Crioconservazione

Quanti sono i gli embrioni abbandonati nell’azoto liquido? In quale dimensione stanno, davvero?

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Una questione a cui la maggioranza delle persone non fa caso è che la riproduzione artificiale, legalizzata in Italia ed ora anche effettuata dallo Stato con il danaro del contribuente, produce in laboratorio quantità sovrabbondanti di embrioni – cioè di esseri completi, come lo era il lettore all’inizio della sua avventura nell’essere.

 

Alcuni embrioni sani vengono impiantati, nella speranza che almeno uno «attecchisca» cioè si sviluppi. A volte attecchiscono due, tre o più: i tanti parti plurigemellari di cui sentite, e tanti dei bambini gemelli eterozigoti che magari vedete al parchetto, provengono direttamente dalla provetta che uccide, ogni anno, più di 170 mila embrioni.

 

Come ripetiamo su Renovatio 21, in altri casi gli embrioni impiantati vanno a fondersi, formando quelle che si chiamano chimere umane: esseri composti da tessuti e organi di due DNA diversi; molte persone sono chimere senza saperlo, e hanno parti di loro (i genitali, perfino) che in realtà derivano da un fratello mai nato.

 

Tali embrioni in soprannumero vengono talvolta scartati, perché ritenuti dagli specialisti al microscopio come non adatti, non esattamente sani: si tratta di un processo eugenetico che non scandalizza nessuno di quelli che leggono quotidianamente paginate storico-politico-letterarie che ci ricordano quanto era diabolico Hitler (salvo poi, qualche pagina più in là, osannarci le gesta del Battaglione Azov, certo).

 

Alcuni embrioni scartati vengono, quindi, «crioconservati», cioè congelati in azoto liquido – per anni, per decenni, in attesa di non si sa che cosa, una decisione dei «legittimi proprietari» (perché la provetta dimostra che i bambini oggi altro non sono che «oggetti» progettati e prodotti per il possesso dei genitori), o forse di una legge che regoli definitivamente la questione. Del resto, gli esseri congelati non votano, non protestano. Rappresentano, come tutti gli embrioni, la parte più debole della società moderna, di cui quindi, secondo la legge del più forte della Necrocultura utilitarista, si può abusare come si desidera.

 

La giornalista Gioia Locati ha scritto per Il Giornale un articolo che coraggiosamente si pone qualche la domanda sugli embrioni lasciati nell’azoto a quasi duecento gradi sotto zero.

 

«In molti ospedali italiani vivono migliaia di embrioni, detti “orfani”, creati (se così si può dire) in sovrannumero e non più richiesti» scrive la Locati. «Secondo una stima dell’Istituto superiore di Sanità, nel 2020 gli embrioni abbandonati erano 37.500. Ognuno dei 320 centri italiani – in Lombardia sono 51 – è tenuto a conservarli e a custodirli in bidoni di azoto liquido a -196° per mantenerli vitali. Fino a quando? Non si sa. Il “problema” è stato affrontato varie volte dalla politica e dai tribunali ma mai risolto».

 

La legge 40 prevedeva che gli embrioni eccedenti provenienti da ogni regione dovessero essere raccolti in una sola «Biobanca», situata presso il Policlinico di Milano. Questa struttura era stata costruita appositamente per questo scopo e inaugurata dal ministro Gerolamo Sirchia nel Padiglione Marangoni, due piani nel sottosuolo. Si riteneva che ci fossero 2.527 embrioni eccedenti in tutta Italia, anche se circolava una stima non ufficiale di 5.000. Furono acquistati sei contenitori di azoto liquido, ciascuno al costo di 25.000 euro, in grado di conservarne fino a 3.000.

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Nonostante questi preparativi la centralizzazione non venne mai attuata.

 

La giornalista ha sentito il responsabile del Centro procreazione assistita del Policlinico, che avrebbe ammesso che «ogni centro sarebbe felice di non dover custodire embrioni orfani perché i costi a carico delle Regioni sono ingenti fra azoto liquido, sistemi di allarme energia elettrica e personale. Una volta entrati in funzione gli impianti non possono più essere spenti».

 

L’intervistato ha quindi spiegato che se si dovesse ottemperare alla legge 40 «ormai al Policlinico non vi sarebbe più spazio: i bidoni sono ora occupati dai tessuti della Biobanca come cellule da midollo osseo e da cordone ombelicale. Poi ci sono gli embrioni orfani del nostro centro. Insomma, i nostri contenitori stanno crescendo per numero e dimensioni».

 

E quindi, quanti sarebbero gli embrioni sotto azoto?

 

«In giacenza ve ne sono diverse migliaia, se ne producono circa 800 l’anno ma di questi più della metà è trasferito in utero. Ci sono anche persone che richiedono un embrione prodotto anni prima».

 

È facile fare il calcolo regionale: «Se tutti i 51 centri lombardi di procreazione assistita avessero i numeri del Policlinico ogni anno si congelerebbero 20.400 nuove vite in potenza, una città di mai nati».

 

La questione non riguarda la sola Lombardia, né il solo settore della sanità.

 

Come riportato da Renovatio 21, un caso che ha tenuto banco negli anni scorsi, la procace attrice colombiano-statunitense Sophia Vergara ha combattuto una causa con il suo ex fidanzato Nick Loeb per i diritti di custodia dei embrioni congelati che la coppia aveva prodotto insieme. La giurisprudenza, quindi, è chiamata ad affrontare ulteriori casi dei piccoli sotto azoto, a dimostrazione ulteriore che la mentalità di morte oramai installatasi nella società considera i figli come «proprietà» dei genitori.

 

In Arizona invece il giudice ha assegnato gli embrioni congelati ha una donna che desiderava figli anche dopo il divorzio.

 

Otto anni fa si ebbe un caso, negli USA, in cui una coppia fu uccisa, lasciando, oltre che un figlio, anche 11 embrioni crioconservati. Il tribunale di successione ha stabilito che, poiché i suoi genitori sono morti senza lasciare un testamento, il loro figlio di 2 anni dovrebbe «ereditare» gli embrioni, che sono i suoi fratelli. 11 embrioni crioconservati orfani affidati alle cure di un orfano di due anni: è la legge.

 

L’anno scorso si è avuto il record mondiale per l’embrione congelato più a lungo: due bambini sono nati dopo essere stati congelati per trenta anni. Il padre «adottivo» aveva cinque anni al momento in cui gli embrioni dei figli venivano prodotti in laboratorio. La crioconservazione, da un punto di vista cronologico, fa nascere neonati vecchi di decenni.

 

Se in Italia sono decine e decine di migliaia, e in costante crescita, i numeri degli embrioni abbandonati al freddo negli USA sono ancora più allucinanti: articoli che hanno tentato di fare un calcolo in questi anni hanno parlato di un milione o più di individui tenuti sotto azoto.

 

Non dimentichiamo i numeri della Cina, dove il governo del Partito Comunista Cinese sta spingendo pazzamente per la riproduzione artificiale per evitare l’implosione demografica. Se ogni anno in Cina nascono oltre 200.000 bambini con fecondazione in vitro, ciò significa che milioni di embrioni possono essere congelati durante la conservazione. Un ospedale di Zhengzhou, una città di 10 milioni di abitanti, sostiene di avere in gestione 100 mila embrioni congelati. La megalopoli, di badi bene, costituisce solamente l’1% della popolazione cinese.

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Questi milioni di esseri affogati nel gelo non si trovano solo negli ospedali e nelle «biobanche». Essi sono situati, letteralmente, in un «limbo» – e non parliamo solo di un limbo sanitario, giuridico, sociopolitico.

 

Pensiamo dal punto di vista spirituale, o perfino filosofico: in quale dimensione stanno davvero questi esseri umani? Non sono vivi, ma non sono morti. Non sono nati, ma non cresceranno nel ventre materno.

 

Non c’è ancora definizione teologica per questo nuovo stato dell’essere, di fatto introdotto dal mondo moderno e dal suo sforzo tecnico per sostituire la riproduzione umane – e cioè di fatto, come suggeriva il dottore del primo bambino in provetta 45 anni fa, di emulare il potere di Dio.

 

La chiesa, con tutte le sue Pontificie Accademie (quelle che promuovono vaccini e mRNA), i suoi Pontifici Atenei, le sue serque di teologi e sapientoni vari, non ha mai voluto rispondere a questa domanda, nemmeno quando negli anni Novanta essa si era posta in modo inevitabile.

 

Possiamo dire che, anzi, porzioni dell’élite cattolica hanno lavorato per lo sdoganamento della crioconservazione, a volte proponendo stupidi paletti destinati ovviamente a cadere (del tipo: crioconserviamo i gameti, non gli embrioni) oppure con legislazioni apertamente contraddittorie: pensiamo al fatto che la legge 40/2004 – una legge democristiana poi logicamente smontata pezzo per pezzo dai giudici – proibisce la distruzione degli embrioni prodotti in vitro, mentre la 194/78 (un’altra legge democristiana…) autorizza l’uccisione degli embrioni se questi sono nel ventre materno. L’aborto sì, ma conservando congelati gli embrioni fatti in laboratorio: lo Stato italiano, in teoria, vuole così. Con il condimento di gruppi pro-vita pro-azoto, cioè pro-life pro-limbo.

 

Non so bene come guardare la questione. È un abisso filosofico, un abisso vero, che non mostra nessun fondo per questo orrore. Pensate: biobanche ovunque. Un limbo contenuto nel vostro ospedale, o nella clinica della città. Non so cosa provare, nemmeno. Un senso di ingiustizia? La rabbia dinanzi la miseria della Bioetica? La solita frustrazione verso il mondo moderno e la sua prepotenza genocida? No, o almeno non solo.

 

C’è un mistero opaco di mezzo. Cosa «percepisce» un essere congelato? Qual è il significato della sua situazione? Ad un certo punto, ci si rende conto che sono domande che si pongono per l’al di là. L’uomo moderno ha creato un al di là nell’al di qua, per piazzarci dentro i figli che non vuole, o che forse vuole, ma più avanti, si vedrà. Rifletto: interrogarsi sugli embrioni azotati, è pensare quindi alla morte?

 

Contemplare nel profondo l’esistenza degli embrioni congelati è un esercizio spaventoso. Credo che in pochi lo vogliano fare, e ancora meno persone lo abbiano fatto.

 

Tuttavia, chi nemmeno sa cosa sta facendo, scrive leggi, produce esseri, edifica ed espande un limbo di azoto per milioni di individui. Di fatto, costoro agiscono come dèi, come degli impazziti e crudeli, che umiliano ed imprigionano la vita – e lo celebrano pure.

 

Roberto Dal Bosco

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