Essere genitori

In Norvegia i bambini vengono tolti alle famiglie e il Parlamento Europeo se n’è accorto

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Renovatio 21 pubblica questo articolo su gentile concessione di The Public Discourse.

 

 

Nelle ultime settimane è emerso che le autorità norvegesi hanno preso in custodia permanente tre bambini di nazionalità americana, sottraendoli alla famiglia di fede cristiana.

 

Come dice la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la famiglia è «l’unità fondamentale» della società. Chiunque la minacci sta attaccando le fondamenta della società e la fonte di una grande ricchezza e diversità

Natalya Shutakova, cittadina americana, e il marito, cittadino lituano Zigintas Aleksandravicius, possono vedere i figli tre volte l’anno. Purtroppo, non è una notizia particolarmente scioccante per chi lavora nel campo della tutela dei diritti genitoriali in Europa.

 

È degno di nota che questo accada in un paese che vanta un ruolo di eccellenza nella tutela dei diritti umani. Attraverso l’Agency for Development Cooperation, la Norvegia destina oltre 400 milioni di dollari l’anno alle sue aree principali, tra cui la protezione dei diritti umani. Appare ironico che, nonostante gli sforzi a tutela dei diritti umani, una simile violazione che doveva rimanere nascosta sia stata resa pubblica nel mondo.

 

La sottrazione dei bambini Bodnariu

Comunque, la storia inizia nel 2015 con la sottrazione dei cinque bambini della famiglia Bodnariu – di età compresa tra i nove anni e i tre mesi – per mano del Barnevernet, l’agenzia norvegese per la tutela dei minori.

 

La prima volta che ne sono venuti a contatto è stato quando due automobili scure si sono avvicinate alla loro fattoria. Un assistente sociale ha comunicato che le figlie erano state prelevate direttamente da scuola e portate in un luogo protetto, invitando i genitori a presentarsi alla stazione di Polizia per rispondere ad alcune domande. A quel punto anche i figli maschi sono stati prelevati.

 

Il giorno seguente, le auto scure sono tornate, questa volta per il più piccolo. I genitori erano accusati di punizioni corporali (illegali in Norvegia) ma, e la cosa è più preoccupante, il crimine dei genitori era il tentativo di crescere i figli in accordo alla loro fede cristiana.

Il crimine dei genitori era il tentativo di crescere i figli in accordo alla loro fede cristiana

 

I servizi sociali erano preoccupati soprattutto che i genitori insegnassero ai figli che Dio punisce il peccato – un travisamento della credenza cristiana nel perdono e nella salvezza. Secondo la famiglia, questo argomento era stato segnalato al Barnevernet dal preside della scuola frequentata dalle figlie.

 

L’idea che la fede cristiana potesse essere sufficiente al Barnevernet per piombare a scuola e sottrarre i bambini ha scatenato le proteste fuori dalle ambasciate norvegesi di una dozzina di città nel mondo, da Barcellona a Washington.

 

Il clamore suscitato ha spinto altri a raccontare la propria esperienza. Ad ADF International siamo stati presi d’assalto dalle persone che volevano rendere noti casi simili. Dopo accurate ricerche, ci siamo convinti che il caso Bodnariu era sintomatico di un grave problema nel funzionamento del Barnevernet.

 

Fino a quel punto, a livello internazionale, la Corte Europea dei Diritti Umani aveva costantemente rigettato ogni causa contro la Norvegia che coinvolgeva il Barnevernet, perciò quella strada sembrava bloccata. Abbiamo dovuto scavare in profondità in quello che stava accadendo e porre domande scomode. Abbiamo girato le informazioni ad alcuni parlamentari europei che siedono al Consiglio Europeo.

 

L’assemblea ha accolto il caso e stilato un rapporto dettagliato. Il relatore si è quindi recato in Norvegia, dove ha incontrato i membri del Parlamento. Alla fine, il rapporto è stato presentato al Parlamento, che ne ha votato l’adozione.

 

Un altro caso

Nel periodo in cui il rapporto era allo studio, la Corte Europea dei Diritti Umani ha deciso di accettare una serie di casi provenienti dalla Norvegia. Mentre il caso Bodnariu occupava le prime pagine dei quotidiani, un altro caso stava suscitando scalpore.

 

Alla Camera Bassa, la Corte Europea aveva emesso una sentenza contro Ms. Trude Strand Lobben, ma la Grande Camera ha accettato di riesaminare il caso, preparando il terreno alla resa dei conti. Il caso riguarda una giovane madre che si era rivolta alle autorità in cerca di aiuto quando era incinta. Le venne offerto un posto sicuro in una famiglia. Alcune settimane dopo il parto, espresse il desiderio di andarsene; questo mise in moto una serie di eventi che hanno portato alla sottrazione del figlio, il diritto di visita ridotto a otto ore l’anno e, da ultimo, la decisione di dare il bambino in adozione.

Una giovane madre che si era rivolta alle autorità in cerca di aiuto quando era incinta. Le venne offerto un posto sicuro in una famiglia. Alcune settimane dopo il parto, espresse il desiderio di andarsene; questo mise in moto una serie di eventi che hanno portato alla sottrazione del figlio, il diritto di visita ridotto a otto ore l’anno e, da ultimo, la decisione di dare il bambino in adozione

 

L’udienza presso la Corte Europea dei Diritti Umani si è tenuta a Strasburgo nell’ottobre 2018. Da una parte dell’aula, la signora Strand Lobben con il suo avvocato, dall’altra il governo norvegese rappresentato niente meno che dal Procuratore Generale coadiuvato da otto consiglieri; non esattamente quello che si dice uno scontro ad armi pari. La signora Strand Lobben ha atteso la sentenza per quasi un anno.

 

Questo mese ha ottenuto la sua rivincita dalla Grande Camera, che ha sancito che la Norvegia non ha fatto alcuno sforzo per riunire la famiglia, come avrebbe invece dovuto.

 

Nella sentenza era anche menzionato il rapporto che era stato adottato dal Parlamento norvegese solo quattro mesi prima dell’udienza. È la terza che la Norvegia viene giudicata colpevole della violazione della Convenzione Europea – approvata da tredici giudici su diciassette.

 

La tragedia è che questa “vittoria” arriva dopo ben dieci anni dalla sottrazione del bambino alla signora Strand Lobben. La decisione non ha come effetto quello di riunire madre e figlio, né il giudizio o la piccola somma a titolo di risarcimento possono rimediare il danno fatto alla famiglia.

 

La Norvegia a processo

I fatti esposto in questo caso seguono un modello ben strutturato – e tragico.

 

Un bambino viene tolto alla famiglia secondo una specifica ragione e i genitori sfidano le autorità. Quello che dovrebbe rappresentare un atto di amore per il figlio viene poi usato contro di loro come prova del rifiuto di collaborare con le autorità. Questo diventa dunque un mezzo per prolungare l’allontanamento fino a nascondere la ragione iniziale. In questo modo, è trascorso abbastanza tempo da permettere alle autorità di affermare che il bambino è ormai ben inserito nella nuova famiglia adottiva, dove dovrebbe risiedere permanentemente. Abbiamo visto questo schema ripetersi più e più volte.

 

Fortunatamente, la Grande Camera è intervenuta.

Un bambino viene tolto alla famiglia secondo una specifica ragione e i genitori sfidano le autorità. Quello che dovrebbe rappresentare un atto di amore per il figlio viene poi usato contro di loro come prova del rifiuto di collaborare con le autorità. Questo diventa dunque un mezzo per prolungare l’allontanamento fino a nascondere la ragione iniziale. In questo modo, è trascorso abbastanza tempo da permettere alle autorità di affermare che il bambino è ormai ben inserito nella nuova famiglia adottiva, dove dovrebbe risiedere permanentemente. Abbiamo visto questo schema ripetersi più e più volte

E non è solo la Corte Europea dei Diritti Umani a essersene accorta. Recentemente, la Norvegia è stata sottoposta a una revisione dei suoi rapporti degli ultimi quattro anni sui diritti umani presso la sede delle Nazioni Unite a Ginevra. Molti stati e ONG hanno espresso preoccupazione e avanzato raccomandazioni sul modus operandi del Barnevernet.

 

La Norvegia, colpita dalla condanna internazionale, ha accolto ogni singola raccomandazione fatta per proteggere i bambini dall’allontanamento arbitrario per opera del Barnevernet e per assicurare un’adeguata tutela delle famiglie.

 

Ma accettare le raccomandazioni non è sufficiente. Bisogna mettere in campo azioni concrete per assicurare una migliore tutela delle famiglie.

 

Sebbene chiunque sia d’accordo nell’asserire che in certi casi lo Stato debba intervenire per proteggere i bambini, questi devono essere limitati e basarsi su prove certe ed evidenti che il bambino sia esposto a un grave pericolo.

 

E anche dopo l’allontanamento, il dovere dello Stato- come ha chiarito la Corte Europea dei Diritti Umani – è lavorare incessantemente per riunire la famiglia.

 

I diritti genitoriali sotto attacco

Anche se queste rivelazioni riguardano la Norvegia, non si tratta dell’unico caso in cui vengono attuate pratiche che attaccano i genitori e l’unità famigliare.

 

In Germania, l’ormai consolidato divieto di istruire i figli a casa (passibile di conseguenze penali in alcune regioni) è stato supportato dalla Corte Europea dei Diritti Umani a inizio anno. Nel caso in questione, i quattro figli della famiglia Wunderlich sono stati prelevati dalla loro abitazione da oltre trenta agenti della polizia in un raid all’alba. Sono stati trattenuti per tre settimane e sottoposti a esami per valutare il loro livello di istruzione. I risultati ottenuti erano nella norma ma hanno potuto tornare a casa solo dopo la promessa dei genitori di iscriverli alla scuola pubblica. Questo trattamento, secondo la Corte Europea dei Diritti Umani, «non è stato applicato in modo particolarmente severo né insolito».

 

In Svezia, intanto, l’istruzione domiciliare è, in teoria, permessa.

Ma è necessario richiedere l’autorizzazione che viene concessa solo in «circostanze straordinarie». Il che significa praticamente mai. È la decisione del Ministero dell’Infanzia e dell’Istruzione svedese nel caso della famiglia Petersen.

 

I genitori, con doppia cittadinanza statunitense e svedese, hanno istruito la figlia di sette anni a domicilio nel corso di una trasferta durata tre mesi. I risultati sono stati eccellenti, ben al di sopra di quelli ottenuti dai coetanei. Volendo continuare con l’istruzione domiciliare, hanno presentato richiesta che è stata rifiutata.

 

Il solo modo di proseguire con l’istruzione domiciliare, che ritenevano l’opzione migliore nell’interesse della figlia, è stato vendere tutto e trasferirsi negli Stati Uniti. Ovviamente, non è una scelta alla portata di tutti, per questo ADF [un’organizzazione internazionale che intende proteggere legalmente «le libertà fondamentali e la dignità dell’essere umano», ndr] internazionale ha accolto con gioia la notizia che la Corte Europea dei Diritti Umani ha accettato di ascoltare il caso alcuni mesi fa.

 

Più di recente, proprio questo mese, il governo scozzese ha annunciato che a ogni bambino istruito a domicilio verrà assegnato un garante nominato dallo Stato che supervisioni il suo benessere e il livello d’istruzione.

 

Questo modello è stato criticato su ogni fronte dalla Corte Suprema del Regno Unito che, nell’estate 2016, ha dichiarato che viola l’articolo 8 della Convenzione Europea.

 

In un passaggio chiave i giudici hanno scritto: «Diversi metodi educativi producono persone diverse. La prima cosa che un regime totalitario tenta di fare è arrivare ai bambini, allontanarli dalle influenze sovversive delle famiglie, e indottrinarli secondo la loro visione da dominatori del mondo. Entro certi limiti, le famiglie devono poter crescere i figli a modo loro».

 

Per oltre due anni dopo il giudizio, il governo scozzese si è aggrappato a questa iniziativa, suggerendo che l’elenco dei garanti potesse essere modificato per diventare legittimo. Alla fine hanno ceduto. Ciononostante i genitori inglesi non possono dormire sonni tranquilli perché il Parlamento, separatamente, ha approvato la norma che prevede l’insegnamento obbligatorio di “educazione alla sessualità e alle relazioni” nelle scuole inglesi a partire da settembre 2020.

 

I genitori possono ritirare i figli dalle lezioni di educazione sessuale prima del compimento dei 16 anni, ma non possono mai rifiutare le lezioni di educazione alle relazioni.

 

La battaglia continua

I genitori di tutto il mondo sono consapevoli di quale grande responsabilità e privilegio sia avere e crescere un figlio. E i governi conoscono l’immenso potere delle famiglie e delle comunità contro gli eccessi dello Stato.

 

Come dice la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, la famiglia è «l’unità fondamentale» della società. Chiunque la minacci sta attaccando le fondamenta della società e la fonte di una grande ricchezza e diversità.

 

La maggiore interpretazione di questi attacchi è che le politiche, apparentemente destinate a difendere i bambini, sono ben intenzionate, ma deviate. Bisogna anche stare in guardia contro chi, tentato dal potere del controllo, vede un’opportunità per forzare la propria visione utopistica della generazione futura nell’esautorazione dei genitori e, infine, nella disgregazione della famiglia.

Bisogna stare in guardia contro chi, tentato dal potere del controllo, vede un’opportunità per forzare la propria visione utopistica della generazione futura nell’esautorazione dei genitori e, infine, nella disgregazione della famiglia

 

Uno dei filoni comuni a questa serie di minacce è l’esame legale utilizzato per valutare lo stato di benessere dei bambini.

 

L’analisi dice che le azioni devono essere giudicate in base a quello che è «il miglior interesse del minore». Mentre può suonare positivo – chi vorrebbe agire contro l’interesse dei bambini? – questa frase così poetica non fornisce una guida per i tribunali chiamati a dirimere una disputa tra due parti che dicono di agire nel miglior interesse del bambino.

 

Le parti contrapposte potrebbero essere i genitori; ma vediamo spesso i genitori da un lato e lo Stato dall’altro. È stato il caso dei genitori Bodnariu, dei genitori di Charlie Gard, e della signora Strand Lobben.

 

Se bisogna restaurare il ruolo dei genitori e proteggere la famiglia, dobbiamo rivedere questo standard. Le conseguenze per le persone coinvolte nei procedimenti a tutela dei minori potrebbero essere più serie e durature di quelle coinvolte nelle cause penali. Gli standard non devono essere meno rigorosi.

 

L’intervento delle autorità deve essere l’ultima risorsa, e deve basarsi su prove certe e verificate che il bambino si trovi in serio pericolo. Inoltre, nei casi in cui è necessario l’allontanamento, gli appelli dei genitori devono avere priorità assoluta, dato che lo status quo potrebbe velocemente diventare la nuova normalità.

 

Tornando alla Norvegia, le cose sono ben lontane dalla soluzione. Natalya Shutakova e Zigintas Aleksandavicius hanno fatto ricorso in appello, e il caso Bodnariu, presentato nel dicembre , è in attesa dell’udienza.

 

Sembra, con ogni probabilità, che si prepari un’altra giornata nera per la Norvegia, ma un tanto atteso spiraglio di sole per i genitori e le famiglie di tutta Europa e non solo.

 

Robert Clarke

Questo articolo è originariamente apparso su Public Discourse: The Journal of Witherspoon Institute. È stato tradotto e ripubblicato con il permesso.

 

 

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