Misteri

Spunta la massoneria nel Qatargate che scuote Bruxelles. Altri lontani misteri mostruosi tornano alla mente

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Squadra e compasso spuntano nel Qatargate, lo scandalo sulla presunta corruzione di figure di Bruxelles da parte del Qatar. La massoneria entra di prepotenza nella vicenda che ha scosso l’Unione Europea, portando ad arresti e clamorose rivelazioni. Lo riporta il Corriere della Sera.

 

È un fulmine a ciel sereno anche per noi: in teoria sapevamo che erano coinvolti eurodeputati di vario rango, ex eurodeputati, assistenti europarlamentari, varie figure dell’eurosottobosco – tutti gravitanti, per qualche motivo, attorno al Partito Socialista Europeo, il grande contenitore comunitario di tutti i partiti simil-PD degli Stati dell’Unione.

 

Erano emerse, in questi mesi, storie su funzionari arabi e diplomatici maghrebini – trame che si dipanavano nel cuore dell’Europa, in Africa e in Medio Oriente. Ma la massoneria? No, in molti non l’hanno vista arrivare. E invece è arrivata.

 

«Un intreccio inestricabile lega politica, imprenditoria e giustizia in Belgio all’ombra dell’inchiesta Qatargate. È in questo scenario (…) che una settimana fa matura la decisione del giudice istruttore Michel Claise di astenersi dalla guida delle indagini che a dicembre hanno fatto tremare il Parlamento europeo» scrive il Corriere.

 

Il magistrato lascia il caso. Perché? Nella decisione del Claise entrerebbe, apparentemente, un’eurodeputata belga, la Maria «Marie» Arena, già ministro per il governo belga e ora europarlamentare del PSE eletta nella circoscrizione francofona del Paese.

 

«Considerato un paladino della lotta alla corruzione, in un’ intervista al quotidiano di Bruxelles Le Soir, che lo celebrava anche per la sua attività di scrittore di gialli ed in cui affermava che a causa della corruzione la democrazia “è fottuta”, il giudice Claise è stato costretto ad astenersi dall’inchiesta che lo ha reso famoso nel mondo dopo che è emerso che suo figlio è da anni in società con il figlio di Maria Arena in un’azienda che commercializza prodotti di libera vendita derivati dalla cannabis».

 

«Arena è la europarlamentare dei Socialisti coinvolta nel Qatagrate strettissima amica di Antonio Panzeri, l’ex eurodeputato PD e poi Articolo 1 [il partito di Roberto Speranza, ndr] considerato il collettore delle ipotetiche tangenti arrivate in contanti da Qatar e Marocco per condizionare l’attività del Parlamento europeo» spiega il Corriere.

 

Il giornale di via Solferino, i cui i vertici un tempo furono legati alla P2, non si tira indietro rispetto alla scottante faccenda che sta saltando fuori.

 

«Claise è un orgoglioso massone. Nella stessa intervista a Le Soir ha raccontato di essere entrato nella massoneria 35 anni fa quando si avviava all’avvocatura nello studio legale del suo “maestro” Guy Uyttendaele, famoso avvocato di Bruxelles scomparso, al quale fu introdotto dopo la laurea dal figlio Marc, cui era legato da una profonda amicizia».

 

Il Corsera va a fondo nella ricerca:

 

«Secondo il quotidiano online Moustique di Bruxells, Uyttendaele era a sua volta un massone. Ora il figlio Marc, nonostante l’amicizia con Claise che 20 anni fa è diventato giudice, è uno dei difensori di Panzeri che dopo meno di due mesi dall’arresto si è pentito accordandosi con la Procura per un solo anno di carcere ai domiciliari di cui quasi 8 mesi già scontati. “Essere massone non mi limita, sono libero”, dichiarò Claise».

 

In pratica, il giudice delle indagini e l’avvocato dell’indagato, pare di capire, sono più che conoscenti: sono fratelli, nel senso che ambedue sono affiliati alla framassoneria.

 

«In Belgio i magistrati possono appartenere alla massoneria a differenza che in Italia dove l’iscrizione può portare a provvedimenti disciplinari» spiega ancora il Corriere. «Ora che ha fatto il passo indietro, sui media belgi compaiono retroscena, (…) secondo il quale Claise “ben prima” delle dimissioni per conflitto di interessi avrebbe “subito un’osservazione” da un altro “massone della sua loggia” che gli avrebbe fatto capire che “stava facendo troppo per coprire Arena”, con la quale si sarebbe anche “incontrato più volte” in Parlamento tra il 2015 e il 2017».

 

Sono accuse pesantissime, ricavate, a quanto si dice, da materiale open source che sta comparendo sui giornali belgi.

 

Ecco che il giornale milanese trova il coraggio di andare avanti a dipingerci il quadretto della Bruxelles occulta.

 

«È massone anche l’ex primo ministro socialista Elio Di Rupo originario di Mons come Arena, considerata destinata a raccogliere la sua eredità politica».

 

Ma si va oltre. In questo racconto fratelli massoni, ci sono legami di sangue veri.

 

«Arena ha divorziato da Olivier Lemaire, padre del giovane socio del figlio di Claise, il quale ha sposato l’attuale ministra degli esteri del Belgio, Hadja Lahibib. Curiosamente, il 14 novembre Lahibib ha incontrato il ministro del lavoro del Qatar Al Marri il quale (…) è ritenuto il pagatore delle tangenti attraverso la ONG Fight Impunity di Panzeri, che aveva incontrato il 10 ottobre in un hotel di Bruxelles. “Abbiamo discusso di diritti umani, inclusi quelli delle donne e LGBTQIA+. Ho confermato che il Belgio riconosce che i significativi progressi del Qatar” twittò la ministra».

 

L’intreccio è da vertigine. L’idea è quella che l’élite bruxellita è davvero piccola, sia per quanto riguarda il governo belga che per quanto riguarda la UE.

 

Il centro della scena, insomma, ora se lo prende questa Arena. Panzeri ha patteggiato ed è andato ai domiciliari. I tremendi sospetti che lambivano vari europarlamentari anche nel PD paiono riassorbiti.

 

È il discorso che fa anche la (bellissima, stupenda) ex vice presidente greca dell’Europarlamento Eva Kaili, che è rimasta in carcere mesi senza vedere la figlia piccola. Parlando con il Corriere, la Kaili «si chiedeva come mai la Arena, pur coinvolta nelle indagini, “non ha avuto problemi” e se fosse “protetta da un’immunità speciale”».

 

«Si dice che Claise voglia entrare in politica dopo la pensione a inizio 2024» scrive ancora il Corsera.

 

In molti sottolineano l’abbondanza massonica a Bruxelles – che ricordiamo che, oltre ad essere la capitale del Belgio, lo è anche della UE e della NATO.

 

Tuttavia a questione della Arena erede politica di Di Rupo sblocca altri ricordi, distantissimi per tempo e per natura della questione.

 

Oltre che essere apertamente massone, il Di Rupo, nel 1996 durante un’intervista si dichiarò omosessuale. «Sì e allora?» rispose alla domanda secca del giornalista se fosse gay. Diventò uno dei primi politici belgi, ed europei, a fare il cosiddetto coming out.

 

Il contesto della rivelazione è però triste e spaventoso: si trattava di un’intervista riguardante gli orrori di Marc Dutroux, detto il mostro di Marcinelle. Come noto, si tratta di un pedofilo pedopornografo assassino e stupratore seriale, sospettato di essere parte di una rete di pedofili più estesa.

 

Dutroux rapì, violentò e uccise quantità di bambine dagli 8 ai 17 anni. Due solo sopravvissero alle sevizie: le altre furono ammazzate o lasciate morire di stenti. Lo shock, quando la faccenda venne a galla, fu immane.

 

Anche le indagini di questo caso da parte delle autorità belghe furono, come dire, controverse: sempre ricordando che si trattava di un uomo che era già stato in galera nel 1987, per scontare, misteriosamente, molto meno dei 13 anni e mezzo che gli furono inflitti.

 

Nel 1995, la madre di Dutroux scrisse una lettera alle autorità dichiarando di sapere che Dutroux aveva rapito due ragazzine e le teneva a casa sua.

 

Dopo che due bimbe furono rapite nel giugno 1995, la polizia impiegò 14 mesi per arrestare Dutroux, sebbene fosse stato uno dei principali sospettati fin dall’inizio, avendo già commesso crimini simili. Durante la ricerca delle due piccole, la polizia visitò la casa di Dutroux, dove queste erano prigioniere, due volte, il 13 e il 19 dicembre 1995, ma incredibilmente senza trovarle.

 

È emerso pure che diversi nastri video trovati durante la perquisizione non sono mai stati guardati. Michel Bourlet, l’uomo allora nominato investigatore capo, affermò che alcune delle videocassette erano scomparse e che voleva che fossero tutte recuperate e riviste. L’ufficiale che ha condotto la ricerca è stato successivamente promosso.

 

Nell’ottobre 1996, il giudice Jean-Marc Connerotte fu rimosso dall’inchiesta dalla Corte Suprema a causa delle preoccupazioni sulla sua imparzialità dopo aver partecipato a una cena di raccolta fondi per le famiglie delle vittime.

 

Un altro giudice, Jean-Claude Van Espen, si è dimesso dopo che è venuta alla luce la sua stretta relazione con Michel Nihoul, un uomo d’affari e criminale inizialmente considerato connesso al caso Dutroux, ma poi assolto in tribunale per l’accusa di rapimento di minori. (Fu tuttavia condannato per traffico di droga e associazione a delinquere)

 

Lo spettacolo indegno delle indagini portò ad una manifestazione di protesta che vide 350 mila belgi scendere in piazza nel 1996 nella cosiddetta «marcia Bianca».

 

Nel 1998 Dutroux approfittò di un break della sua guardia e riuscì a fuggire, causando le dimissioni del ministro della Giustizia e del capo della polizia belga. Fu ripreso poco ore dopo. L’indagine sulla fuga portò alla conclusione che, certamente, Dutroux non aveva collegamenti con le alte sfere, come tutti oramai vociferavano.

 

Tuttavia, ai piani inferiori, fu un’ecatombe giudiziaria: almeno sette membri delle forze dell’ordine sono stati arrestati perché sospettati di avere legami con Marc Dutroux.

 

Alla fine diverse famiglie delle vittime hanno boicottato il processo ufficiale, affermando che si trattava di un circo e che non c’erano stati progressi nel caso dalla rimozione del giudice Connerotte. Articoli della stampa di quei giorni affermavano che, prima della sua rimozione, Connerotte era sul punto di rivelare pubblicamente i nomi di funzionari governativi di alto livello che erano stati riconosciuti sulle videocassette di Dutroux – che si dice fossero centinaia.

 

In quel tragico 1996 in cui al Belgio venivano rivelati orrori innominabili, due ministri del governo di Bruxelles furono accusati di essere pedofili – uno di questi era di Rupo, che, in vicende distanti da quelle di Dutroux ma montate sulla stampa negli stessi giorni, fu accusato di rapporti con minori di 16 anni. Articoli sulla questione sono spariti, per esempio sul sito dell’Associated Press: però la cache può resistere.  Le accuse caddero dopo il voto 7 contro 4, della commissione di inchiesta parlamentare belga, che stabiliva il «non luogo a procedere» per le accuse di pedofilia contro il Di Rupo, scagionandolo.

 

Una deputata belga del Front Nouveau de Belgique, Marguerite Bastien, riporta un’intervista di un’agenzia stampa italiana, avrebbe agitato in parlamento una videocassetta pedopornografica che, secondo lei, avrebbe comprovato le trame oscure dell’élite belga. A quanto leggiamo, la cassetta sarebbe stata sequestratata alla parlamentare e «da allora “sepolta nei sotterranei del Parlamento”, insieme a molte altre».

 

Ora si guarda a quelle accuse come una sorta di complotto per destabilizzare il governo belga.

 

Bruxelles è sempre Bruxelles. Una bella città con il suo bel vivere mantenuto dall’abbondanza della burocrazia UE (e NATO…), i plateatici pieni già alle 16 di persone che bevono le boleke, le coppe di birra locale.

 

Poi, abbiamo capito, c’è un lato oscuro, fatto di legami indicibili, di scambi di accuse mostruose, e di un mondo tutto sommato piccolo, con le sue alte cariche imparentate, le sue chiacchiere sui giornaletti che abbaiano, i suoi politichetti immortali, i suoi balletti istituzionali, i suoi misteri che – quando non scoperchiano abissi di orrore – non sono nemmeno neanche troppo profondi e indecifrabili.

 

 

 

 

Immagine di Sean via Flickr pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-NoDerivs 2.0 Generic (CC BY-ND 2.0)

 

 

 

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