Sorveglianza

Legge australiana renderà il governo l’unico arbitro della verità

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Un un duro colpo alla libertà di parola in Australia, la Bamera bassa del parlamento federale ha approvato un emendamento, noto come Misinformation and Disinformation Bill, al Broadcasting Services Act (la legge sui servizi di diffusione) del 1992.

 

Il Misinformation and Disinformation Bill impone obblighi ai fornitori di piattaforme di comunicazione digitale di impedire la diffusione di contenuti «che contengono informazioni ragionevolmente verificabili come false, fuorvianti o ingannevoli e che hanno una ragionevole probabilità di causare o contribuire a gravi danni di un tipo specifico (disinformazione e informazione errata)».

 

Diversi politici dissenzienti hanno espresso indignazione e incredulità per la mossa legislativa. Nola Marino, membro del partito di opposizione di destra Liberal Party, ha affermato di non pensare che l’Australia, una società liberaldemocratica, avrebbe mai «discusso un disegno di legge che è esplicitamente progettato per censurare e mettere a tacere il popolo australiano».

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Keith Pitt, membro del National Party, ha descritto la legislazione come un «abisso spalancato che è incredibilmente (…) pericoloso per questo Paese», esprimendo shock per il fatto che l’emendamento fosse stato presentato, aggiungendo che le democrazie occidentali come l’Australia sono state costruite sulla libertà di espressione e sulla libertà di religione. Tali obiezioni di principio sono state tuttavia ignorate. La legislazione ora deve solo passare al Senato (la camera alta) per diventare legge.

 

«La prima e più ovvia critica alla legge è che mette l’autorità governativa, l’Australian Communications and Media Authority (ACMA), nella posizione di dover decidere cosa sia e cosa non sia un’informazione “falsa”» scrive LifeSite. «Ciò non è solo assurdo (come potrebbe l’ACMA, ad esempio, esprimere giudizi su argomenti come vaccini o virus), ma significa anche che la legge non può essere applicata universalmente.

 

«I governi diffondono regolarmente informazioni false, presumibilmente più spesso di quanto non facciano con informazioni vere. Saranno penalizzati? Ovviamente no. Gli inserzionisti presentano informazioni false. Rientreranno nella sua legge? No. Sarà rivolta solo a persone che dicono cose che al governo non piacciono, specialmente in relazione alla politica sanitaria. È politica, non legge» continua il sito cattolico canadese.

 

«Quando i governi distorcono la legge per fini politici, inevitabilmente si finisce per creare una legislazione mal concepita, ed è quello che è successo qui. La legge dipende per la sua integrità da una semantica chiara, parole la cui definizione è chiara. Ma due parole chiave, “disinformazione” e “disinformazione”, sono fuorvianti nella migliore delle ipotesi».

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Si tratta, con ogni evidenza di una legge in pieno stile orwelliano, in grado di superare financo il totalitarismo della Repubblica Popolare Cinese, avversario «caldo» da cui Canberra, dopo screzi anche significativi, progetta di difendersi in ogni modo.

 

«Lo scopo principale della legislazione è quello di mettere a tacere i critici della risposta del governo australiano alla crisi del COVID-19. L’obiettivo è garantire che in futuro le autorità sanitarie e la classe politica siano immuni da controlli e critiche» continua LifeSite. «È improbabile che sia efficace. Ciò che hanno fatto invece è dimostrare che l’Australia non ha un’adeguata protezione per la libertà di parola, né è una vera democrazia».

 

L’Australia, come noto, divenne durante la pandemia COVID il Paese capofila dell’incubo distopico-pandemico.

 

Come ha già avuto modo di scrivere Renovatio 21, quando l’Australia chiederà scusa per la mostruosità raggiunta dal Paese durante il biennio pandemico?

 

Quando chiederà scusa per la repressione mostruosa contro la sua popolazione?

 

Quando chiederà scusa per la violenza delle forze dell’ordine portata – e autorizzata – fin dentro le automobili e persino le case delle famiglie?

 

Quando chiederà scusa per gli ordini che proibivano baci e abbracci a capodanno, i regali di Natale, e perfino le conversazioni?

 

Quando chiederà scusa per gli ordini ai nonni australiani di non avvicinarsi ai loro nipoti?

 

Quando chiederà scusa per gli insulti ai non vaccinati definiti dalle autorità sanitarie come «infelici» e «soli» per tutta la loro vita?

 

Quando chiederà scusa per la polizia che aggrediva perfino i bambini?

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Quando chiederà scusa per l’apartheid biotica effettiva implementata perfino nei supermercati?

 

Quando chiederà scusa per l’invito alla delazione per i vicini «anti-governo o teorici del complotto del vaccino COVID», che era ripetuto fino a pochi mesi fa?

 

Quando chiederà scusa per i lager pandemici, allestiti con allucinante rapidità e mostruosa efficienza concetrazionaria?

 

Quando chiederà scusa per Melbourne, città offesa sino al parossismo, trasformatasi in una vera zona di guerra?

 

Quando chiederà scusa per le persone picchiate in strada perché prive di «documenti vaccinali»?

 

Quando chiederà scusa per i danni biologici che il vaccino sta producendo, come attestano gli interventi vari medici e qualche parlamentare, sugli australiani?

 

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