Persecuzioni

Il Pakistan rafforza le leggi contro la blasfemia

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La modifica del codice penale prevede un minimo di 10 anni di carcere per chiunque insulti le figure legate al profeta Maometto. Previsto il pagamento di una multa da un milione di rupie. Difensori dei diritti umani hanno espresso preoccupazione: «Servono salvaguardie contro l’utilizzo improprio della normativa». 

 

 

 

Il Parlamento ha rafforzato le famigerate leggi sulla blasfemia. La normativa, che già contempla la pena di morte per chiunque rechi offesa all’Islam, ora prevede anche almeno 10 anni di carcere per chi insulta le mogli, i compagni e i familiari del profeta Maometto.

 

Gli attivisti per i diritti umani hanno espresso grave preoccupazione riguardo a questa modifica del codice penale che rischia, ancora una volta, di essere utilizzata in maniera impropria: già da tempo false accuse di blasfemia vengono infatti lanciate per vendetta o regolamenti di conti.

 

L’Assemblea nazionale ha approvato l’emendamento la settimana scorsa: modificato l’articolo 298 del codice penale, che prevedeva un massimo di sette anni di carcere per coloro che insultano le figure sacre. Oltre a essere stata aumentata la pena detentiva, che va da un minimo di 10 anni all’ergastolo, ora è previsto anche il pagamento di un milione di rupie (circa 4.500 dollari).

 

I difensori dei diritti umani hanno sottolineato che i personaggi a cui fanno riferimento queste leggi sono esempi di tolleranza e perdono e pene così severe sono invece in contrasto con gli insegnamenti da loro promossi.

 

Interpellato da AsiaNews, Joseph Jansen, presidente dell’organizzazione Voice for Justice, ha detto che l’approvazione dell’emendamento «amplierà il campo di applicazione delle leggi sulla blasfemia, quando sarebbe invece necessario introdurre salvaguardie sul loro uso improprio».

 

«Le leggi sulla blasfemia, hanno permesso e incoraggiato la discriminazione e la persecuzione legale in nome della religione», ha aggiunto Jansen. «E sono in contrasto con gli standard internazionali dei diritti umani perché vengono applicate senza indagare se l’accusato abbia commesso un atto di blasfemia intenzionalmente o meno».

 

Secondo l’attivista Ashiknaz Khokhar, ci sono diverse prove che dimostrano che «più la legge è severa, più la punizione è dura, più la società diventa violenta», ha commentato. «Con ogni nuovo emendamento alle leggi sulla blasfemia ci allontaniamo sempre più da una possibile inversione di tendenza».

 

L’avvocata Rana Abdul Hameed ha spiegato, invece, che le accuse di blasfemia non hanno risparmiato lo spazio digitale e «sono diventate una nuova norma in Pakistan, dove le denunce vengono presentate anche solo per aver apprezzato, commentato o inoltrato un contenuto sui social media, ai sensi della legge sulla prevenzione dei crimini elettronici del 2016, che ha portato a un ulteriore aumento della persecuzione verso le minoranze religiose».

 

Al contrario, ha sottolineato l’attivista per i diritti umani, Ilyas Samuel, coloro che presentano denunce «con motivazioni malvagie, dannose per l’ordine pubblico, la pace e la coesione sociale, non vengono perseguiti e godono dell’impunità nonostante siano coinvolti in atti di discriminazione, intolleranza, odio e violenza contro le comunità religiose. Invece – ha continuato – le persone innocenti che condividono le loro reazioni ai post sui social media vengono arrestate e condannate a morte».

 

 

 

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Immagine di Mtaylor848 via Wikimedia pubblicata su licenza Creative Commons Attribution-ShareAlike 4.0 International (CC BY-SA 4.0)

 

 

 

 

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