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Provincia pakistana pronta a vietare tutti i social media: in Europa sarà così diverso?

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La provincia più grande del Pakistan, il Punjab, ha in programma di vietare tutte le piattaforme di social media per sei giorni, adducendo problemi di sicurezza, durante le processioni religiose che inizieranno la prossima settimana, ha annunciato il Ministero degli Interni.

 

Il governo del Punjab di Maryam Nawaz ha raccomandato giovedì di vietare tutti i social media, tra cui YouTube, WhatsApp, Facebook, Instagram e TikTok, dal 13 al 18 luglio per «controllare il materiale d’odio, la disinformazione, per evitare la violenza settaria».

 

«Si tratta di una raccomandazione e finora non è stata presa alcuna decisione», ha detto venerdì alla Reuters il ministro dell’Informazione Uzma Bukhari, aggiungendo che il governo aveva ricevuto segnalazioni di alcune questioni settarie sui social media che, secondo lui, potrebbero «mettere a fuoco il Paese».

 

La decisione di attuare la sospensione sarà presa dal governo federale, guidato dallo zio di Nawaz, il primo ministro Shehbaz Sharif.

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Il divieto proposto nella provincia, che accoglie oltre 120 milioni di persone, è legato alle processioni dell’Ashura di Muharram, i 10 giorni di lutto osservati dalla minoranza musulmana sciita.

 

Il decimo giorno di Muharram-ul-Haram, il primo mese del calendario islamico, è considerato sacro tra i musulmani sciiti: ogni anno commemorano la morte del leader religioso Hussain Ibn Ali, nipote del profeta Maometto.

 

Non è la prima volta che i social media vengono presi di mira dalle autorità pakistane. Il ministero degli Interni del Paese ha bloccato X a febbraio durante le elezioni nazionali a causa di «problemi di sicurezza nazionale». Gli attivisti per i diritti civili hanno criticato il divieto come una violazione della libertà di parola, in mezzo alle accuse di frode elettorale contro il governo al potere, mentre il principale leader dell’opposizione ed ex primo ministro, Imran Khan, rimane in carcere.

 

Sono state utilizzate molteplici condanne per impedire a Khan e al suo partito Pakistan Tehreek-e-Insaf (PTI) di candidarsi alle elezioni di febbraio. L’ex primo ministro ha affermato all’inizio di quest’anno che il voto era stato minato da brogli elettorali su larga scala.

 

Secondo quanto riferito, sia l’esercito che il governo hanno ricevuto reazioni negative sui social media dopo la cacciata di Khan tramite una mozione di sfiducia nell’aprile 2022.

 

Un tribunale pakistano si pronuncerà sull’ultima delle numerose condanne di Khan il 12 luglio; questa decisione coinciderà con la proposta di vietare l’uso dei social media.

 

Come riportato da Renovatio 21, il Khan due anni fa aveva subito anche un attentato.

 

Rivelazioni della stampa americana indicano che gli USA avevano detto al Pakistan di rimuovere dal potere l’ex campione di cricket divenuto primo ministro. Khan, di suo, aveva sempre parlato della sua detronizzazione come di un «complotto USA».

 

L’idea di poter controllare i social media non ce l’hanno solo le autorità pakistane: l’anno passato il Commissario Europeo per il mercato interno ha affermato che l’UE può vietare le piattaforme di social media in caso di disordini civili.

 

Thierry Breton, già noto per le sue tirate contro il Twitter di Elon Musk e per la sua difesa del passaporto vaccinale digitale (cioè, il green pass), ha dichiarato in un’intervista a France Info che «se sono presenti contenuti di odio, contenuti che richiedono disordini o uccisioni, ad esempio (…) le piattaforme sono obbligate a eliminarli. Se non lo fanno, saranno sanzionate immediatamente»

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«Abbiamo squadre che possono intervenire immediatamente», ha detto il francese riportato dalla testata tedesca Heise online. Se i responsabili non agiscono subito, «allora sì, possiamo non solo infliggere una multa ma anche vietare l’operatività» delle piattaforme «sul nostro territorio».

 

In pratica, la Commissione Europea vuole regolare i contenuti in rete, ma pure la possibilità di effettuare uno shutdown selettivo di internet, un potere che si credeva possibile solo nella Repubblica Popolare Cinese con il suo «Grande Firewall», il sistema di censura e sorveglianza che blocca l’accesso in Cina a siti enormi (YouTube, Facebook).

 

Di fatto, quel che vediamo qui è davvero la costruzione di una Grande Muraglia digitale europea. Richiusi nella quale, meglio ricordarselo, ci siamo noi.

 

L’idea dell’interruzione dei social era stata espressa apertamente dal presidente francese Macron durante i giorni di barbarie nelle città francesi e francofone (anche cittadine del Belgio e della Svizzera sono state contagiate dai moti etnici). Il presidente aveva altresì incolpato del disastro i videogame.

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