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Sterilizzazione delle donne indigene: il caso scioccante del Canada

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Renovatio 21 pubblica una traduzione di questo articolo su un caso scottante che dimostra l’incredibile ipocrisia – e la protervia antiumana – a cui può arrivare una democrazia moderna.

 

Le donne indigene sono uccise, scomparse o vittime di abusi con molta più frequenza rispetto alle donne non indigene in Canada. Le recenti notizie ora riportano che nel 2017 anche le neomamme sono state sterilizzate (attraverso la legatura delle tube) senza il loro pieno e informato consenso.

 

Queste storie scioccanti descrivono donne minacciate di non poter vedere il loro neonato a meno che non si facciano sottoporre a un intervento di sterilizzazione sessuale. E descrivono casi in cui durante il parto viene chiesto alle madri se vogliono in futuro altri figli, senza veramente sapere  le conseguenze delle loro risposte. E ci sono storie di chirurgia e aborti senza consenso.

Le recenti notizie ora riportano che nel 2017 anche le neomamme indigine sono state sterilizzate (attraverso la legatura delle tube) senza il loro pieno e informato consenso

 

Sfortunatamente, questi non sono casi isolati.

 

Sono una storica della medicina e autrice di Facing Eugenics. In questo libro ho delineato la storia del programma eugenetico della zona di Alberta – un programma ufficiale, a livello provinciale, che ha portato alla sterilizzazione di circa 3000 persone tra il 1928 e il 1972, per la maggior parte basandosi su test di intelligenza. Ufficialmente questo programma si è incentrato sulle persone con diagnosi che oggi potremmo chiamare deficit cognitivi e i test del QI erano utilizzati per  valutare la capacità della persona di diventare genitore.

 

Nel corso di questa ricerca, ho imparato che le donne indigene non erano inizialmente il target principale del programma. Infatti, erano spesso respinte dai servizi sanitari di ogni tipo ed erano di conseguenza vittime del più alto numero di mortalità materna e infantile.

Le donne indigene non erano inizialmente il target principale del programma eugenetico

 

Entro la fine degli anni Sessanta la situazione è cambiata. Ma con l’aumentare del numero di donne che avevano accesso ai servizi sanitari,  esse diventarono anche l’obiettivo principale di un programma ufficiale di sterilizzazione. Volevo scoprire perché.

 

Lavorando con lo storico Maureen Lux, autore di Separate Beds: A History of Indian Hospitals in Canada («Letti separati: storia degli ospedali indiani in Canada»), abbiamo ripercorso le vicende della storia. Stiamo scoprendo un inquietante legame tra sterilizzazione e donne indigene. E, sebbene  i programmi eugenetici siano legati alla regione di Alberta e alla British Columbia, anche le donne del resto del Canada hanno avuto a che fare con la sterilizzazione illegale, parte di nessun programma ufficiale.

 

Controllo delle nascite sperimentale per le donne indigene

Fino al 1969 l’utilizzo del controllo delle nascite, tra cui la sterilizzazione, era illegale e perseguibile dal codice penale del Canada. Anche solo parlare di aborto o di controllo delle nascite poteva essere punito con multe o pene detentive.

 

Il senatore Yvonne Boyer, un avvocato ed ex infermiera indigena, afferma che la legatura delle tube effettuata su donne indigene senza consenso è una delle pratiche «più atroci» a livello sanitario che siano mai accadute in Canada. 

Il senatore Yvonne Boyer, un avvocato ed ex infermiera indigena, afferma che la legatura delle tube effettuata su donne indigene senza consenso è una delle pratiche «più atroci» a livello sanitario che siano mai accadute in Canada. 

 

Dopo quel periodo, la legge si è attenuata e le pratiche chirurgiche di sterilizzazione sessuale sono passate dall’essere una forma di punizione o controllo, all’essere una procedura che molte donne (e anche uomini) scelgono come metodo volontario di controllo delle nascite permanente. Oggi la vasectomia e la legatura delle tube sono molto popolari ma sono scelte volontarie, non obbligate.

 

Il caso delle donne indigene non ha seguito però questo andamento.

 

Storicamente, le donne indigene del Canada hanno registrato differenze significative nelle possibilità di assistenza sanitaria, anche per quanto riguarda la salute riproduttiva. Le donne che vivono nel Canada del Nord, in particolare, hanno da tempo richiesto servizi migliori nelle loro comunità poiché erano stanche di dover viaggiare a lungo verso il Sud del paese per avere la basica assistenza sanitaria materna e infantile.

 

Negli anni Sessanta e Settanta, il governo federale ha riconosciuto quanto costoso fosse costruire strutture sanitarie nel Nord, ma ha consigliato di utilizzare il controllo delle nascite, pur essendo a quel tempo ancora illegale. Alcune donne sono state sottoposte alle iniezioni sperimentali di Depo-Provera, o controllo delle nascite ad azione prolungata, prima che fosse approvato da qualsiasi parte in Canada.

 

In altri casi, le donne indigene avevano richiesto accesso a informazioni sul controllo delle nascite all’interno delle richieste di migliori servizi sanitari in generale, ma queste richieste sono state loro negate.

 

 

Femminismo significava poter tenere i propri figli

Le donne indigene che vivono nelle province del Canada hanno affrontato diverse sfide.  La retata degli anni Sessanta (conosciuta anche con il termine inglese Sixties Scoop) – ovvero la rimozione forzata dei bambini indigeni dai loro genitori biologici e dati in adozione alle famiglie non indigene – significava che negli anni Sessanta il diritto di tenere i propri figli era molto più importante per le femministe indigene rispetto al diritto di controllo delle nascite.

 

Negli anni Settanta dal momento che nel mondo intero si stavano formando movimenti femministi, le donne indigene in Canada si sono unite ad essi a modo loro. Invece che bruciare reggiseni e rivendicare il diritto dell’aborto, per molte donne indigene, femminismo significava lottare per il diritto di tenere i propri figli e avere accesso a una sanità appropriata.

 

Questo non sembra  qualcosa per cui avrebbero dovuto lottare, dal momento che le altre donne nel mondo già avevano questi diritti. Le attiviste indigene negli anni Settanta hanno iniziato a sottolineare la mancanza di servizi e le campagne per il controllo delle nascite come parte di un genocidio culturale ben più ampio.

 

I sostenitori del controllo delle nascite, tra cui i dipendenti del governo federale, si sono difesi sostenendo che il controllo delle nascite e la sterilizzazione erano parte dell’esperienza di una donna moderna e che avevano appena iniziato a estendere questi servizi alle donne indigene.

I sostenitori del controllo delle nascite, tra cui i dipendenti del governo federale, si sono difesi sostenendo che il controllo delle nascite e la sterilizzazione erano parte dell’esperienza di una donna moderna

 

Ma questa logica non riconosceva la realtà che migliaia di donne indigene aveva visto i propri figli soffrire a causa di un contesto coloniale che ha portato a insicurezza alimentare, razzismo sistemico e segregazione.

 

Occorre una revisione completa

I bambini indigeni sono stati sottratti con la forza dalle loro case e sappiamo che il sistema scolastico residenziale indiano ha ulteriormente tentato di rompere questi legami famigliari.

 

Le donne indigene che lottavano per tenere i propri figli era un atto di femminismo tanto quanto le donne non-indigene che con ogni loro sforzo cercavano di ottenere il controllo delle nascite –la questione di base era la stessa: donne che vorrebbero scegliere come creare la loro famiglia.

Notizie recenti di sterilizzazione forzata su madri indigene non consenzienti ci ricordano che questo non è un problema solo del passato

 

Notizie recenti di sterilizzazione forzata su madri indigene non consenzienti ci ricordano che questo non è un problema solo del passato. La Commissione per la Verità e la Riconciliazione sulle scuole residenziali indiane (TRC) ha raccomandato una revisione completa e apposita della sterilizzazione e dei programmi di assistenza all’infanzia.

Questo deve accadere: dobbiamo sentire le donne e assicurarci di ascoltare le loro storie alle loro condizioni.

 

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