Spirito
Muore Suor Elvira. Dall’Italia a Medjugorje aveva aiutato tanti tossicodipendenti in tutto il mondo
È morta giovedì scorso Suor Elvira, una religiosa che aveva fondato una grande rete comunitaria di centri di recupero per ragazzi vittime di tossicodipendenza e altri disagi. La religiosa si è spenta lo scorso giovedì in una località vicina alla sede principale della Comunità Cenacolo da lei fondata a Saluzzo, in provincia di Cuneo. Secondo quanto riportato, la morte arriva dopo una lunga malattia degenerativa.
Nata nel 1937 con il nome di Rita Agnese Petrozzi in una famiglia non abbiente a Sora, provincia di Frosinone, ed emigrata ad Alessandria durante la Seconda Guerra Mondiale, era entrata a 19 anni in convento a Borgaro Torinese divenendo quindi suora di carità appartenente all’ordine di Saint-Jeanne-Antide-Thouret, prendendo il nome di Suor Elvira.
Il disastro della droga che fluisce sempre più con abbondanza mortale fra la gioventù italiana la porta a dedicarsi a questa parte della società che sembra oramai sbandata, perduta. Tale desiderio – «un fuoco, una spinta interiore», diceva – la guida nella creazione della Comunità Cenacolo.
«Ero una suora felice, innamorata del Signore e della vita, ma ad un certo punto è iniziato in me qualcosa non deciso da me, “come un fuoco”, una spinta interiore che mi orientava sempre più verso i giovani» dice Suor Elvira in dichiarazioni raccolte sul sito internet della Comunità da lei fondata. «Li vedevo delusi, smarriti, persi, e dinanzi all’Eucaristia mi sembrava di “percepire” il loro grido di dolore».
«Mi rendevo conto che erano abbandonati ed emarginati da questa società consumistica. Mi accorgevo che nelle famiglie non c’era più dialogo né comunicazione, che mancava la fiducia tra i coniugi e tra genitori e figli: i giovani erano lasciati soli, e io li vedevo tristi per le strade. Nella preghiera mi pareva di percepire il loro grido di dolore. I giovani andavano da una parte e noi dall’altra, e soffrivo» racconta la religiosa.
«Sentivo in me una spinta che non potevo più sopprimere, che cresceva sempre più. Non era un’idea, non sapevo neppure io cosa stava succedendo in me, ma sentivo di dover dare ai giovani qualcosa che Dio aveva messo in me per loro. La chiamata ad aprire le porte agli sbandati, ai tossici, ai disperati che si incontrano nelle stazioni, per le strade, nelle piazze, non è stata sicuramente “una mia idea”. Ciò che sta accadendo, la storia che stiamo vivendo, non poteva nascere dalle idee o dalle intuizioni di una povera donna come me. Sono io la prima a sorprendermi tutti i momenti di quello che sta avvenendo: come avrei potuto io inventare una storia così?».
Partita ufficialmente il 16 luglio 1983 a Saluzzo, la Comunità Cenacolo consiste in un’istituzione assistenziale che intende divenire una «famiglia» basata sulla fede cattolica «dove l’uomo ferito può incontrare un amore che lo accoglie gratuitamente, lo aiuta a guarire le ferite, lo sostiene e lo guida per ritrovare la Via della Verità, un amore esigente che lo educa alla bellezza della Vita vera» scrive il sito della Comunità.
«All’inizio abbiamo vissuto tantissima povertà perché non avevamo nulla, se non la certezza della fiducia in Dio» diceva Suor Elvira. «Quel Dio che è Padre lo avevo scoperto quando ancora ero bambina, e lì ho imparato a fidarmi di Lui quando la povertà era più cruda, nel senso che non c’era niente, e sentivo mia madre ripetere spesso una litania: “Santa Croce di Dio, non ci abbandonare!”. Nessuno vorrebbe soffrire ed invece lì ho capito quanto è importante nella vita imparare a vivere la croce, perché lei è nostra madre e noi dobbiamo accoglierla e amarla per vivere bene tutto il resto».
Suor Elvira non faceva mistero di affidarsi, nel dolore della vita, alla Divina Provvidenza, la cui fede, secondo il volere della fondatrice era, con la preghiera e l’accoglienza uno dei pilastri che fondavano la Comunità.
«Ho voluto che anche i giovani che accoglievo potessero non solo sentire parlare di Dio, ma vedere la sua paternità concreta. Allora ho detto a Dio: “Io li accolgo, ti do tutta la mia vita, ma Tu dimostra loro che sei Padre!”. E in tutti questi anni, ve lo posso testimoniare con gioia, la sua Provvidenza non ci ha mai, mai deluso!».
Nel tempo, Suor Elvira istituì più di 70 centri in tutto il mondo: Italia, USA, Polonia, Messico, Francia, Repubblica Domenicana, Russia, Brasile, Slovenia, Austria, Croazia. Di particolare rilievo la Comunità Cenacolo presente a Medjugorje, dove rappresenta forse la comunità principale nel panorama variegato e spesso fatto di concorrenze delle realtà religiose locali.
Suor Elvira ricordava la genesi del nome della Comunità Cenacolo.
«Volevo che ci fosse qualcosa nel nome che c’entrasse con la Madonna. Allora ci siamo chiesti: dove si trova Maria nella Bibbia? Un luogo era il Cenacolo: Maria era lì con gli apostoli, chiusi e pieni di paure dopo la morte di Gesù, come i giovani di oggi timidi, paurosi e muti. Ma quella sua presenza materna li raduna e li fa pregare, e poi scende lo Spirito Santo, la forza di Dio, ed essi si trasformano in testimoni coraggiosi. Allora l’abbiamo chiamata Comunità Cenacolo, perché questa stessa trasformazione desideriamo avvenga oggi nel cuore giovani che accogliamo».
«Noi amiamo definirci una Comunità di peccatori pubblici, peccatori amati e salvati dal Signore, che oggi vogliono rivelare al mondo l’infinita e grandiosa misericordia di Dio» diceva Madre Elvira. «È questo il nostro messaggio: vogliamo essere questa speranza viva di una misericordia sempre presente, sempre attiva, sempre nuova su di me, su di voi, su di loro, su tutti!».
Negli anni, decine di migliaia di persone in difficoltà sono passate per la casa di Suor Elvira.
Durante la preghiera dell’Angelus in Piazza San Pietro, domenica 16 luglio il papa aveva rivolto un saluto «alla Comunità Cenacolo, che da 40 anni è luogo di accoglienza e promozione umana; benedico madre Elvira, il Vescovo di Saluzzo e tutte le fraternità e gli amici. È bello quello che fate ed è bello che esistiate! Grazie!». Secondo fotografie circolanti, Suor Elvira aveva incontrato Bergoglio anche prima che divenisse pontefice.
Nelle ultime settimane i suoi collaboratori avevano chiesto preghiere per la sua conduzione. Secondo Avvenire, Madre Elvira lasciato detto: «quando diranno: “Elvira è morta!”, dovete cantare, ballare, fare festa… perché io sono viva! Guai se dite: “poverina”. No, niente “poverina”! Io vado ben tranquilla e felice e canto, canto già! Davanti a me si spalancherà qualcosa di grandioso… la vita non muore!».
Sì, nonostante il dolore e l’amarezza, nonostante la difficoltà e il sacrificio «La vita non muore». Quale grande verità.
Immagine screenshot da YouTube