Genetica

Distopia genetica realizzata: poliziotti usano il DNA di un neonato per inchiodare il padre riguardo crimini degli anni ’90

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In New Jersey, negli Stati Uniti, la polizia ha usato il DNA prelevato da un neonato per arrestare il padre del bambino per un crimine che l’uomo avrebbe commesso decenni fa.

 

Una richiesta di documenti pubblici presentata dall’Ufficio del difensore pubblico del New Jersey e dall’organizzazione giornalistica senza scopo di lucro del  New Jersey Monitor ha costretto lo stato a rivelare di aver effettivamente utilizzato il DNA prelevato dal campione di sangue di un neonato per inchiodare suo padre per un’aggressione sessuale commessa nel 1996.

 

La pratica di prelevare il sangue per testare le malattie è pratica comune per tutti i neonati non solo in America: anche in Italia, appena nato il bambino, ai genitori viene fatto compilare un modulo per accettare di dare il sangue del piccolo per analisi scientifiche, anche se non è sempre chiaro a beneficio di chi.

 

Nell’era della genomica massiva, ottenibile anche dal consumatore, i risultati possono essere questi: drammi legali sconvolgenti, oppure – come accade negli USA con servizi consumer come 23andMe, la scoperta di legami famigliari inaspettati (tuo padre non è tuo padre, tua madre ha dei figli altrove, etc.).

 

Come scrive Futurism, negli USA questi screening obbligatori vengono spesso eseguiti senza il consenso dei genitori, sebbene questi possano rivendicare l’esenzione religiosa.

 

Dopo essere stati prelevati, i  campioni di neonati possono anche essere utilizzati nella ricerca biomedica e la maggior parte degli stati non richiede il consenso dei genitori nemmeno per questo.

 

Ciò detto,  il  NJ Monitor ha affermato quando ha intentato per la prima volta la causa che era il primo caso pubblico noto di utilizzo del DNA di un neonato per accusare un membro della famiglia.

 

Secondo la causa, il padre senza nome in questione ha appreso che lo stato aveva citato in giudizio con successo un laboratorio statale per utilizzare il DNA del suo bambino di nove anni per stabilire una corrispondenza familiare per il freddo caso di aggressione sessuale.

 

In particolare, l’uomo ha appreso di questo quando è stato citato in giudizio per fare un tampone del DNA della guancia, che è stato poi scoperto corrispondere al materiale genetico prelevato dall’aggressione del 1996.

 

Nella causa, l’Ufficio del difensore pubblico del New Jersey ha affermato di ritenere che questo uso del DNA del neonato per ottenere un mandato di tampone guanciale fosse una «ricerca illegale» e l’ufficio sta ora cercando di scoprire quanto spesso la polizia statale utilizzi il DNA del neonato nelle indagini.

 

L’uso delle analisi genetiche è ora impiegato massivamente per risolvere antichi cold case, casi di cronaca nera mai risolti, come quelli dei serial killer sfuggiti alla giustizia. Queste vicende, assieme alla crescita esponenziali delle banche dati DNA, pongono problemi vertiginosi per la questione della privacy dei cittadini.

 

L’uso del DNA ha portato nel 2018 all’arresto, dopo decenni, dell’assassino seriale californiano noto come Golden State Killer (GSK). Ottenuto il materiale genetico dell’assassino ancora conservato, un’analisi effettuata presso un servizio di genomica al consumatore ha rivelato la presenza di parenti che si erano sottoposti al test: da lì, profilo psicologico alla mano, è stato facile chiedere se avessero un parente che si adattasse alla descrizione dell’assassino.

 

Sul caso della cattura del GSK è stato scritto un libro e prodotta una serie straziante (la principale investigatrice, una scrittrice, è morta nel processo), recensita da Renovatio 21.

 

L’uso indiscriminato da parte delle autorità – e dei privati – delle analisi genetiche stanno gettando la società in un incubo distopico.

 

Siamo già piombati in un mondo come quello descritto due decenni fa dal film Gattaca, ma non ce ne siamo ancora resi conto.

 

Chi sta per avere un bambino ci pensi: è proprio necessario fare quel test?

 

Dando le informazioni biologiche ad un database, come essere certi che un domani, qualcuno possa venire a battere alla vostra porta, magari chiedendo – come è successo ad una madre dell’Alta Italia che aveva dato in adozione la figlia — una «donazione» di organo?

 

Ci rendiamo conto a quali mostruosità pubbliche e private stiamo andando incontro con la società della biosorveglianza genetica già vigente de facto?

 

 

 

 

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