Terrorismo

Infermiera tedesca prigioniera in Somalia da 7 anni

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Sonja Nientiet, infermiera tedesca in forza al Comitato Internazionale della Croce Rossa (ICRC) e rapita ad inizio maggio 2018 a Mogadiscio da un gruppo armato forse legato all’organizzazione islamista al-Shabaab sarebbe ancora in vita.

 

Un video apparso in rete nel marzo 2025 mostra l’operatrice umanitaria coperta da velo islamico con un volto stanco e provato mentre descrive la sua vicenda e chiede al governo tedesco di fare il possibile per liberarla.

German nurse held captive for 7 years in Somalia makes urgent plea for freedom

 

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Me la ricordo Sonja. Devo ammettere che era un ricordo semi sepolto dei miei anni passati in ICRC e riportato alla luce qualche giorno fa da un post apparsomi su Instagram.

 

Mi viene in mente una donna robusta, con scarso senso dell’ironia e tifosissima del Borussia Dortmund ai limiti del fanatismo, tanto da appendere in ufficio sciarpe, bandiere e gadget della squadra del cuore, nella perplessità dello staff locale.

 

Non eravamo amici per la pelle anche se non credo di aver mai avuto discussioni con lei in un ambiente, quello dell’emergenza umanitaria, in cui la tensione, anche tra colleghi, si tagliava a fette.

 

Erano gli anni a cavallo del 2015 in cui l’ISIS impazzava e sembrava avere sostenitori pure in Giordania paese da cui ci occupavamo del conflitto siriano e dei molti rifugiati che si riversavano nel territorio della monarchia hascemita. Notizie di tentati sequestri di occidentali e di operatori umanitari circolavano periodicamente e la vita in una città beduina di confine, piena di sabbia, di mosche, torrida in estate e gelata d’inverno, non era esattamente entusiasmante.

 

Ricordo i black out dovuti al freddo, io mentre cucinavo spaghetti alla carbonara al buio mentre un collega inglese mi faceva luce con una torcia, l’assurda birra Petra addizionata di alcool che poteva arrivare fino a 30 gradi, la noia, gli incubi notturni dopo giornate passate ad occuparmi di disgrazie umane, a volte strazianti. Ad un certo punto non ne potevo davvero più, come molti colleghi che nel tempo hanno mollato o hanno visto il loro contratto interrompersi per non aver accettato una missione troppo rischiosa per la sicurezza e per la salute.

 

Perché il Comitato Internazionale della Croce Rossa è come un piccolo esercito umanitario dalle molte contraddizioni, che specificheremo in altri articoli. È un’organizzazione che spesso chiede il massimo ai suoi delegati (questo è il nome dei suoi operatori espatriati) ed opera per mandato in zone di conflitti militari e relative crisi umanitarie. Burn-outs e ricadute a livello psicologico come le temute sindromi da stress post traumatico sono pertanto all’ordine del giorno.

 

Più missioni si accettano e in posti pericolosi, più aumentano i rischi di essere rapiti o peggio ammazzati da qualche gruppo armato o semplicemente di fuorilegge, senza parlare delle malattie infettive e di altri poco simpatici “contrattempi” in cui si può incappare.

 

I sette anni dell’infermiera Sonja in una terra come la Somalia sono davvero tanti. È difficile pensare come si possa tenere duro in una situazione di questo tipo, oltretutto prigionieri di un gruppo armato.

Non passiamo fare altro che pregare per lei e augurarle di poter tornare un giorno allo stadio a seguire il suo Borussia Dortmund.

 

Victor Garcia

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Immagine screenshot da YouTube

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