Il ping-pong giudiziario lascia il Portogallo senza una legge sul diritto alla morte

Renovatio 21 traduce questo articolo di Bioedge.

Per la seconda volta la Corte costituzionale portoghese ha bocciato una legge sul diritto alla morte perché la sua formulazione è «intollerabilmente vaga». Il disegno di legge è stato restituito al Parlamento per essere riformulato.

Il 30 gennaio la Corte ha concluso, con un voto di 7 contro 6, che il testo era incoerente con la Legge fondamentale perché non definiva chiaramente «la sofferenza di grande intensità» che potrebbe consentire a una persona di chiedere l’eutanasia.

Per quasi tre anni, il parlamento portoghese ha cercato di approvare una legislazione sul diritto alla morte. Il presidente, Marcelo Rebelo de Sousa, ex professore di diritto, ha rifiutato di promulgare la legge e l’ha deferita alla corte suprema del paese. Nel marzo 2021 ha respinto la versione precedente perché anche la sua formulazione era imprecisa.

La parlamentare socialista Isabel Moreira, una delle principali sostenitrici della legge, ha affermato che l’ultima sentenza della Corte costituzionale è stata solo un «problema semantico». «Se si tratta di correggere una parola, noi saremo lì per farlo», ha detto in conferenza stampa.

Questa è la terza volta che un progetto di legge fallisce. Per fermare il gioco del ping-pong giudiziario, alcuni chiedono un referendum nazionale.

I media portoghesi hanno spiegato l’ultima questione: «caratterizzando la sofferenza sulla base di tre caratteristiche: “fisica”, “psicologica” e “spirituale”, tutte collegate dalla congiunzione “e”, ​​la legge ha creato dubbi tra i giudici sul fatto che è necessario che la sofferenza sia contemporaneamente “fisica”, “psicologica” e “spirituale” perché si possa invocare l’eutanasia, oppure è sufficiente che la sofferenza abbia solo uno di quegli aspetti».

Michael Cook

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