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Israele: nuovi pazienti in gravi condizioni, tra cui molte persone vaccinate

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Israele è stato il laboratorio per la terapia genica contro il COVID, in particolare con il siero genetico sviluppato da Pfizer.

 

Come noto, il 60% della sua popolazione è stata vaccinata immediatamente grazie all’intraprendenza del governo Netanyahu, che assicurò, tramite accordi segreti, fiale di preparato mRNA a tutta la popolazione israeliana e perfino ai palestinesi – perfino ai carcerati palestinesi, fra i quali almeno uno è morto dopo la vaccinazione.

Non si tratterebbe solo delle temute «varianti»:16 nuovi pazienti infetti dal coronavirus e dalla sua variante Delta «si sono aggiunti questa settimana al numero di pazienti in gravi condizioni, tra cui 11 persone vaccinate», ovvero il 69% di questi 16 pazienti

 

Israele è stato inoltre capofila di sistemi di sorveglianza invasivi come il braccialetto per il monitoraggio pandemico. Il green pass è stato lanciato per la prima volta nello Stato ebraico ancora lo scorso dicembre.

 

Il 4 luglio il quotidiano i24 ha titolato: «Israele/Coronavirus: aumenta gradualmente il numero dei pazienti in gravi condizioni nonostante la vaccinazione».

 

Non si tratterebb , a quanto par di capire, solo delle temute «varianti» (che secondo molti sono dovute al vaccino stesso). Nell’articolo, apprendiamo che 16 nuovi pazienti infetti dal coronavirus e dalla sua variante Delta «si sono aggiunti questa settimana al numero di pazienti in gravi condizioni, tra cui 11 persone vaccinate», ovvero il 69% di questi 16 pazienti.

 

«La tendenza al rialzo del numero di pazienti in gravi condizioni preoccupa gli alti funzionari del ministero della Salute, soprattutto perché la maggior parte di loro sono vaccinati e anziani», scrive la testata dello Stato ebraico.

Il rapporto dell’Intelligence delle forze di difesa afferma che «la campagna di vaccinazione di massa che corre parallelamente all’epidemia attiva in Israele potrebbe “spingere il virus ad evolversi”»

 

Di fronte a questi fatti, curiosamente, il Ministero della Salute ha subito raccomandato «una terza dose di vaccino contro il coronavirus alle persone con sistema immunitario indebolito» mentre già nel gennaio scorso, un rapporto dell’Intelligence delle forze di difesa israeliane avvertiva che il programma di vaccinazione di massa israeliano potrebbe creare una mutazione resistente ai vaccini COVID-19.

 

Preparato per il Centro Nazionale di Informazione e Conoscenza sul Coronavirus, il rapporto affermava che «la campagna di vaccinazione di massa che corre parallelamente all’epidemia attiva in Israele potrebbe “spingere il virus ad evolversi”».

 

Epoch Times in un recente articolo ha citato «uno studio non peer-reviewd condotto a maggio da 14 ricercatori di cinque scuole di medicina e università tedesche, che hanno scoperto che con la variante Delta B.1.617 altamente trasmissibile (indiana) – quella delle quattro varianti classificate da l’OMS come “variante di interesse globale” – è più probabile che il virus originale infetti i pazienti che sono stati precedentemente vaccinati o infettati».

 

Se «per combattere le ondate di mutazioni causate dal COVID-19, molti esperti insistono sulla necessità di creare nuovi vaccini», altri avvertono che «se questi vaccini vengono somministrati durante una pandemia, potrebbero semplicemente perpetuare un circolo vizioso in cui nuove varianti generano la necessità di nuovi vaccini che portano a nuove varianti»

L’articolo di Epoch Times parla anche di un altro «studio non peer-reviewed che supporta questa teoria» ed «è stato condotto dai servizi sanitari israeliani Clalit e dall’Università di Tel Aviv. Ha analizzato 800 persone che erano state infettate da COVID-19 – 400 di loro erano state precedentemente vaccinate e 400 non erano state vaccinate – per scoprire che coloro che erano stati completamente vaccinati con due iniezioni Pfizer avevano contratto la variante. otto volte quella delle persone non vaccinate (sebbene la dimensione del campione sia molto piccola)».

 

«Lo studio, che ha confrontato i due gruppi in base a dati demografici quali età e sesso, ha anche scoperto che le persone che hanno ricevuto un’iniezione Pfizer hanno contratto più spesso la variante britannica rispetto a quelle che non l’hanno fatto».

 

In conclusione, viene ricordato che se «per combattere le ondate di mutazioni causate dal COVID-19, molti esperti insistono sulla necessità di creare nuovi vaccini», altri avvertono che «se questi vaccini vengono somministrati durante una pandemia, potrebbero semplicemente perpetuare un circolo vizioso in cui nuove varianti generano la necessità di nuovi vaccini che portano a nuove varianti».

 

 

 

 

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