltre alla propagazione delle malattie, il sistema medievale del rio delle latrine non funzionava più: troppe zone della città erano impraticabili», cioè, crediamo significhi che intere aree della Serenissima erano ufficialmente sommerse dalla pupù.
Nel XX secolo, è stata reso «obbligatorio l’uso di una fossa settica prima dello scarico nel rio. Questo adeguamento fu però realizzato da pochi proprietari, visto che era obbligatorio solo per coloro che richiedevano un permesso per ristrutturare casa».
L’idea per cui Venezia poggia poggerebbe sui bisogni dei suoi abitanti era stata al centro di un vecchio episodio, ovviamente assai grossolanamente razzista nei confronti degli italiani, del cartone satirico South Park relativo alle persone che facevano la pipì in piscina.
E quindi, la signora dello scandalo ha fatto qualcosa che, in realtà, è di per sé molto veneziano? Magari infrangendo la legge e dando a tutti lo spettacolo del degrado, la signora ha come detto, «il re è nudo»? «L’acqua di Venezia contiene escrezioni umane»!
Vi è un tuttavia anche un ulteriore livello metafisico di lettura dell’evento. Il lettore foresto deve sapere che ogni bimbo veneto, e quindi ogni adulto, conosce bene una filastrocca. Si tratta di una «conta», cioè una canzoncina per decidere a chi tocca il ruolo di un particolare gioco, del tipo «ambarabaciccicoccò».
Tale filastrocca, che ha inquietato l’immaginario di generazioni di veneti, dice che «sotto il ponte di Verona / c’è una vecchia scoreggiona / che cuciva le mutande
per non fare il buco grande /Ma il buco si allargò / e proprio a te uscir toccò».
Varianti formulari, molto diffuse nel veneto centrale, sostengono che «sotto il ponte di Verona / c’è una vecchia scoresona / che scoresa tutto il dì /A-B-C-D / ci stai fuori proprio tì».
Ora, il lettore può capire lo sgomento che il bambino veneto che dentro a ciascun cittadino della regione (e non solo) può provare dinanzi a tale approssimativo inveramento della cantilena: la donna non è vecchia (pare giovane), non è a Verona (ma a Venezia), e non emette precipuamente flatulenze (ma comunque si impegna in attività non dissimili), tuttavia la sostanza, è il caso di dire, c’è tutta.
Verrà aggiornata la filastrocca scaligero-meteoristica? «Sotto il ponte di Venezia / c’è una giovane …»? È uno di quei casi in cui davvero l’ardua sentenza sarà data dai posteri, sperando che il tempo lenisca le menti dallo shock ingenerato da tale evento.
Tuttavia potrebbe esserci un ulteriore significato profondo della scandalosa e illegale oscenità vista in Laguna.
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E se la signora stesse volontariamente esprimendo un giudizio dopo una giornata a Venezia? Se fosse un rebus, potremmo ipotizzare che sta cercando di dire che «Venezia è una cagata», ma non lo riteniamo possibile, perché la capitale della Repubblica Veneta è la città oggettivamente più magica al mondo.
Era allora una forma di protesta contro l’idea – sulla cui costituzionalità non abbiamo le idee chiarissime, ma forse siamo noi a sbagliarci – di mettere l’ingresso alla città a pagamento? Si sarebbe trattata quindi di una protesta contro la Venezia a pagamento, effettuata tramite una forma estrema di mooning?
Riguardo alla protesta, circola, fra chi si interroga sulla vicenda, un’ulteriore ipotesi, quella architettonica. Il gesto della signorina con i capelli colorati potrebbe essere correlato ad un giudizio sul controverso Ponte della Costituzione (lei), più noto come Ponte di Calatrava, il ponte pedonale che unisce i parcheggi di Piazzale Roma alla Stazione Ferroviaria.
Il ponte, che ha visto i suoi costi praticamente raddoppiare, a fine anni 2000 fu oggetto di una inchiesta conoscitiva a cui prese parte anche l’allora procuratore aggiunto, ora ministro della Giustizia, Carlo Nordio. L’inchiesta fu archiviata, ma Nordio sottolineò «i gravissimi errori caratterizzanti sia la fase progettuale sia quella esecutiva, sia quella relativa allo stesso bando di gara, errori rappresentativi di una radicale incapacità (…) di comprendere la complessità tecnica di un’opera così ambiziosa, errori ripetutisi in una sorta di clonazione esponenziale hanno dilatato i tempi di realizzazione e i costi dell’opera (…)» riporta un articolo del La Nuova Venezia del 2010 intitolato «Ponte Calatrava, incapaci e cinici».
Apprendiamo dalla nota enciclopedia online che «il 13 agosto 2019, dopo averlo precedentemente assolto in primo grado, la Corte dei Conti ha condannato Calatrava in appello a pagare la somma di 78.000 euro in favore dell’erario, essendo stato ritenuto responsabile di un aggravio dei costi dell’opera legati alla sottostimazione delle dimensioni di alcuni tubi (una “macroscopica negligenza”, secondo i giudici contabili) nonché in relazione ai tempi di usura dei gradini, che sono stati sostituiti dopo soli 4 anni, piuttosto che dopo i 20 stimati da Calatrava, in quanto fortemente danneggiati».
La Corte dei Conti tuonò quindi contro l’archistar parlando di «negligenza», dicendo che la questione è «tanto più grave e meritevole di essere stigmatizzata in quanto proveniente da uno stimato professionista di fama mondiale di elevatissima competenza, con lunga e provata esperienza proprio nella costruzione di ponti.»
Al di là dei risvolti giudiziari, vi è la questione dei gradini irregolari, che costringono il pedone ad aggiustare il passo, con la quantità di cadute che ci si deve quindi attendere: fratture alle gambe, alle spalle, al volto, e relativi risarcimenti, esosissimi, da parte del Comune. Gli stessi veneziani accusarono il ponte voluto fortemente dal sindaco-filosofo Cacciari (il Socrate lagunatico che bevve la cicuta mRNA) di essere «troppo pericoloso».
Qualcuno può fantasticar che sia a causa di tali controversie che nel 2011 quattro giovani di Jesolo furono motivati ad inforcare il ponte in automobile, ma è ben più verisimile l’ipotesi alcolica, visto che il conducente fu denunziato per guida in istato di ebrezza: tuttavia egli, secondo quanto riportato all’epoca dai giornali, aveva mantenuto la parola con i suoi amici: «vado a prendere l’auto e vengo a prendervi» avrebbe detto loro dopo una serata tra i locali della città.
Il ragazzo, all’arrivo degli agenti, avrebbe enigmaticamente buttato le chiavi in Canal Grande, proprio lì dove, una dozzina d’anni dopo, avrebbe fatto pluf la deiezione della signora ora al centro delle polemiche.
In ogni caso, lo sfregio al ponte dell’archistar rimane.
E quindi, alcuni si chiedono: la ragazza della cacca sotto quei controversi gradini, è per caso un’architetta in rivolta contro l’architettura moderna?
Come riportato da Renovatio 21, sappiamo che tali gruppi esistono, e cominciano a farsi largo un po’ ovunque, in Isvezia, per esempio, con gli Arkitetkturupproret.
E quindi, la soluzione del rebus posto dalla scandalosa immagine è «il ponte di Calatrava è una cagata»? Oppure «l’architettura moderna è una cagata»?
Non lo sappiamo, non lo sapremo mai, e ricordiamo, prima che qualcuno si offenda, che questo è un pezzo di satira.
Forse era satira anche quella che voleva fare l’impavida ragazza?
Immagine di Yair Haklai via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)