Epidemie

Il virus è indebolito: ora è cosa certa

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Pochi giorni fa vi avevamo detto che gli attuali dati clinici disponibili indicavano un forte rallentamento del nCoV da inizio maggio in poi.

 

Senza dubbio la letalità del morbo è stata arginata attraverso lo studio dei 100 cadaveri analizzati tra marzo e aprile presso l’obitorio dell’Ospedale Giovanni XXIII di Bergamo, con un’indagine condotta dal Dott. Andrea Gianatti, responsabile dell’Anatomia patologica. L’indagine ha rilevato, attraverso le autopsie condotte, i fenomeni trombotici nelle arterie dei polmoni, riuscendo così a comprendere l’importanza degli anticoagulanti e degli antinfiammatori, come eparina e cortisone.

 

Il ritardo, dovuto allo stop del Ministero della Salute che sconsigliava fortemente le autopsie da febbraio ad almeno metà marzo, ha sicuramente compromesso le tempistiche degli interventi che si sarebbero potuti e dovuti mettere in atto per salvare tante persone.

 

Il ritardo, dovuto allo stop del Ministero della Salute che sconsigliava fortemente le autopsie da febbraio ad almeno metà marzo, ha sicuramente compromesso le tempistiche degli interventi che si sarebbero potuti e dovuti mettere in atto per salvare tante persone

Dopo aver studiato i pazienti deceduti causa COVID-19, afferma il dottor Gianatti «è partita l’idea di intervenire sulla coagulazione a livello empirico, con eparina, dopo aver visto il quadro tromboembolico, e usando il cortisone nella virata infiammatoria vascolare».

 

«Oltre ai polmoni il virus si accanisce sul cuore, nei soggetti cardiopatici. La tendenza alla tromboembolia è stata documentata da grosse ostruzioni dell’arteria polmonare, piccole occlusioni disseminate in vene e arterie periferiche. Questo virus colpisce anche fegato e rene, in maniera meno rilevante. Come causa di morte nei Covid abbiamo trovato trombi estesi anche a livello della sezione destra del cuore» ha dichiarato l’anatomopatologo.

 

Per i dati delle prime autopsie, ha aggiunto, «stiamo aspettando l’ok alla pubblicazione da parte di The Lancet, ma i dati sono già disponibili online».  

 

Oltre alla riduzione della forza letale del virus attraverso interventi e farmaci mirati in grado di depauperare le conseguenze causate dall’infezione Sars-Cov-2 che hanno portato alla morte migliaia di persone, oggi possiamo dire con certezza che il virus sia mutato, arrivando di gran lunga ad essere meno forte ed aggressivo: se prima potevamo solo ipotizzarlo attraverso la lettura dei dati clinici, già capaci di mostrare un allentamento rispetto ai ricoveri ospedalieri e, quindi, alla gravità della sintomatologia per i nuovi contagiati, ora la certezza arriva direttamente dal laboratorio di Microbiologia dell’Asst Spedali Civili di Brescia, diretto dal prof.essorArnaldo Caruso, presidente della società italiana di virologia (Siv-Isv). Qui è stata isolata una variante di virus Sars-CoV-2, «estremamente meno potente».

 

Non è dato sapere con certezza «quanto circoli questa variante del virus, né se sia geneticamente diversa dalle altre»

«Mentre i ceppi virali che siamo stati abituati a vedere in questi mesi, che abbiamo isolato e sequenziato, sono bombe biologiche capaci di sterminare le cellule bersaglio in due o tre giorni — ha osservato Caruso — questo per iniziare ad attaccare ha bisogno di almeno sei giorni», cioè il doppio del tempo.

 

Il virologo conferma che ogni giorno si vedono tamponi naso-faringei «positivi non più in modo forte, ma bensì debole», segno che queste varianti virali mutate e attenuate potrebbero diventare il futuro della fase evolutiva del Covid-19, avvertendo però che ancora non è dato sapere con certezza «quanto circoli questa variante del virus, né se sia geneticamente diversa dalle altre». 

 

Intanto uno studio condotto da alcuni ricercatori di Hong Kong e pubblicato sulla rivista Emerging Microbes & Infections documenta chiaramente la minore aggressività di questi virus in vitro e in vivo sugli animali.

 

Gli autori dello studio osservano inoltre che queste varianti presentano grosse alterazioni genetiche. 

 

Le infezioni sono evidentemente molto più leggere, e il virus si presenta, anche attraverso gli esami di laboratorio, in dosi molto più ridotte rispetto a prima. 

Le infezioni sono evidentemente molto più leggere, e il virus si presenta, anche attraverso gli esami di laboratorio, in dosi molto più ridotte rispetto a prima. 

 

Anche laddove in alcuni soggetti la carica virale si presenta molto alta, isolando il virus a Brescia hanno scoperto che in coltura esso risultava drasticamente più debole rispetto ai precedenti, fornendo un’ulteriore conferma rispetto agli studi condotti in Corea del Sud e a Singapore, i quali dimostrano il basso tasso di contagiosità per gli asintomatici, oltre che per chi ha già passato la fase acuta della malattia.

 

Come avevamo già avuto modo di osservare, i virus sono opportunisti e ad un certo punto, per poter continuare a replicarsi, hanno bisogno di adattarsi alla propria vittima senza uccidere, che altrimenti morirebbero anche loro con molta più rapidità.

 

Anche laddove in alcuni soggetti la carica virale si presenta molto alta, isolando il virus a Brescia hanno scoperto che in coltura esso risultava drasticamente più debole rispetto ai precedenti

La mutazione, presto o tardi, sarebbe dovuta avvenire. Certo, i tempi sono stati più rapidi del solito e forse questo conferma l’ipotesi del virus creato in laboratorio, già sostenuta da diversi medici di fama internazionale, e persino da qualche politico come Zaia. 

 

In ogni caso, anche questa volta, dobbiamo sostanzialmente ringraziare la natura che ci ha porto una mano. 

 

Chi è credente, invece, ringrazi Dio, che la Natura e tutte le altre cose muove.

 

 

Cristiano Lugli 

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