Pensiero

Il pupazzo nero che vuole distruggere la Russia cala su Roma. Nel giorno di Fatima

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Non c’è che dire, è stato un tour de force eccezionale. Zelens’kyj arriva e di fila incontra tutti: il capo dello Stato, il capo del governo, e perfino il vertice della più grande religione organizzata della Terra.

 

Si è presentato con una mise in realtà nuova: è sempre un maglioncino militare, ma in una drammatica versione all black, lontana anni luce da quelle foto di quando era stato a Roma qualche anno fa da neopresidente votato perché protagonista di una fiction comica della rete TV di un oligarca, con la giacchetta, la camicia bianca e la cravatta scura che lo faceva sembrare un avanzo di TV scappato da un programma tipo Le Iene – beh, in fondo, a naso, non  proviene da un mondo troppo dissimile a quello di certa TV italica.

 

Il look dice moltissimo: ma perché mai dovrei tirarmi? Io sto facendo la guerra, loro no: farli sentire in colpa, e anche un po’ in soggezione, è una tecnica di marketing che funziona sempre per la mendicanza spinta.

 

Qualcuno ha trovato dell’altro: il maglioncino militare nero aveva impresso il tridente ucraino, ma nella versione in cui, pare, compariva anche nel simbolo dell’OUN, il movimento di nazionalisti integralisti di Stepan Bandera, collaboratore di Hitler nella pulizia etnica di ebrei e polacchi (i quali, entrambi protestarono veementemente quando né onorò la figura il governo filoamericano di Yushenko nel 2010) e creatore dello slogan «Slava Ukraini»: chi pensava che Bandera fosse una nota a piè di pagina nella storia del collaborazionismo, nemmeno degno di stare tra Quisling e Pétain, dovrebbe ricredersi dopo aver visto l’intero Europarlamento gridare lo slogan ucronazista.

 

(Sul neonazismo ucraino Renovatio 21 ha scritto tanto, ha approfondito con probabilità come nessuno: ci siamo anche rotti di indicare svastiche, sonnenrad e rune tedesche o slave, tanto dopo gli ultimi 25 aprile con le bandiere ucraine e quelle NATO non è rimasto più nessuno a scandalizzarsi per il ritorno dell’hitlerismo, anzi, sono lì a sbianchettare gli articoli della stagione prima, quando ancora si poteva…).

 

Il simbolo parrebbe proprio quello dell’ispiratore dell’Azov e compagnia. Il maglioncino banderista viene fatto sfilare accanto ai vertici dei vertici della Penisola.

 

 

 

Mattarella, che ricordiamo è del PD, e la Meloni, che ricordiamo è di FDI, concordano stupendamente: appoggio totale al regime di Kiev contro la Russia di Putin, oltre a già quello che abbiamo fatto – tipo donare via i SAMP-T della nostra antiaerea, lasciandoci ogni giorno più sguarniti.

 

Con il papa, abbiamo appreso, è andata diversamente. Lo abbiamo dovuto apprendere nelle ore della surreale trasmissione di Bruno Vespa, che ha approntato uno studio nel terrazzo del Vittoriano (!), l’altare della patria italiana, dove si ricorda, in teoria, il sacrificio degli eroi nazionali.

 

Ora invece c’è Zelens’kyj, il cui rapporto con Vespa non è ancora del tutto spiegato – fu il Bruno, si disse, a creare il contatto per farlo parlare a Sanremo, prima che la cosa sfumasse, come gli si è chiusa anche la finestra dell’Eurovision questa settimana, e non si sa se tornerà tra il fango rock di Glastonbury e neppure è noto quanti Parlamenti ancora si faranno infliggere le sue irose questue in teleconferenza (israeliani, kenyoti, messicani, qualche greco avevano già detto basta l’anno scorso).

 

«Con tutto il rispetto per Sua Santità, noi non abbiamo bisogno di mediatori, noi abbiamo bisogno di una pace giusta», dice l’ucraino. L’unico piano di pace è solo quello «ucraino», e il papa deve «unirsi alla sua attuazione».

 

Insomma, con il papa non è andata: Bergoglio – e lo dice, tra gaffe irrecuperabili, da mesi – vuole negoziare, ma non c’è nulla da negoziare, dice l’omino nero a quello bianco: se voleva il  compromesso, l’attore comico divenuto presidente si sarebbe tenuto l’accordo con Putin già raggiunto nell’aprile 2022, a pochi giorni dall’inizio della guerra, ma dopo la visita di Boris Johnson la pace, misteriosamente, saltò…

 

No, il puparo del pupazzo ucraino non vuole accordi, né compromessi, né vuole la pace. Vuole la distruzione della Russia.

 

La questione è che lo hanno detto, apertis verbis, in ogni modo. Il fine della guerra «fino all’ultimo ucraino» – e risponderanno a Dio della quantità di giovani ucraini gettati nella fornace del niente – è la fine della Russia così come la conosciamo, la fine di Putin, il «regime change» a Mosca, dicono. Come per Saddam – una grande campagna con risultati mirabili – solo fatto per interposta persona.

 

A Roma, tra il Quirinale e San Pietro, si è aggirato quindi un uomo che vuole l’annientamento della Russia – proprio il 13 maggio, ossia nel giorno in cui il cattolicesimo ricorda le apparizioni di Fatima. Che, come sa il lettore, sono enigmaticamente, letteralmente legate alla Russia.

 

«Verrò a chiedere la consacrazione della Russia al Mio Cuore Immacolato e la Comunione riparatrice nei primi sabati. Se accetteranno le Mie richieste, la Russia si convertirà e avranno pace; se no, spargerà i suoi errori per il mondo, promuovendo guerre e persecuzioni alla Chiesa. I buoni saranno martirizzati, il Santo Padre avrà molto da soffrire, varie nazioni saranno distrutte. Finalmente, il Mio Cuore Immacolato trionferà. Il Santo Padre Mi consacrerà la Russia, che si convertirà, e sarà concesso al mondo un periodo di pace».

 

Queste le parole di Nostra Signora ai pastorelli portoghesi, con conseguente fenomeno sconvolgente della «danza del sole», visto da migliaia e migliaia di persone accorse, tra cui molti quadri massonici lusitani, che finirono, ovviamente, convertiti.

 

I pastorelli non avevano idea di cosa fosse la Russia: credevano fosse una signora. Il XX secolo, invece, comprendeva benissimo di cosa si trattasse.

 

Ora, per non fare un corso accelerato di mistero fatimita, ricordiamo che nessuna delle consacrazioni tentate negli anni – compresa l’ultima, bergogliana dell’anno scorso, con quella preghiera grottesca – pare aver voluto seguire i semplici dettami della Vergine e consacrare la Russia al Suo Cuore Immacolato. Hanno consacrato, negli anni, tutta l’umanità, l’intera famiglia umana, etc. Monsignor Balducci aveva contato ben sette consacrazioni, nessuna delle quali fatta secondo quanto detto dalla veggente Suor Lucia.

 

La mancata consacrazione che perdura nei decenni e oramai nei secoli è un enigma in sé, verso il quale siamo più che tentati di togliere lo sguardo.

 

Avevamo riportato su Renovatio 21 le confessioni davanti a un boleke (boccale di birra fiamminga) rilasciate all’epoca dal fatimita padre Kramer, che raccontava che in una visita in Vaticano Putin avesse detto a Bergoglio che voleva parlare di Fatima, ma il pontefice gli avrebbe detto che no, non ne avrebbero parlato.  Aggiungeva che in quel momento un famoso cardinale rimirando nei giardini vaticani una statua della Beata Vergine dell’apparizione portoghese in compagnia di un agente del servizio segreto militare russo gli avrebbe detto: «noi distruggeremo Fatima». Una storia non verificabile, e piuttosto difficile da credersi, datata ormai un decennio fa.

 

Tuttavia, Fatima torna ancora, anche in questo 2023.

 

Il giorno di Fatima scende a Roma un uomo che vuole spazzare via la Russia. Non parliamo solo dei discorsetti riguardo al «controllo globale» delle atomiche russe e al «contrattacco nucleare» contro Mosca, né del fatto che la dichiarata volontà di acquisire armi atomiche è citata (certo non dai nostri giornali e politici) tra i motivi dell’operazione militare speciale russa.

 

Non parliamo nemmeno solo degli ulteriori documenti dei Pentagon Leaks usciti in queste ore, con Zelens’kyj che vorrebbe attaccare la Russia interna, occupare villaggi, attaccare (anche) il gasdotto Druzhba («amicizia», in russo) che porta il gas russo fino in Ungheria, di modo da mettere in ginocchio il filorusso Orban e la sua industria – con il piccolo dettaglio che Budapest è nella NATO, e quindi, secondo l’articolo 5 l’intero Patto Atlantico dovrebbe scagliarsi contro Kiev.

 

Sapete bene, come lo sa la banda ucraina, che non accadrà mai: lo abbiamo già visto, pragmaticamente, quando per qualche ragione inspiegabile un missile ucraino è finito in Polonia – altro membro NATO – uccidendo delle persone. E niente, la fanno sempre franca, anche quando ammazzano i loro negoziatori, torturano e trucidano i prigionieri di guerra, irreggimentano personale apertamente neonazista. L’immagine del bambino viziato, il comico in maglioncino, ce l’ha – e ci torna in mente la voce che faceva quando doppiava l’orso Paddington.

 

No, non è questione di dettagli storici recenti e attuali. È questione di un odium immortale antirusso, un pezzo di metastoria, che attraversa i secoli e attori vari come la Corona inglese, i neocon americani (che sono tutti provenienti da famiglie ebraiche scappate dallo Zar…), e ora, per procura, la banda di Kiev e i loro vicini fomentatori polacchi e baltici.

 

Il conflitto contro la Madre Russia va al di là del Grande Gioco dell’Ottocento e del contenimento dell’URSS nel Novecento, degli Zar e dei tiranni comunisti. Rimane, nella sostanza, invariato. Perché ancora nella meta-storia, perché «superstorico», perché – come è scappato a Medvedev qualche giorno fa – «eterno».

 

E leggendo questo enigma non può tornare a risuonare Fatima e i suoi frammenti. La Russia. La catastrofe mondiale. La sofferenza. Il Suo Cuore Immacolato…

 

A sentire il bisogno di camminare fino ai piedi del mistero russo-fatimita era stato, oramai lustri fa, un politologo e storico italiano, Giorgio Galli, che nel 2008 diede alle stampe un libro con un titolo che in questo giorno ci pare profetico: La Russia da Fatima al riarmo atomico.

 

Galli, che è stato insigne professore della Statale di Milano nonché uno dei massimi storici dei partiti europei, aveva maturato negli anni una visione completamente originale, nella quale cominciava a mostrare nella storia della politica una traccia costante fatta di elementi esoterici, mistici, spirituali, soprannaturali e preternaturali.

 

(Lo avevo sentito al telefono grazie ad amici comuni. Rimanemmo che gli avrei mandato delle domande sul lato esoterico della DC via lettera, lui comunicava così. Morì poco dopo, la busta già chiusa mi rimase in mano: è uno dei grandi rimpianti che ho).

 

Negli anni Settanta già aveva cominciato a dare una visione dirompente del maoismo e del ruolo della Cina; era tra i pochi storici che ho sentito  citare Arnold Toynbee, e tra i pochissimi che invece parlavano di Carroll Quigley (il maestro di Clinton, un professore divenuto tabù nell’editoria e fuori per aver spiegato, in un momento di lucidità, come vanno davvero le cose nei piani alti del potere globale).

 

Negli anni Ottanta e Novanta diede vita ad un lavoro imponente sulle radici occulte del nazismo. Poi, con gli anni Duemila, ecco che, a differenza degli altri che guardavano alle Torri gemelle e al Medio Oriente in fiamme, lui torna a guardare, con anticipo colossale, alla Russia… e a Fatima.

 

Perché era inevitabile, per qualcuno che riconosceva apporti, come dire, «extra-umani» nel progredire della Storia, che finisse dalle parti della profezia della Madonna che parlava della Russia. A questa potenza in via di rinascita, sembrava pensare ancora quello che Galli chiama l’«esoterismo cattolico», che invece è la normalissima credenza del fedele vissuta lontana dai «cattolici adulti» e dal loro disincanto tossico.

 

I cattolici, scrive il politologo, paiono ossessionati da questa apparizione, In particolare il papa polacco. ecco ricordato che «il 13 maggio, anniversario di Fatima, Papa Wojtyla veniva seriamente ferito da un attentato». Secondo la nota tesi, «si voleva uccidere il Papa (o almeno intimorirlo) perché non facesse più sentire il suo peso all’Est».

 

È la pista della mano bulgara, cioè russa, dietro ad Ali Agca. Eccoci: quarantadue anni fa esatti, il 13 maggio, c’era Agca – oggi c’è Zelens’kyj. In ambo i casi la Russia è implicata, come carnefice o come vittima.

 

Negli anni in cui Galli scriveva questo libro, il mondo era distratto. Ignorato dai più. qualcosa di enorme stava avvenendo con Putin. La Russia stava tornando forte. La Russia si stava «riarmando». Con, sempre presenti, le atomiche.

 

«Oggi la Russia si sta rafforzando “sullo scacchiere euro-atlantico”, denuncia gli accordi per limitare gli armamenti, accresce il suo potenziale atomico» scriveva Galli, che ad occhio non aveva simpatia per Putin (oltre a non essere cattolico). È finita l’era dell’indebolimento, gli anni alcolici di Eltsin e degli oligarchi rapaci. «La situazione economica è migliorata dopo il 2004, la Russia si presenta come più forte anche per il riarmo atomico; e questo assicura a Putin un consenso, sia pure manipolato….» (p. 131; p.231).

 

La Russia degli anni Duemila, scrive Galli, partecipa ad una «seconda corsa alle armi atomiche», con «l’annuncio delle ricerche russe per nuovi testate nucleari, segnalando il rischio di una nuova corsa al riarmo» (p.235).

 

In questi mesi lo abbiamo visto. Putin ha parlato di un’Europa «trascinata in una guerra nucleare», e di avere a disposizioni «strumenti che nessuno ha». Qualcuno l’abbiamo visto: i missili ipersonici, che, dopo settanta anni di equilibrio, mettono fine alla dottrina della deterrenza tra le superpotenze atomiche. Del drone Poseidon, e della sua capacità di sommergere la Gran Bretagna e chissà quanto delle coste statunitensi tramite tsunami radiattivi alti 500 metri, abbiamo solo sentito parlare, e non sappiamo distinguere la propaganda fantascientifica dalla realtà fattuale.

 

Nel giorno di Fatima, il rompicapo russo è da vertigini. Eppure non è lontano, si sta dipanando dinanzi ai nostri occhi.

 

Dai tempi di Agca la posta in gioco si è alzata enormemente: la profezia non sembra più essere solo la sofferenza del Santo Padre, ma la catastrofe che si abbatte sull’intera umanità.

 

Vediamo l’omino ucraino, il pupazzo dello Stato profondo angloide e dei suoi demoni, che varca vestito di nero le porte del Vaticano, si siede (prima del papa), gli intima di aderire al suo piano di attaccare e distruggere quella Nazione di cui la Vergine aveva chiesto la conversione al Suo Cuore Immacolato.

 

Sono immagini che sembrano tratte da un romanzetto moderno sull’anticristo, scritto anche senza troppa fantasia, pulp fiction da fondamentalisti protestanti.  Eppure è la realtà, gentilmente offertaci dai nostri leader a sovranità limitata, e accettata ciecamente dalla gerarchia cattolica oramai cieca e corrotta.

 

Ammettiamo di non avere voglia di unire ulteriori puntini.

 

Ammettiamo di non avere idea di come si esca da questa cosa.

 

Io adesso smetto di scrivere, e dico un’altra Ave Maria. Ho ascoltato, poco fa, mio figlio che recitava la preghiera alla vergine. Ho ammirato ancora una volta la purezza che trasmette questo bambino, in ginocchio con le mani giunte e gli occhietti chiusi, mentre la vocina incespica sul latino.

 

È lui, innanzitutto, che devo difendere in queste ore in cui abbiamo l’immagine plastica dell’umanità minacciata, e della catastrofe materiale e metafisica che incombe su di noi. È quella purezza, quella dolcezza che dobbiamo proteggere, ad ogni costo – anche nell’ora in cui l’ombra dello sterminio termonucleare è sopra di noi come mai prima.

 

È proprio il manto della Vergine che dobbiamo ottenere, per rifugiarci, per permettere che la vita dei nostri bambini – cioè la continuazione dell’Immagine di Dio – continui.

 

Quindi, eccomi di nuovo: Ave Maria, gratia plena…

 

Fatelo, vi prego, anche voi.

 

 

Roberto Dal Bosco

 

 

 

 

 

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