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Noam Chomsky: i non vaccinati vanno imprigionati

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Il professore emerito del MIT e attivista politico Noam Chomsky ha affermato in due distinte interviste video che le persone non vaccinate hanno il diritto di rifiutare un vaccino COVID, tuttavia dovrebbero «avere la decenza di isolarsi» dalla comunità per la sicurezza degli altri.

 

In una intervista dello scorso giugno con lo youtuber Curt Jaimungal il  grande linguista ha dichiarato che «le persone che si rifiutano di accettare i vaccini, penso che la risposta giusta per loro non sia costringerle a farlo, ma piuttosto insistere affinché siano isolate».

I non vaccinati devono «avere la decenza di isolarsi» dalla comunità per la sicurezza degli altri

 

«Se le persone decidono: “Sono disposto a essere un pericolo per la comunità rifiutando di vaccinare”, allora dovrebbero dire: “Beh, ho anche la decenza di isolarmi. Non voglio un vaccino, ma non ho il diritto di andare in giro a fare del male alle persone. Questa dovrebbe essere una convenzione».

 

In una ulteriore intervista della scorsa settimana rilasciata al canale YouTube Primo Radical il 92enne è tornato sulla questione sostenendo che qualora le persone non vaccinate fossero segregate dalla società, il loro modo in cui reperire generi alimentari è questione che dovrebbe essere lasciata a loro.

 

«Come possiamo portare loro del cibo?» chiede Chomsky. «Beh, questo è in realtà il loro problema».

«Come possiamo portare loro del cibo?» chiede Chomsky. «Beh, questo è in realtà il loro problema».

 

Significa quindi che Chomsky augura la fame ai non vaccinati isolati da qualche parte?

 

«Certo, se diventano indigenti, si dovrà prendere qualche mezzo per assicurare la loro sopravvivenza, come si fa con la gente in prigione».

 

Lo ha detto davvero.

 

«Certo, se diventano indigenti, si dovrà prendere qualche mezzo per assicurare la loro sopravvivenza, come si fa con la gente in prigione».

 

Chomsky è probabilmente la figura più venerata dalla sinistra internazionale. Il suo impegno partì nella sua lotta contro la guerra del Vietnam, per poi sposare ogni causa goscista, tornando alla ribalta alla grandissima con i bollori no-global dei primi 2000, le guerre bushiane e il susseguente movimento «Occupy».

 

Valanghe di suoi libri su temi politici sono stati tradotti anche in italiano – il testo più famoso rimane, probabilmente, La fabbrica del consenso.

 

Filadelfiano di origine ebraica, alunno negli anni Quaranta dell’esule antifascista Giorgio Levi della Vida, Chomsky è considerabile come il più grande linguista vivente.

 

Chiunque si occupi della materia – dalle semiotica alla filosofia del linguaggio – riconosce l’enorme contributo che egli portò allo studio delle dei linguaggi, che sconvolse già sul finire degli anni cinquanta, per poi stabilire il suo primato con l’introduzione della sua Grammatica generativo-trasformazionale che rifiutava lo strutturalismo e rilanciava l’idea di componenti linguistiche umane innate. Il filosofo suicida Gilles Deleuze, forse per invida, sosteneva che le sue teorie erano così astratte che il grande impegno nell’attivismo politico costituiva una sorta di compensazione nel concreto.

 

In molti sostengono che la sua sia una lunga, secolare parabola triste, che mostra l’inconsistenza dell’anarchismo, disposto a divenire in un battibaleno conformismo all’autoritarismo più schiavista

Chomsky nel corso della sua carriera fu accusato (da sinistra) di essere un propagandista di Pol Pot, e perfino un «negazionista» dell’Olocausto: in nome della libertà di parola, sostenne il diritto dello storico Robert Faurisson di esprimere le sue posizioni.

 

In molti sostengono che la sua sia una lunga, secolare parabola triste, che mostra l’inconsistenza dell’anarchismo, disposto a divenire in un battibaleno conformismo all’autoritarismo più schiavista.

 

Forse non è esattamente così.

 

È sconosciuto ai più il fatto che le prime ricerche linguistica di Chomsky al MIT furono finanziate dal Pentagono per la ricerca di armamenti. Pur riconoscendo questo finanziamento, Chomsky ha sempre negato che abbia avuto alcun effetto sulla sua linguistica o sul suo attivismo politico.

 

L’antropologo Chris Knight, noto per il libro Decoding Chomsky, fornisce invece prove del fatto che le teorie linguistiche di Chomsky furono inizialmente sviluppate in un contesto di significativo interesse e coinvolgimento militare.

 

È sconosciuto ai più il fatto che le prime ricerche linguistica di Chomsky al MIT furono finanziate dal Pentagono per la ricerca di armamenti

 

Chomsky lavorò quindi come consulente su questo progetto sponsorizzato dall’aeronautica militare al laboratorio per l’elettronica MITRE. Secondo quanto riportano studenti di Chomsky, la giustificazione militare per finanziare questo lavoro era «che in caso di una guerra nucleare, i generali sarebbero stati clandestini con alcuni computer che cercavano di gestire le cose, e che probabilmente sarebbe stato più facile insegnare ai computer a capire l’inglese che insegnare ai generali a programmare».

 

In pratica, Chomsky già nei primi anni Cinquanta lavorava a un programma tra la grammatica e l’informatica che costituisce un embrione degli studi sull’Intelligenza Artificiale.

 

 

 

 

 

Immagine screenshot da YouTube

 

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