Predazione degli organi

Tripla predazione degli organi da un unico «donatore» con l’espianto a «cuore fermo»

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La pratica criminale della cosiddetta «donazione degli organi» – cioè, la predazione – vede ampliarsi la platea delle potenziali vittime con la (relativamente) nuova tecnica dei trapianti a cuore fermo.

 

In un ospedale di Bologna sono stati prelevati cuore, fegato, rene e polmoni ad un malcapitato in arresto cardiaco e trapiantati simultaneamente in tre pazienti.

 

Com’è noto, il falso criterio della morte cerebrale costituisce la base pseudo scientifica che giustifica il ricorso a questa barbara procedura, attraverso cui, è bene rammentarlo, esseri umani ancora vivi vengono letteralmente squartati da chirurghi e medici che applicano dei protocolli istituiti ad hoc (vi ricorda qualcosa? …) per essere depredati di pezzi di funzione fondamentale del loro corpo.

 

La macchina infernale dei trapianti è sempre alla ricerca di nuove tecniche per procacciare organi freschi, cosicché oltre al criterio della morte cerebrale è stato tirato fuori dal cilindro magico anche quello della morte cardiaca.

 

In pratica, una persona può essere dichiarata morta non solamente se le sue funzioni cerebrali sono ritenute definitivamente e irrimediabilmente compromesse ma anche se il suo cuore cessa di battere per alcuni minuti.

 

I test per accertare la morte cerebrale sono talmente aleatori che variano da Paese a Paese: ad esempio, l’elettroencefalogramma (EEC) è obbligatorio in alcuni, facoltativo in altri. Lo stesso dicasi per il criterio della morte cardiaca, dal momento che in Italia la «donazione a cuore fermo» può avvenire solo dopo che un medico abbia certificato la morte attraverso l’esecuzione di un elettro-cardiogramma protratto per un tempo di almeno venti minuti, trascorso il quale viene considerata irreversibile la perdita delle funzioni encefaliche, mentre negli altri Paesi è di soli cinque minuti.

 

Incredibilmente, tale evidente difformità nelle procedure previste per effettuare legalmente i trapianti nei diversi Stati europei viene spacciata come la dimostrazione che in Italia le leggi sono molto rigorose, dunque a garanzia dell’effettivo decesso del donatore. In realtà, anche un bambino arriva a capire che se non c’è un accordo unanime sui criteri da adottare per accertare la morte di un individuo, ciò significa che tali criteri sono del tutto arbitrari e privi di validità scientifica.

 

Del resto, la morte è un fenomeno che possiamo osservare solo dopo che si è già verificato e che consiste nella cessazione definitiva di tutte le funzioni vitali di un organismo, accompagnata dai segni inequivocabili della morte stessa, ossia l’inizio del processo di decomposizione. Ma affinché la predazione degli organi a scopo di trapianto possa essere efficacemente praticata è necessario che il donatore sia ancora vivo

 

Alfredo De Matteo

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 Immagine d’archivio su licenza Envato
 

 

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