Bioetica

Sport, trapianti, femminicidi: le nuove finalità dell’aborto

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In queste anni sono aumentate, fino a slatentizzarsi quasi totalmente, le segnalazioni di aborti chirurgici effettuati a fini diversi – e, se possibile, ancor più ripugnanti – da quelli classici, già esecrabili, comunemente addotti dalla cultura abortista (libertà di scelta della donna e controllo demografico).

 

 

L’aborto a fini sportivi

A distanza di oltre 30 anni Olga Kovalenko, olimpionica nel 1968 al Messico, rivela a un quotidiano di Berlino (21 novembre 1998) che, come lei, «anche altre ginnaste nell’URSS venivano indotte a concepire e poi ad abortire, perché “con la gravidanza l’organismo femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza”. Se rifiutavano, niente Olimpiadi».

«Ginnaste nell’URSS venivano indotte a concepire e poi ad abortire, perché “con la gravidanza l’organismo femminile può produrre più ormoni maschili e sviluppare più forza”»

 

 

Trapianti da feti

Fin dal marzo 1992 è venuto alla luce un fiorente traffico internazionale di placente umane dalla Russia verso gli altri Paesi europei: tonnellate di placente, ottenute a seguito di IVG, che vengono smistate tra le varie industrie produttrici di sieri e di vaccini o nella produzione di cosmetici. È stato fin d’allora autorevolmente sospettato che la previsione di un buon guadagno potrebbe essere anche un macabro incentivo a porre fine a tante vite innocenti

 

Fin dalla stessa epoca è inoltre noto che c’è chi sta sperimentando trapianti da feti vivi.

 

Fin dal marzo 1992 è venuto alla luce un fiorente traffico internazionale di placente umane dalla Russia verso gli altri Paesi europei: tonnellate di placente, ottenute a seguito di IVG, che vengono smistate tra le varie industrie produttrici di sieri e di vaccini o nella produzione di cosmetici

Si tratta di procedure che, letteralmente, estraggono per aspirazione vari organi di bambini viventi (cervello, pancreas, timo ed altri). La tecnica chirurgica che lo consente, messa a punto dal dr. Martin Haskell – esponente di spicco della Federazione nazionale aborto USA –- consente di praticare interventi fino alla 32a settimana (7 mesi e mezzo), ed è stata denominata D&X, sigla che sta per «dilatazione ed estrazione».

 

Essa è descritta dal dr. Bernard Nathanson in All About Issue: a donne incinte tra la 13a e la 32a settimana viene dilatata la cervice e rotto il sacco amniotico per arrivare alla testa del feto che viene trapanata (a feto vivente) per consentire l’inserimento della cannula aspiratrice.

 

La sostanza così prelevata si pone in ghiaccio per conservarne l’utilizzabilità, poi l’aborto viene completato estraendone il resto. Lo scopo  è quello di trapiantare il tessuto per la terapia del m. di Parkinson (cervello) e del diabete mellito giovanile (pancreas).

 

 

Procedure che, letteralmente, estraggono per aspirazione vari organi di bambini viventi (cervello, pancreas, timo ed altri). Lo scopo  è quello di trapiantare il tessuto per la terapia del m. di Parkinson (cervello) e del diabete mellito giovanile (pancreas)

L’aborto selettivo dei feti femmina

Questo tipo particolare di aborto selettivo viene praticato prevalentemente in Asia (anche se sull’onda dell’immigrazione selvaggia sta approdando ora anche in Europa).

 

Su 8.000 aborti praticati a Bombay nel 1993, 7.999 riguardavano feti di sesso femminile: il dato è riferito dall’UNICEF, anche se poi queste cifre non finiscono nel numero totale dei bambini uccisi nel mondo diffuso dalla medesima agenzia.

 

In Cina il 12% delle donne che è incinta di una femmina decide di abortire. Per secoli i contadini cinesi hanno praticato una eugenetica atroce sopprimendo le figlie femmine appena nate, semplicemente perché da grandi non potranno lavorare nei campi o assistere i genitori in vecchiaia e che se ne andranno a vivere in un’altra casa. Da una decina d’anni sono arrivati gli ecografi e con essi la diagnosi prenatale anche del sesso: la strage, allora, è stata anticipata.

 

Su 8.000 aborti praticati a Bombay nel 1993, 7.999 riguardavano feti di sesso femminile

Questa selezione si è diffusa anche in alcuni Paesi europei.

 

Le donne immigrate abusano infatti dei test prenatali per eliminare le figlie femmine che sono considerate di «minor valore» rispetto ai figli maschi.

 

Il numero di questi aborti selettivi non è facile a determinarsi anche perché le donne che lo richiedono non ne menzionano le vere ragioni. Lo conferma il dr. Alblas, direttore della clinica abortiva Bourgonje a Maastricht, quando dichiara: «Per noi è la donna che decide. Questo significa che noi pratichiamo l’aborto se non ci sono gravi ragioni che si possono opporre. Che il feto sia una bambina non è una ragione sufficiente»

 

 

Dottor Luca Poli

Medico

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