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Roulette sessuale con aborto incorporato: le ragazze disintegrate dalla Necrocultura

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I giornali italiani stanno iniziando a parlare di una nuova moda che corre tra le giovani sui social: fare sesso con sconosciuti cercando di non rimanere incinte. Qualora ciò avvenisse, si deve provvedere subito con l’uccisione del bambino concepito nella sfida elettronica. Così, immaginiamo, da essere magari pronte a ripartire.

 

«Su episodi di questo tipo sta indagando anche la Procura di Brescia, dipartimento Soggetti deboli, che ricordiamo ha competenza distrettuale anche sulle province di Bergamo, Cremona e Mantova» scrive Brescia Today. «Il caso della “sex roulette” è solo il più recente di una vasta gamma di “challenge“, anche pericolosissime».

 

Il pensiero va alla controversa storia della Blue Whale, una serie di sfide che finisce con il suicidio del giovane che le intraprende. Ma ve ne sono molte altre, popolari anche decenni fa, ma ora esplosa con smartphone e social media: spostarsi all’ultimo momento prima che un’auto ti colpisca, la «Skull Breaker challenge», in cui di persone calciano le gambe di una terza, facendola rovinare violentemente a terra, ma anche il «knock-out game», di cui si era sentito qualche anno fa, che consisteva nel piazzare un pugno in faccia ad uno sconosciuto di passaggio, di solito facendolo crollare a terra privo di conoscenza.

 

Tuttavia il carattere sessuale e riproduttivo della «sex roulette» ci impressiona.

 

Per primo perché mostra a il livello di disintegrazione della decenza, del pudore femminile innestato dalla Rivoluzione sessuale: non si tratta più solo di poligamia, ma di promiscuità gratuita e belluina vissuta come valore da esibire. L’indecenza come virtù: e il sesso come giochino che nulla ha più di privato, di intimo.

 

In secondo luogo, la «sex roulette» ci dimostra fino a che punto la società sia desensibilizzata nei confronti dell’aborto. La retorica abortista per cui «un aborto è sempre una sconfitta» è oramai sepolta. L’aborto è un gioco, è un sistema contraccettivo di ultima istanza perfino preferibile agli altri anticoncezionali (che forse le nuove generazioni cominciano a trovare non ideali, come vediamo nel caso del rifiuto della pillola da parte delle millennial).

 

Di più: l’aborto come «preservativo», pure spendibile per gioco – ed esibito sui social. Anche questo è un avanzamento ulteriore nell’abisso della Necrocultura: sono esistite, negli anni, donne che rivendicavano, talvolta in modi lugubri assai (la politica italiana che mostrava il feto nel barattolo ce la ricordiamo), ma erano tutte femministe, e l’esibizione del feticidio era un atto ideologico.

 

Qui l’ideologia non esiste più, perché totalmente spalmata sul sentire comune: uccidere il bambino non è più un fatto politico, né un dramma personale, è un’attività personale qualsiasi, come andare dal dentista, o – per essere più precisi – farsi un tatuaggio.

 

Perché il bambino, in tutto questo, non è nemmeno lontanamente considerato: le ragazzine non lo considerano tale, o forse – e qui entriamo nella regione più oscura della mutazione della Civiltà in corso – lo considerano spendibile, perfino in una sfida cretina con le proprie amiche. Sacrifici umani, anche per gioco. Sì.

 

Non è qualcosa che possiamo aspettarci da una società che, senza batter ciglio, si è fatta iniettare un siero genico sperimentale ottenuto con linee cellulari da aborto. Anche quei bambini morti per la farmaceutica non hanno fatto perdere il sonno a nessuno, né alle autorità civili né a quelle religiose – che, anzi, non hanno perso tempo a infliggere alla popolazione la pozione fatta, come ai tempi della stregoneria, con pezzi di bambino abortito.

 

E quindi: se si può uccidere un bambino non nato per un farmaco, perché non potrebbe essere giusto farlo per una challenge sui social media? Del resto, se non si tratta di esseri umani, che differenza può essere mai?

 

Un anno fa Renovatio 21 ha pubblicato un articolo intitolato «La Necrocultura vuole distruggere la donna». In esso dettagliavamo il crollo del senso della maternità, descrivendolo con toni apocalittici, perché «sì, la donna è il fulcro della Civiltà umana».

 

«Bisogna riconoscere che la donna è, oramai da secoli, l’obbiettivo degli attacchi di chi la Civiltà umana vuole distruggerla», scrivevamo. «Il mondo moderno è il calcolo della rovina della donna. La sua degradazione è programmatica, continua, inesausta».

 

Il progetto è contenuto nella corrispondenza di alti esponenti della setta massonica ottocenteschi. Ne parla quel libro fondamentale che è Il problema dell’ora presente di monsignor Henri Joseph Delassus (1836-1921).

 

«Per abbattere il cattolicismo, bisogna prima sopprimere la donna. La frase è vera in un senso, ma poiché non possiamo sopprimere la donna, corrompiamola» dice «Vindice», in francese Le vengeur, uno dei cospiratori di cui monsignor Delassus intercetta i messaggi.

 

Corrompere la donna, per distruggere la vita – per attaccare Dio. Questo è il senso della Necrocultura. Questa è la cifra del mondo moderno – che altro non è se non il prodotto della Cultura della Morte. Questo è ciò che sta dietro ad ogni nuova demenza giovanile, ora divenuta più assassina di quella vista in Arancia Meccanica.

 

Dice Gesù: «Questa generazione è una generazione malvagia; essa cerca un segno, ma non le sarà dato nessun segno fuorché il segno di Giona» (Luca 11, 29). Il «segno di Giona», secondo le interpretazioni, sarebbe la Fede nel Risorto.

 

È così: solo la Fede può porre fine a questo abisso di sangue, crudeltà, stupidità. Solo la Fede può salvare la Vita e la Civiltà.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

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